A due anni dalla
scomparsa di Franco Califano.
Un Minuetto nella
noia dei giorni
di Pierfranco Bruni
Il 30 marzo di due anni fa
moriva Franco Califano. È stato mio amico. Mio punto di riferimento. Ha
accompagnato i miei anni di università. Nella sua poesia la sua solitudine la
mia solitudine, la nostra noia…Poesia e solitudine. Era una Roma di fuoco e
fiamme. Lì ho conosciuto il Califfo. Franco Califano. L’ironia tutta
intrecciata nel soffocante miraggio di una “maledizione” che viveva nel tentativo
di superare la noia e vive l’amore con la profondità del tempo e dei sorrisi
strappati alla tentazione di superare ogni giorno la morte.
Erano anni difficili. Metà
anni Settanta. Era il mio percorso in quella Casa dello Studente di Roma, De
Dominicis, e le sue parole mi accompagnavano tra libri non studiati e letti e
libri scavati con l’agonia del vivere con i tanti poeti maledetti, decadenti,
ermetici. Anni di fuoco e di tempeste. E Franco ci recitava che tutto il resto
è noia. Per superarla bisognava attraversarla.
Concerti alla ricerca di
quelle emozioni che ci facevano superare la solitudine di una serata. Ebbene,
in uno di quei concerti, io ragazzo di periferia e ribelle come sempre nella
vita e innamorato dell’avventure, urlai fino a raggiungere il suo sguardo. Il
dopo concerto, e il nostro sguardo si fece stretta di mano, un abbraccio nel
sudore della contentezza ma anche nello scambio di un sudore trasportato da
pelle a pelle.
Maledetta noia. E fu così che
conobbi il Franco della poesia che ha segnato non una generazione ma un’epoca
della parola sussurrata e mi ha segnato con quella sua voce roca, con quel suo
vivere segnando gli attimi e con il suo coraggio di non accogliere la vulgata
comunista, Franco anticomunista, di quegli anni e anche degli anni suoi
difficile quando venne aiutato da Bettino Craxi nel 1983. Sino ai giorni
successivi.
Il suo coraggio e il suo non
formarsi ad una canzone fragilmente detta impegnata e in molte occasioni
futile. Franco recitò la malinconia del pianto e del non piangere. Del pianto
sulle nostre vite. E lo recitammo, lo cantammo sulla scalinata di Piazza di
Spagna nelle sere di giugno, di luglio in una Roma infuocata negli anni
terribili della mia giovinezza.
È passato tanto tempo ma la
sua coerenza nella parola, negli atteggiamenti, nel vivere cercando di uccidere
le nostalgie sono rimasti dentro i miei passi di disubbidiente. E se in me non
è mai passata la passione, e non la ragione, della disubbidienza lo devo anche
a lui. È uno dei poeti che mi ha formato in una stagione di sorrisi e di
ribellione. Cantò l’amore nella stranezza dei rapporti e negli attimi che
fuggono e non li ritrovi più.
Gli attimi. L’amore è
l’estrema consolazione. È il tutto. Mi ritornano i passaggi di una canzone che
si intitola proprio “Attimi”. Una verseggiare che spinge l’anima ad uscir fuori
e farsi vento, tempesta, naufraga, marea. Attimi nell’amore. Ma sono gli attimi
che fermano la vita nell’amore e l’amore nella vita: “Ci sono attimi in cui tu
mi manchi,/e in quei momenti mi sento male./Ci sono attimi in cui non ti
penso/e so benissimo cosa fare./E tu che balli nei miei pensieri,/donna di
oggi, donna di ieri,/chissà se vivi le mie emozioni/se a volte hai le mie
sensazioni”.
Un poeta nella libertà del
suo destino che non ha mai smesso dire quello che sentiva e distante dalla
prigionia delle consuetudini. Era un vero artista. Il sorriso della donna che
si affaccia dalla finestra. Rose e crisantemi. Un canto e un contracanto.
