“La forza del fascino cristiano”
domenica 7 dicembre 2014
Il contributo di mons. Filippo Santoro Arcivescovo di Taranto testimone della Conferenza di Aparecida
di Vito Piepoli
Non si placa la discussione sui presunti tesseramenti gonfiati nella
campagna congressuale del partito democratico in Puglia, dove sono già stati
eletti 4 segretari provinciali a Foggia, Taranto, Brindisi e nella …… quando
mancano ancora il comune e la p
Filippo Santoro, arcivescovo di Taranto, ha trascorso quasi
trent’anni della sua vita sacerdotale ed episcopale in Brasile. Nel 2007
partecipò alla Conferenza di Aparecida, dove collaborò col cardinale Bergoglio,
l’attuale Papa Francesco, nella commissione di redazione del Documento finale
Discepoli e Missionari di Gesù Cristo, affinché in Lui abbiano vita. Ora papa
Francesco sta riproponendo a tutta la Chiesa i frutti di quell’evento: la fede
destata dalla attrazione per Gesù e la necessità di concentrarsi
sull’essenziale dell’annuncio cristiano per comunicarlo con stile evangelico.
Per questo occorre recuperare la via della bellezza, perché la Chiesa si
sviluppa non per proselitismo, ma per “attrazione”. Il contributo che
Monsignor Filippo Santoro dà con questo libro, “permette di comprendere meglio
il pontificato di papa Francesco e potrà divenire un valido strumento pastorale
per le nostre realtà diocesane, per rilanciare le nostre comunità formando
discepoli missionari attratti dalla bellezza del Signore Risorto” scrive Marc
Ouellet nella prefazione. “In questo libro ho
avuto tre punti di riferimento, ha precisato l’arcivescovo di Taranto alla sua
presentazione avvenuta qualche giorno fa nell’aula Magna Giovanni Paolo II, innanzitutto
la Conferenza di Aparecida, il Magistero di Papa Giovanni Paolo II, Papa Benedetto
XVI e Papa Francesco e poi la nostra situazione di Taranto, cioè quello che
viviamo concretamente ogni giorno”. Ma sono state proprio le sfide quotidiane a
indurlo a cercare da dove può venire una risposta, una luce per le circostanze
che viviamo. Ha ricordato a tal proposito di aver realizzato a Taranto, proprio
dietro questa spinta, uno dei passi più significativi. Quello dello scorso anno,
quello del 7 novembre, quando “abbiamo tenuto un incontro su ambiente, salute e
lavoro, invitando due ministri della repubblica, gli ambientalisti, la
magistratura, i sindacati, in un dialogo favorito e possibile in un evento che ha
toccato i problemi vivi della nostra terra, della nostra città; un problema che
mi sono trovato che non conoscevo e che ho imparato a conoscere, standoci
dentro - sono le sue parole - e sono contento della circostanza con tutti i
problemi che ci sono insomma, ed è come nel matrimonio, che non è che si
conosce tutto all’inizio, ma si va conoscendo poco a poco, e poi si vede però
che è proprio questo il luogo in cui il Signore ti chiama.” Siamo chiamati ad
accettare la realtà, a starci dentro ed anche a voler bene alle difficoltà, ai
problemi, alle sfide che ci sono. Lui ha sentito immediatamente sin dal primo
giorno, una accoglienza più bella e più grande di quella che poteva immaginare,
da parte di tutta la città, della comunità e della diocesi, ma anche tutte le
sfide, visitando subito gli ammalati, i carcerati, e poi i ragazzi delle
scuole, l’Ilva e così via, quindi le varie situazioni emergenziali della nostra
terra, e non si è sottratto a queste. Ha incontrato i movimenti ecclesiali, i
gruppi, le associazioni. Ha avuto un seguito di incontri ininterrotto e ogni
incontro è come una grande sfida, a comunicare sempre qualcosa, che ci tocca,
che ci ferisce.
E la Grazia che il Signore fa è quella che in nessun
incontro possiamo essere banali, in nessun incontro possiamo essere scontati,
perché ognuno propone un problema diverso ed una domanda diversa. Un problema
diverso e una circostanza diversa. Anche se il desiderio di voler incontrare ci
porta a sentire e ad accettare la sfida delle circostanze più difficili.
Per esempio un’altra grande questione è quella della Cittadella
della Carità che è come non facesse più parte della Diocesi di Taranto. “Ed
invece è successo che mi è stata riconsegnata - ha riferito - e poi vedendo la
possibilità della disponibilità ad offrire a ciascuno, ognuno viene a trovarti…e
quindi altri incontri si susseguono….una delegazione di operai, ed altre
persone e così via. E in ciò è evidente che c’è una richiesta di risolvere il
problema immediato, ma c’è una domanda più profonda che è quella di una accoglienza,
di un incontro, di una amicizia. Varie persone mi vengono a trovare e alla fine
mi dicono grazie eccellenza per avermi ascoltato, so che il problema che vi ho
posto lei non può risolverlo, ma la cosa più bella è che lei mi ha ascoltato.”
