La scuola italiana non celebra Giuseppe Berto nel centenario della nascita.
sabato 27 dicembre 2014
Lo scrittore di Anonimo Veneziano nasceva il 27 dicembre del 1914. P.Bruni ne parla a Firenze.
da csrbruni@alice.it
Cento anni fa come oggi, 27 dicembre, nasceva lo scrittore Giuseppe Berto. Lo scrittore ignorato per timore di mettere a nudo la deriva e il vuoto di una letteratura proposta alle nuove generazioni
di Pierfranco Bruni
Oggi cade il centenario della nascita dello scrittore Giuseppe Berto. Era nato a Mogliano Veneto, appunto, il 27 dicembre del 1914. Ha scritto libri che restano e che faranno la storia di una letteratura che ha senso. Anzi. Di una letteratura che segna la civiltà delle culture europee. Di quella civiltà letteraria che non passa attraverso le antologie scolastiche nel piattume ideologico di un dilagante conformismo che educa a non pensare. Io, ormai invecchiato, ho attraversato le epoche delle antologie dei Salinari e Ricci sino ai Petronio e sino alle inqualificabili imposte ai miei figli e alla generazione dei miei figli di quando frequentavano l’Istituto superiore, ovvero Istituti tra il classico e lo scientifico. Sono altri tempi che svaniscono ma non si perdono. Ebbene, Berto non esiste in questi testi, eppure è della generazione della Grande Guerra che ha partecipato dalle Guerre d’Africa sino alla macelleria messicana di Piazzale Loreto. Comunque! Pochi lo hanno ricordato, molti hanno cercato di dimenticarlo. Non celebrare Giuseppe Berto nella scuola, nei luoghi della cultura, nella dialettica culturale, tranne in rarissimi casi, è soprattutto non conoscenza, mancanza di idee e di liberta, di didattiche comparate. La scuola italiana ha ignorato il centenario dell'autore de "Il male oscuro". È Scandaloso che uno scrittore che ha segnato generazioni e passaggi epocali resistendo alla “resistenza” rossa e a Moravia, Pasolini, e agli Asor Rosa venga ignorato: tranne in alcune realtà coraggiose e che hanno saputo comprendere il senso di una letteratura forte. La scuola italiana, e non solo, tranne in casi coraggiosi e fortemente culturalizzati, ha dimenticato il centenario di uno dei maggiori scrittori del Novecento letterario. Una visione letteraria dimezzata in una scuola che ignora i veri scrittori contemporanei. Certo, è una questione anche ideologica. Ma soprattutto di coraggio e di estetica. Si fa studiare Italo Calvino, Pasolini, Montale e si ignorano Papini, Berto, Malaparte e di Pavese si legge male e si propone in modo strabico la sua visione sia letteraria che strettamente culturale. Più ideologia di questa dove trovarla? Come la questione Gentile. Ci siamo quasi tutti formati sulla Riforma scolastica Gentile, ed è e resta uno dei maggiori filosofi (cattolici) del Novecento, ma nessuno si è ricordato che è stato ucciso settant’anni fa. Pochi coloro che hanno celebrato Berto, eppure “Anonimo Veneziano” è uno dei fil più visti, pluripremiato, degli anni Settanta. Pochi che hanno segnato un tracciato nel ricordarlo. La Calabria con un Comitato sulle Celebrazioni dedicate a Berto da me presieduto, per volontà della Regione Calabria, il Liceo Giuseppe Berto di Vibo Valentia con Dirigente e gruppo docenti attrezzati culturalmente e pronti ad un confronto intellettuale a tutto tondo con le culture, il Comitato Veneto bertiano presieduto da Cesare De Michelis di Venezia, il Liceo di Mogliano Veneto che ha riscoperto testi fondamentali del Novecento che resta, e il Sindacato Libero Scrittori Italiani con il quale ho pubblicato “Berto. La necessità di raccontare”: questi hanno dato un progetto e un segnale preciso alla cultura italiana, militante, accademica e scolastica. Un segnale ma anche una lezione di libertà e di confronto tra culture. Mentre si ripubblicano le sue opere. Un centenario, dunque, attraversando il Novecento letterario: da Berto a Cesare Pavese, da Silone a Elio Vittorini, da Carlo Levi a Corrado Alvaro. È su queste coordinate che si svilupperà una discussione che fissa alcune linee intorno a un Novecento letterario da rileggere e i cui scrittori sono da "riposizionare". Le celebrazioni sul centenario della nascita di Berto pongono al centro un Novecento contemporaneo oltre al singolo scrittore stesso. Berto non è un pretesto per riparlare del Novecento letterario, ma può essere un pretesto per aprire una vera e propria verifica su una letteratura italiana che si apre a ventaglio su romanzi, poesia, scrittori e poeti oltre ad una filosofia della letteratura stessa. La cultura italiana, tra scuola di ogni ordine e accademie, hanno perduto un attraversamento importante per leggere, o rileggere, una civiltà delle lettere. Ho citato una parola importante. Estetica. Già, in Berto l’estetica è fondamentale. La letteratura ha il compito di proporre scavi di estetica e non nidi incrociati, o moraviane immagini filtrate dal buco di una serratura o immagini che costituiscono 120 giornate sodomatizzate o un linguaggio bloccato nei “cioè” o “cose, cose…”. Sono pudico. In modo benedetto. Ma la letteratura è tutto ciò che ti possa offrire bellezza. Ebbene, Giuseppe Berto, scrittore delle bellezza, celebrandolo, avrebbe spazzato tutte le bruttezze linguistiche e l’immaginario di una non scrittura che è deriva.
