Su può parlare di un
Mediterraneo delle culture all’interno dei processi geopolitici? Quale valore
ha il legame tra l’Europa storica del Nord e un Mediterraneo tutto intrecciato
tra divisioni etniche e religiose? I popoli restano sempre, nonostante il
vissuto di società in transizioni, ancorati a divisioni e condivisioni che sono
il portato storico di territori e aree geografiche.
Ma la visione che si presenta
nella attuale realtà è ormai tutta letta attraverso chiavi interpretative che
si pongono come apri pista tra le eredità di un Occidente complesso e di un
Oriente articolato. C’è da dire che in un tempo in cui il Mediterraneo non è
soltanto una geografia o un “modello” geopolitico l’antropologia delle etnie
assume una concordanza con quelle eredità che hanno attraversato la civiltà pre
Magno Greca sino a tutto il contesto Romano. È proprio nello spaccato tra le
identità greche, neogreche e latine che le etnie del Mediterraneo assumano una
valenza sia politica sia prettamente antropologica sia metafisica.
Finora abbiamo trattato la
questione relativa al rapporto etnie e Mediterraneo come se fosse una
dimensione meramente territoriale. In un tempo di vissute incompiutezze
esistenziali il Mediterraneo resta un destino, come volle definirlo Braudel, ma
anche una sostanziale filosofia della conoscenza dei saperi.
I veri saperi del
Mediterraneo nascono dalla definizione di un processo etnico che significa la
forza di una archeologia dei saperi dei popoli e delle loro identità. In fondo
questo Mediterraneo oggi resta senza una precisa identità. Anzi senza una
appartenenza perché se vogliamo dirla in termini di saggezza delle conoscenze
le identità ci sono ma sono una dichiarazione di confusione e di reali
conflitti anche di ordine economico oltre che religioso etico e culturale tout
court.
Bisogna fare in modo di
recuperare il Mediterraneo delle etnie nelle archeologie. Questo è il punto,
perché le etnie storiche hanno un senso nello sviluppo che i popoli hanno
dichiarato lungo i secoli. Secoli che sono state e sono epoche.
Il Mediterraneo è fatto di
epoche e parla attraverso le epoche , ma le epoche sono una espressione di
interpretazioni e di letture puramente etniche. Da questo punto di vista la
chiave di lettura antropologica resta, nonostante le crisi religiose e
ideologiche, il dato centrale per entrare tra le onde dei marti vissuto e
decifrare una storia che, comunque, è sempre la nostra storia. Una storia che
trova in Omero e Virgilio i punti non sono di contatto ma i riferimenti anche
rispetto a ciò che abbiamo definito il sapere delle archeologie delle lingue.
Restano fondamentali i legami
tra le lingue, l’archeologia e le tradizioni. Senza una valenza antropologica,
comunque, neppure la storia avrà senso. La storia non è da considerarsi
soltanto come elemento storiografico o geo-storiografico, ma va inserita in
quel processo di identità in cui le etnie restano appartenenze e le identità si
misurano costantemente con le la tradizione ma anche con le innovazioni sia
linguistiche che culturali tout court.