I trentasei anni di sacerdozio di don Gino
martedì 9 dicembre 2014
di Vito Piepoli
Non si placa la discussione sui presunti tesseramenti gonfiati nella
campagna congressuale del partito democratico in Puglia, dove sono già stati
eletti 4 segretari provinciali a Foggia, Taranto, Brindisi e nella …… quando
mancano ancora il comune e la p
“Com’è grande la Provvidenza ! Stamattina ho celebrato una
cresima proprio nella Parrocchia di Gesù Divin Lavoratore. Allora già da questa
mattina mi sono ricordato di quel gesto di imporre le mani sul capo di don
Gino. È proprio per dire che quando noi con fede, con ardore imponiamo le mani
gli effetti avvengono e quindi questo è stato un effetto straordinario che Dio
ha benedetto”.
È l’arcivescovo Filippo Santoro che si è espresso con
queste parole sulla ordinazione sacerdotale di don Gino Romanazzi, per i suoi
trentasei anni di sacerdozio, alla fine della celebrazione che ha presieduto
nella parrocchia di Santa Rita a Taranto.
E don Gino, emozionandosi come l’arcivescovo, lo ha così
ringraziato: “Nel 1978, presiedeva la mia ordinazione sacerdotale Monsignor
Motolese, arcivescovo di Taranto, e lei era tra i celebranti e mi imponeva le
mani. Quel giorno io son diventato prete, quel giorno in quel gesto che lei
fece, non riconobbi soltanto un amico, ma uno che mi comunicava il dono dello
Spirito. Questo dono dello Spirito che adesso è confermato dentro la mia
appartenenza alla Chiesa di Taranto di cui lei è Pastore. Io la ringrazio
perché questa sera ha accettato di presiedere la celebrazione in occasione del
ritiro della Fraternità di Comunione e Liberazione e c’è questa coincidenza con
la mia ordinazione per cui io sono doppiamente grato e le chiedo di continuare
a vegliare sul mio cammino e sul cammino di questa comunità con quella
sapienza, e con quell’amore e ardore missionario con cui lei è stato in questi
pochi anni che sono stati così intensi da poter dire: sono veri ! Grazie
Eccellenza”.
Doppia gratitudine, quindi per don Gino, doppia contentezza
e doppia emozione per i due eventi coincidenti della giornata. Nel ritiro
della Fraternità di Comunione e Liberazione, svoltosi nel pomeriggio prima
della messa, aveva messo in evidenza che lo scopo del trovarsi era quello di
non perdere il gusto del cammino fatto : “Questa è una occasione privilegiata
per far memoria del fatto che siamo voluti, nessuno di noi è per un puro caso
in questo mondo, se c’è Qualcuno che ci vuole proprio ora …è questo il fattore
dominante nella vita di un uomo….il problema non è se siamo a posto o no con la
coscienza…non è questo il problema”. Che cosa è l’essenziale? È facile, scontato
rispondere Gesù Cristo ma non ce la si può cavare così facilmente diceva don Càrron,
fa osservare don Gino.
Una risposta meccanica non basta. Una dottrina, un discorso
fatto anche bene, arriva il momento che non basta più. Sempre secondo don Càrron,
successore di don Giussani, ogni mattina ciascuno di noi, riprende la strada
del vivere con tutto ciò che ribolle dentro il cuore.
Per cui non si ha voglia di fare i discorsetti per essere
all’altezza della situazione o difendere chissà quale posizione moralistica.
Il punto del peccato è molto interessante, perché
attraverso il dolore di questo, passa pure il valore dell’amare, del sentirsi
amati, mentre oggi invece si pensa che tutto è relativo, frase usata
all’inverosimile, e se ti va di fare una cosa non c’è niente di male.
Il cristianesimo è un avvenimento, è un fatto presente e tu
lo tocchi con mano. Questa vita parla di Gesù perché è un fatto, non è un
pensiero spirituale, è una presenza amorosa e l’essenziale è quel tuffo al
cuore che lo sguardo di Gesù genera in chi lo incontra.
Solo lasciandoci penetrare da questo sguardo come la
Maddalena possiamo capire essenzialmente chi è Gesù. L’essenziale è una
Presenza che si coglie in un preciso istante che mi fa “essere” e nessun mio
tentativo è in grado di darmi ciò che quell’istante mi dà. Questo rende unito
il nostro io affrontando tutte le circostanze e le difficoltà, le sfide e i
rischi della vita, ciò nonostante, donandoci gusto e pienezza del vivere.
Ma, senza fare una strada, senza fare un cammino in cui
viene richiamato questo avvenimento, quello sguardo, quel tuffo al cuore
svanisce, tutto svanisce, l’io si disunisce e siamo vittime del tran tran
quotidiano, diventando squallidi.
E questo percorso deve diventare esperienza nella verifica
del quotidiano. Spesso si fanno i commenti sul Vangelo, ma i commenti non ci
fanno stare nelle circostanze. Un bel discorso, un bell’intervento preparato a
livello intellettuale, non ci fa stare nelle circostanze. Quando la realtà ti
incastra, il commento non ti aiuta.
Quindi il punto è fare quell’esperienza, sono tutti
invitati a fare quell’esperienza, lì dove è possibile incontrarla, frequentando
quei luoghi e quelle persone che hanno il privilegio di farla cogliere, perché
noi non riusciamo a stare sempre sull’essenziale, su questo fatto perché ci
lasciamo prendere dal fare, per rispondere alle nostre paure, spostandoci
dall’essenziale, pensando di riuscire a farcela da soli, ma alla prima
difficoltà si cede.
E allora chi ci ridesta il cuore non siamo noi, ma è sempre
Lui che si ridesta in alcuni volti, nonostante noi lo allontaniamo, non tanto
consapevolmente. “Dice don Càrron che siamo al mondo per gridare a tutti gli
uomini che c’è un uomo tra noi che è Dio. Ebbene, colui che riconosce questo
uomo tra noi, che è Dio, sta meglio !”, ha concluso don Gino.
Vito Piepoli
Segnala questa pagina
mappa del sito
|