Non celebrare Giuseppe Berto nella scuola, tranne in rarissimi casi è mancanza di idee e di libertà e di conoscenza./ La scuola italiana ha ignorato il centenario dell'autore de "Il male oscuro". Scandaloso/Una dichiarazione di Pierfranco Bruni/Sindacato Libero Scrittori Italiani/Vicepresidenza//
La scuola, tranne in casi coraggiosi e fortemente culturalizzati, ha ignorato il centenario di uno dei maggiori scrittori del Novecento letterario. Una visione letteraria dimezzata in una scuola che ignora i veri scrittori contemporanei. Il 27 dicembre del 1914 nasceva Giuseppe Berto/Celebrazioni con "La necessità di raccontare" di Pierfranco Bruni a Firenze. Un centenario attraversando il Novecento letterario da Cesare Pavese a Elio Vittorini, da Carlo Levi a Pier Paolo Pasolini. È su queste coordinate che si svilupperà l'incontro che fissa alcune linee intorno a un Novecento letterario da rileggere e i cui scrittori sono da "riposizionare". La Prolusione sarà svolta da Pierfranco Bruni, che affronterà proprio il tema di una riproposta culturale di un Novecento Letterario che vada oltre gli schemi prettamente scolastici e le celebrazioni di uno scrittore come Giuseppe Berto aprono chiaramente delle prospettive che presentano anche una metodologia didattica con dei precisi connotati che pongono all'attenzione il rapporto tra moduli linguistici e modelli intellettuali. Il saggio di Pierfranco Bruni, che ha fatto da base in varie occasioni per celebrare Giuseppe Berto, si apre a ventaglio sulla vasta problematica anche del ruolo dello scrittore. "Mi piace per l'occasione, ha sottolineato Pierfranco Bruni, affrontare il rapporto anche antropologico tra Berto e Pasolini. Due modi di concepire non solo la letteratura ma anche la vita. La scuola, tranne in piccole eccezioni coraggiose e scuole e docenti che hanno una forte cultura non soltanto antologica e puramente scolastica, hanno creato eventi per discutere su Berto a cento anni dalla nascita. Si tratta, sempre Bruni, di uno dei maggiori scrittori del Novecento. Ma si sa che per discutere di Berto occorrono capacità letterarie ma anche sfide che vanno oltre il conformismo dilagante e la scuola italiana e i docenti vivono di conformismo acquisito agli anni di quando loro praticavano gli Istituti scolastici. Berto, ha concluso Bruni, è un grande scrittore non solo sul piano della forma e delle tematiche ma anche sul versante della lingua". Le celebrazioni sul centenario della nascita di Berto pongono al centro un Novecento contemporaneo oltre al singolo scrittore stesso. "Ci sono responsabilità di una scuola poco attenta al dibattito militante, ha ribadito Bruni, e non attrezzata efficacemente al ruolo del intellettuale. Il caso Berto dimostra ". Ma c'è un altro fattore che Bruni non si è risparmiato di affermate con forza: "Se la scuola non intavola una libera discussione con elementi di conoscenza su uno scrittore come Berto, mentre viene pubblicata tutta la sua opera, io credo, ha detto Bruni, che sia anche la sconfitta della libertà delle idee e della scuola stessa".
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