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NON CERCARE IL POSSIBILE PERCHÉ L'IMPOSSIBILE TI TROVERÀ
giovedì 15 gennaio 2015
di Pierfranco Bruni
L'orizzonte aveva il crollo dei crepuscoli. Il mare sembrava infinito. Sullo scoglio il vento aveva depositato lo strappo di un foulard. Il giorno chiaro cominciava a perdersi nelle città sepolte.
Shamir era partita e lo sciamano Occhi di Terra e di Mare era rimasto, nella capanna, in ascolto dei silenzi. Forse ricordava. O forse non ricordava più e cercava immagini nel suo sguardo intrecciato di lontananze.
Una sola frase di Shamir era rimasta appesa tra le dita giocate nelle movenze: "Non cercare il possibile perché l'impossibile ti troverà".
Un canto andaluso attraversava le vele dell'Oriente. I loro occhi penetravano il cuore strappato alla nostalgia.
"Noi viviamo di strappi e le nostre mani hanno il cammino dell'impenetrabile sorriso che mai riusciremo ad afferrare". Disse lo sciamano.
I pensieri sono un flusso di energia. Ma ci sono favole che hanno le faville del buio e del bosco, dell'aurora e del chiaro.
Shamir: "Non mi rimpiangerai quando io sarò via. La lontananza è un destino. Come il nostro amore che ha toccato le Tredici Lune e poi si è scavato, come una perla, nella profondità della sabbia. Non mi rimpiangerai perché ogni perla non smarrisce la sua luce e la sua unicità. Ma non ha mai la stessa bellezza, quella bellezza che credevi fosse un dono". Poi la sua voce diventa un cantilenare.
Riprende: "Anche le perle vivono dello specchio dello sguardo e si smarriscono nello specchio dell'anima. Io vado via non per me. Non per te. Ma per noi".
Forse o forse no queste parole resteranno incise come solco nella pietra graffiata del tempo. Perché si diventa pietra misurando il tempo degli addii.
Shamir aveva danzato l'ultimo ballo indossando, sul viso, il velo di Cleopatra e le sue vesti di seta avevano il rosso del tango nel sogno degli Occidenti che chiedono agli Orienti il Canto delle Odalische. Tango. Ma l'eco di un suono d'Oriente aveva distanze di vuoto.
Ancora Shamir: "Non mi rimpiangerai perché, nella tua solitudine, la perla non solo non avrà più luce. Neppure bellezza più avrà".
Così Shamir andò via e ritornò nelle sue terre d'Armenia portando nel sogno la malinconia di un uomo che aveva vissuto tutte le epoche lungo la via delle Tredici Lune.
Occhi di Terra e di Mare non fece nulla per fermarla. Osservò il suo passo e ascoltò il suo passo. Forse nella sua solitudine il tempo aveva segnato di rughe la pietra del suo silenzio. Non disse parole. Rimase con la sua pipa tra le labbra aspettando la fine dell'attesa.
Si narra che Shamir visse tutte le notti sotto un albero di melograno. Sino ad aspettare la fine dell'attesa.
C'era una volta, forse, una donna chiamata Shamir e un uomo chiamato Occhi di Terra e di Mare che vissero aspettando la fine dell'attesa.
(Da una Favola delle Tredici Lune, interpretazione libera)
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