La sera posso guardare il cielo e non
avere timori ringraziando Dio di avermi dato la nobiltà di mio padre e di mia
madre
di Pierfranco Bruni
La storia di ognuno di noi è legata alla storia della propria famiglia. E ogni
famiglia ha un suo viaggio che percorre non soltanto gli anni brevi, ma anche
gli anni lunghi. Diventiamo i carnefici dei ricordi tra le nostalgie, ma anche
i profeti di un percorrere storie e memorie. Noi siamo fatti di storie e
memorie.
Nel corso di questi anni mi sono reso
conto che ci sono nobiltà che lasciano il segno e si raccontano per una
eleganza che non è scritta soltanto nel sangue, ma nei modi, nei comportamenti,
nello stile, in ciò che si è e in ciò che si è stati.
Ma la storia della nobiltà vive tra le pareti di una storia che è il disegno
della famiglia, di una famiglia, di una eredità.
Mio padre mi ha raccontato abbastanza e tutto il suo raccontare continua ad
essere il vero nella mia vita.
I Bruni Gaudinieri scavano nel mio viaggio. Ho recuperato lettere che hanno il vissuto
dei patriarchi. Mio padre aveva due esercizi commerciali. Poi uno è stato
costretto a chiuderlo. Le carte raccontano.
Zio Mariano ha saputo legare la sua conoscenza della grecità con Pitagora.
Zio Gino ha scritto un libro su come bene si amministra la "cosa
pubblica".
Zio Pietro ha saputo fotografare l'epoca in bianco e nero.
Zio Adolfo ha custodito la storia di una famiglia che ha dato voce ad un intero
paese. Tutto ha un senso.
"Sai, avevamo due esercizi commerciali...".
Molte volte mi sveglia. Di notte. E mi detta.
Spesso analizzo lo stemma di famiglia. L'aquila con la rosa rossa e i due
serpenti. Hanno una logica. Anzi, hanno un sapere. Anzi, hanno una saggezza.
L'aquila è sempre con me e osserva i serpenti. Archetipi che hanno lingue a
triangolo.
Cammino tra le rose e cerco la palma che non c'è più. Gli sciamani sapevano
ascoltare l'aquila e il suo sguardo aveva le attrazioni della maledizione della
luna. La nobiltà si racconta anche quando sono passate epoche perché è nel
legame. Legame di sangue.
Forse un giorno si capirà. C'è sempre un tempo... Porto sempre con me il libro
dei Cantici.
Don Fabrizio dove sei...
C'era un tempo che non mi toccava il filo del legame tra nobiltà e famiglia...
Ma i simboli parlano e si dichiarino... Chi non ha mai conosciuto il senso
della nobiltà non ha la capacità di comprendere.
Mi incammino tra le parole e conservo il vocabolario. Chi è stato non
dimentica. Ritorno da uno dei miei viaggi e sfoglio la pagina dei ricordi.
A volte i ricordi smarriscono. A volte danno il tempo alla vita e la vita alla
memoria.
Abbiamo avuto servi e servitori. Nella vita bisogna saper distinguere. C’è
un’antica leggenda araba che dice che ogni servo non è servo perché nasce nella
povertà ma è servo perché ha venduto al mercato delle terze scarpe l’onore. Chi
è stato in alcuni Paesi dell’Oriente conosce il mercato delle terze scarpe…
L'orgoglio rende sempre vivi.
Mio padre continua a raccontarmi. Molte volte però mi sussurra "queste
cose tienile solo per te...".
Non so se questa volta potrò ascoltarlo. Mio padre aveva due esercizi
commerciali. Avevo dimenticato.
Ma in una valigia c'è una storia che narra. Sfoglio carte e documenti. Ed è
come se trovassi scritta la storia non solo di una famiglia e di una dinastia
ma anche di una comunità. Documenti e lettere. Qualcuno potrà anche
disconoscere le lettere che ho recuperato e sono parte integrante di un mio
libro, ma sono sempre dichiarazioni. Quando si rinnega ciò che si è stati si è
dei miseri e degli sconfitti.
Ebbene, le lettere si raccontano, tanto
che si raccontano che mi permettono di scrivere una storia. La mia storia,
ovvero la storia che ho vissuto e quella storia che non ho mai conosciuto e che
ora diventa parte integrante del mio vissuto.
Il libro raccontato è quasi finito.
Non mi assale la tristezza e neppure lo
sconforto. Non smetto di leggere San Paola e ora anche Santa Teresa d’Avila.
Tocco con mano la miseria di uomini,
persone, gente che hanno accompagnato la mia vita e ascolto la nobiltà,
l’eleganza e la virtù di altre persone che hanno fatto di me quello che sono.
Ogni sera posso osservare il cielo e
dire: Grazie, mio Dio, di avermi dato una coscienza chiara e un sorriso limpido
e un padre e una madre che hanno conosciuto la dignità la nobiltà la fierezza
perché sono stati nobili fieri e degni.
Ogni sera posso affacciarmi alla
finestra, che una volta si apriva alla palma che è andata via quando mio padre
è stato consegnato all’aquila in volo, e non temere perché il Dio che mi ha
accompagnato mi ha regalato il senso della nobiltà e la dignità della coscienza
di essere un uomo che conosce il coraggio lo stile e l’amore.
E di questo amore io vivo e a questo
amore di padre e di figlio consegno la testimonianza del mio vissuto. La storia è nel racconto e il racconto è quasi
terminato.