E la cosa più immediata del rapporto,dell’incontro è proprio
l’affetto. E stabilire con le persone un rapporto e un incontro è proprio la
cosa più bella, alla luce della massima bellezza che è il Signore che si dona a
noi sulla croce e ci dà il dono della vita.
“La bellezza non è l’estetismo vuoto, la bellezza è il dono
di sé, e proprio questo dono di sé, fedele fino alla vita è quello che attira,
quello che attrae. È il dono di sé senza misura, e allora uno dice che Cristo
che si è donato a me, mi ha accolto, mi ha abbracciato, perciò in ogni
incontro, accade proprio questo, accade la comunicazione di un affetto, la comunicazione
di un rapporto” – sono ancora le parole dell’arcivescovo. Perciò, ha ricordato,
l’inizio di questi quasi tre anni, che è a Taranto, è stato tutto uno
svolgimento, di problemi grandi e piccoli, e intanto vivere un rapporto.
L’immagine che più lo affascina è quella di costruire ponti, di costruire
legami, rapporti, con le persone, di rispondere ad un invito, e di non
lasciarne cadere nemmeno uno. Ed è bello perché si vedono in questo, tutti i
tipi di bisogni, ma sostanzialmente l’esigenza di un rapporto, di un camminare
insieme, di non essere soli. E questo è proprio quello che il Santo Padre ci
dice, fa osservare Monsignor Santoro,….della chiesa d’uscita, della chiesa che
cammina, del “consumare la suola delle scarpe”. Rispondiamo poi alle
circostanze che uno non si va a cercare, perché il Signore ci parla attraverso
queste, anche quelle più difficili. Il Signore non ci vuole opprimere attraverso
le circostanze difficili, ma ci vuole chiamare, ci interpella e ci dice “io
sono qui”. E se quella circostanza è vissuta a partire da un incontro fatto con
Lui, è un segno della Sua presenza, non è fatta per schiacciarci, ma per farci
crescere ancora di più. Anche quelle che noi non vorremmo, sono tante
provocazioni, e le circostanze vengono nella comunità ecclesiale. Ma vengono
soprattutto nella comunità civile nella vita pubblica e sono legate al
quotidiano. Uno si misura sui problemi reali, non si misura sulle parole, non
si misura sui discorsi religiosi, ma rispondendo alle sfide. “Perciò vivendo
nella città vecchia, tutte le domande della città vecchia me le sento addosso e
fino a proporre un assemblea col popolo – ha ricordato l’arcivescovo – per mettere
in dialogo le persone che non sapevano da chi andare, con le autorità, cioè
facilitare questo compito, di farle incontrare” . All’origine c’è questa
percezione della bellezza, come accoglienza e come dono di sé. “Il mio cammino,
il mio sforzo è stato di coinvolgere in questa esperienza i sacerdoti, da un
lato, le autorità dall’altro e tutta la comunità, perché non può essere una
persona che risolve la situazione, è una comunità , una comunione, la bellezza
del popolo cristiano che dentro la società permette l’unità” ha continuato
Monsignor Santoro. Quindi l’origine di queste esperienze è proprio qualcosa che
lo ha toccato sin da quando, prima, ha incontrato don Giussani, ma poi una
maniera più caratteristica ancora, ha accettato una sfida senza battere
ciglio, dopo aver trovato sistemazione a 12 anni di sacerdozio, quella di
andare in Brasile. E noi non cresciamo per una strategia ma rispondendo alle
sfide. E uno sente che è in casa e che il signore si fa sentire attraverso una
fraternità, nell’esperienza del partire come sacrificio e del ritorno come
gratitudine, in una accoglienza strepitosa che non si aspettava.
C’è anche un capitolo sull’educazione, nel libro. In
contatto con la gente, quindi, ma anche con una posizione chiara, educativa, di
portare le persone ad un Incontro. La bellezza si sviluppa dentro un’opera
educativa. Come una bella musica, se uno è educato la capisce, la coglie. Ci vuole
il maestro, ci vuole colui che ti educa, il grande compito di un padre che ti
manda come educatore.
Uno si muove solo per la forza di un fascino, un qualcosa
di bello che ti attrae, allora non si ferma davanti ai problemi che si hanno
perché in questo cammino siamo in buona compagnia. “Il Mistero non si è
dimenticato di noi ci è venuto vicino e poi questo dono straordinario del
carisma di Papa Francesco che ci prende per mano e ci conduce ogni giorno e ci
lancia in missione facendoci protagonisti nella vita pubblica della città
perché è giustissimo tutto il lavoro ecclesiale che facciamo però questo è per
dare vita, per dare coraggio a tutto il nostro territorio - sono le sue ultime
parole - la testimonianza è una testimonianza pubblica, è quella di una
speranza per tutti quanti non fatta di parole ma di vicinanza, di condivisione,
di abbraccio. La speranza che viene da Cristo, il fascino che attira, la
bellezza che conquista e che trasforma la vita”.
Vito Piepoli
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