Sempre nella libertà. Sapeva di vivere la vita alla giornata camminando sulle
ali della morte e sul volo della vita di una farfalla. Parafrasando un po’ il
suo recitativo. Ma Franco è stato un maestro. Un maestro vero! Il coraggio di
un maestro nella sua visione di essere alla ricerca della luce. A lui ho
dedicato un libro a pochi mesi dalla morte e una trasmissione per la Rai nel
2014. ho parlato del nostro rapporto e della nostra Roma.
In quella Roma anni Settanta
(fine anni Settanta) è stato il mio compagno di versi e di serata che
trasportato la mia perenne solitudine oltre il fiume che scorreva nella
lentezza del vento. Ma mi legava a Franco un’altra amicizia “maledetta” e bella
perché essere poeta maledetto è vivere la bellezza e il sottosuolo fino in
fondo.
Mi legava a Franco una donna
e una voce straordinariamente profonda, anche nel mio essere e nel mio tempo,
Mia Martini. La mia calabrese Mia. E devo ricordare quel “Minuetto” scritto da
Franco e cantato meravigliosamente da Mia. Mia e Franco in un minuetto di
storie incrociate sugli orizzonti dei dubbi.
“E' un'incognita ogni sera
mia.../Un'attesa, pari a un'agonia. Troppe volte vorrei dirti: no!/E poi ti
vedo e tanta forza non ce l'ho!/Il mio cuore si ribella a te, ma il mio corpo
no!/Le mani tue, strumenti su di me,/che dirigi da maestro esperto quale sei”.
Ma qui siamo ad anni più
tardi rispetto al 1977 e 1978. Mia Martini e il suo “Minuetto” è il mio viaggio
di fine Liceo. Califano è l’iniziazione dei miei anni universitari. Tra i due
si è consumata la rivoluzione della mia vita. E ora mi ritornano con la passione
che non ho mai perso nella sensualità delle sconfitte e delle vittorie pronto a
pagare sempre, come Franco mi ha insegnato. E poi in anni successivi “La
nevicata del 56” che mi riporta a mio padre, al mio paese, ai miei sogni
abbandonati nelle sfreccianti malinconie.
La poesia. Sì la poesia. Ma
come non può definirsi poesia un impatto testuale come “Appunti sull’Anima”.
Così solo un passo: “Ma noi che navighiamo sopra un vecchio relitto,/chi
pensava mai che fosse naufragato in un letto;/questa roccia d'amore dopo tante
ferite/meritava il suo premio e non due vite finite./Appunti sull'anima,/far
l'amore al buio, non vedersi più...”.
Poeta che penetra l’anima.
Poeta che attraversa il buio. Poeta che non smette di vivere e credere nella
passione perché in ogni passione ci sonno pezzi di esistenza. Mi ha insegnato
di non vivere la vita mai a metà. Non si vive mai a metà. Avevamo appuntamenti
non mantenuti. Ma in questi concerti che aveva avviato ci sarebbe stato un
incontro magari senza appuntamento. Mancheremo a questo appuntamento. Ora “si
va”.
Si va verso una meta che
nessuno sa… Quante amicizie ancorati ai ricordi e al presente. Quante amicizie
mai rivelate. Franco era un amico nella vita e nel raccontare gli amori.
L’amore. Ma tutta la vita è sensualità sotto le lune. Senza la follia non c'è
poesia. Si scrive sempre sotto la voce delle alchimie. Ma cosa sono le alchimie
per un poeta?
Ha scritto versi, libri,
musica segnando di silenzi e di voci il mio cammino. E' vero. tutto il resto
poi diventa noia se non si riescono a racchiudere gli attimi anche tra le vie
dei quartieri.
La sua scrittura. Califano
scrittore e poeta. Come vorrei trafiggere gli anni e riprendermi un gesto di
quando si cantava la musica è finita. "Non buttiamo via così la speranza
di una vita" perchè "Un minuto è lungo da morire se non è vissuto
insieme a te". Il tempo è un gioco frenetico nella vita che si intreccia
nel cuore delle attese. Era nato nel 1938.