Il Museo come vero Laboratorio di culture in un tempo
di comunicazioni diffuse: le ragioni importanti della Riforma Franceschini sui
beni culturali
di Pierfranco Bruni
I Beni culturali costituiscono il
punto di riferimento non solo identitario ma realmente valorizzante (e
manageriale) di un Territorio chiamato Italia. Proprio per questo diventa
sempre più importante discutere del rapporto tra museo (il suo ruolo nella
società e nella temperie multimediale) e comunicazione. Il legame tra museo e
territorio, tra museo e mediazione culturale, tra museo e contesto storico
europeo costituisce una chiave di lettura non solo storica ma si inserisce in
una idea progettuale dei beni culturali. Si deve concepire il ruolo del museo
in termini di comunicazione globale e deve saper guardare ad una utenza che sia
abbastanza ampia. Il museo deve poter affrontare il territorio attraverso una
mediazione alta ma anche popolare. E questo testo ci invita ad una riflessione
importante che riguarda però non solo la visione dei musei ma direi quella, in
senso generale, dei beni culturali in un progetto articolato.
Il Ministero per i beni e le
attività culturali e il turismo ha, oggi più che mai, un compito di estrema
rappresentativa in un quadro in cui il sistema delle relazione deve riguardare
percorsi non solo italiani ma anche europei. Ed è attraverso queste strutture
che bisogna focalizzare riferimenti certi. La Riforma Frasceschini è un’ottima veicolazione - valorizzazione di fare e del dare cultura.
Rendendo autonomi i Musei ha dato un segnale di precisa connotazione
valorizzante ai beni culturali. Bene Franceschini.
Partendo da ciò credo che sia opportuno riconsiderare il ruolo dei beni
culturali, come identità patrimoniale e storica di una Nazione, all’interno di
un contesto che non può essere più soltanto italiano. L’Europa del Nord e il
Mediterraneo (con i Paesi frontalieri) costituiscono realtà la cui mediazione
culturale (e per cultura non si può generalizzare ma specificare un campo di
attività e di azione che particolareggia i beni culturali) può diventare
fondamentale.
L’Italia deve entrare all’interno dell’Europa e del Mediterraneo non solo
attraverso risorse e investimenti economici e neppure soltanto grazie ad
approcci che rimandano a definizioni e ad interpretazioni storiche ma si deve
avvalere di una progettualità di interscambio che porti ad una visione
complessiva di una proposta del bene culturale con dei percorsi che abbiano
degli obiettivi fortemente fruitivi. La fruizione deve essere il perno di un
investimento sul patrimonio storico. Proprio per questo si parla di mediazione.
Mediare e trasmettere sono due concetti chiave che non devono però far pensare
ad uno sfilacciamento della tutela e della conservazione. Ma è anche necessario
interpretare la società e il tempo nel quale ci troviamo a vivere perché è con
questo tempo che bisogna costantemente fare i conti. Ecco perché la visione
della “relazionalità” nel campo dei beni culturali diventa importante.
Se sosteniamo l’idea che il l’antico è il nostro futuro non possiamo non
entrare in quel circuito del pensiero che pone costantemente l’accento sulla
valorizzazione. Come è possibile mediare i beni culturali? Faccio degli esempi
quasi elementari. Prima di tutto attraverso una intelligente conoscenza del
territorio. In tal senso il museo costituisce uno strumento significativo nella
mediazione dei beni culturali. Se non si trasmettono i codici del territorio è
impensabile porgere modelli di conoscenza sul valore radicante che vive sul
territorio stesso. Quindi il bene culturale passa inesorabilmente attraverso il
filtro conoscitivo del territorio.
Un territorio è la porzione di un ambiente molto più vasto al quale bisogna
fare sempre riferimento perché esso custodisce le “proporzioni” di una identità
storica che si sviluppa partendo da età arcaiche sino ad età moderne e
contemporanee. Mediare è quindi trasmettere, in questo caso specifico, modelli
di storia, di arte, di tradizione. Come si trasmettono questi modelli? Sia per
via diretta (ovvero vivere il luogo in maniera materiale, con la cultura del
contatto) sia in forma teorica: parlando, discutendo, porgendo immagini di
elementi del patrimonio (come si usa fare in molti convegni e anche in alcune
aule scolastiche dove i docenti si servono di metodologie didattiche su basi
cognitive) che invitano successivamente ad un rapporto più immediato sia
attraverso percorsi multimediali su una scelta scientifica e rigorosa senza
però mai perdere di vista la dimensione pedagogica che deve restare
fondamentale nel rapporto “mediatico”, ovvero nella specificità di quella
mediazione che non è solo interpretazione ma soprattutto, come si diceva,
trasmissione.
Tre aspetti per un approccio in cui il senso educativo è una manifestazione di
riferimenti che vanno dalla storia alla geografia, dagli strumenti della
comunicazione all’estetica del pensiero artistico. Se si insiste su questi
tracciati che sono di facile lettura, di normale impostazione e di
significativo apprendimento il discorso del bene culturale come bene nazionale
da esportare e da sviluppare come modello patrimoniale per l’Europa diventa un
dato nel sistema di rapporto tra economie e culture. Ma dobbiamo proporre il
patrimonio non come un bene a sé, al di fuori di una proposta progettuale
bensì come un progetto orientante sulla identità di una civiltà perché è grazie
alla sua presenza che si possono stabilire dei raccordi storici e dei rapporti
interculturali.
L’obiettivo è quello di riuscire ad acquisire una più ampia politica della
fruizione ma questa necessariamente deve passare tra i gangli della
valorizzazione. Altrimenti che compito avrebbe la stessa mediazione? Ecco
perché gli strumenti che permettono una trasmissione metodologicamente decodificabile
sono necessari e la multimedialità, in questo caso, riveste un ruolo
consistente. Perché si sostiene che il bene culturale è una ricchezza immensa
ma anche sommersa? Immensa perché è risaputo che non c’è città, paese,
quartiere, angolo di territorio che siano esenti di elementi da considerare
bene culturale e quindi il concetto stesso di bene culturale potrebbe essere
ormai esteso a tutta l’Italia. Sommerso perché il bene culturale non viene
ancora “sfruttato” adeguatamente per una politica dell’investimento culturale e
vengono trascurate delle realtà che potrebbero incidere notevolmente (se
introdotti in un processo di valorizzazione) sullo sviluppo. Sommerso perché,
tra l’altro, molti di questi beni non vengono portati a conoscenza attraverso
un’offerta prettamente didattica pur avendo delle potenzialità sia culturali
che economiche.
L’Italia come territorio e come storia, le cui testimonianze sono, appunto,
immense e sommerse, è, in sé, un patrimonio della cultura che va riconsiderato
proprio all’interno di una più complessa identità europea grazie a quelle
matrici e radici che rimandano ad una civiltà mediterranea. Mediare questo
patrimonio è trasmettere non solo conoscenza ma soprattutto valori.
I valori dei beni culturali sono nella proposta di modelli di civiltà che, in
fondo, trasmettono tradizione. Proprio per questo l’Italia nell’Europa deve
poter stabilire una proposta di natura prettamente culturale. I beni culturali
sono un patrimonio che trasmette eredità storiche e funzioni estetiche.
All’interno di tali beni il museo è un veicolo che media, appunto, non solo
storia ma, come già si diceva, anche valori. Oltre chiaramente ad essere uno
strumento essenziale di economia della fruizione della storia stessa.
Il museo è uno strumento nella relazionalità delle culture perché in esso si
intrecciano i dati della storia e le capacità di una progettualità che deve
rendere la storia fruibile, comprensibile, comparabile. Non solo (o non solo
più) visione didattica dei beni culturali (nella loro generalità) ma anche
comunicazione. Insomma dobbiamo essere in grado di gestire, di comunicare, di
partecipare il patrimonio di identità dei territori. Proprio per questo i musei
non possono essere gestiti attraverso caratteristiche obsolete ma dobbiamo
lavorare per una strategia dell’attenzione che è rivolta, in particolar modo,
ad una più articolata politica dell’accoglienza.
In altri termini bisogna insistere certamente sulla funzione e funzionalità dei
musei ma questi devono, oltre alle collezioni e ai percorsi stabiliti,
realizzare degli eventi. I musei e gli eventi: un capitolo importante che
affronteremo in altra occasione ma non bisogna, comunque, prescindere, anche in
questo caso, dalla professionalità e dalla intelligenza gestionale. I musei
sono territori di cultura e la cultura va saputa gestire con organicità,
managerialità e saperi che siano in sintonia con il tempo che ci troviamo a
vivere. I beni culturali sono managerialità nelle culture diffuse.