Qual
è il punto tra i Paesi dell’Est Europa, quelli non “controllati” dal sistema
islamico,e l’Occidente? Un interrogativo che mi pongo costantemente anche
perché ci sono due fattori che insistono. Uno di ordine antropologico e l’altro
prettamente religioso. L’Occidente nell’Est dell’Europa va consolidato. Questo
non significa “occupare” un valore identitario. Significa piuttosto creare una
rete di legami che sono principalmente culturali. C’è, sostanzialmente un mondo
dell’Est che vive l’Occidente e si frequenta nella cultura occidentale.
I
Paesi islamici che risentono delle eredità Ottomane hanno percorsi
completamente diversi e contrapposti alla cultura Occidentale sia Mediterranea
che Atlantica. Le etnie nei Paesi al “confinare” tra il Danubio e i Balcani
presentano storie articolate e diverse. La Romania non è chiaramente la Macedonia e non è neppure l’Albania.
La Romania è
sostanzialmente nell’Occidente pur restando in una tradizione che è quella
dell’Est. La Macedonia, invece, oltre tutto è Islam. Come parte dell’Albania.
Comunque si tratta di un mondo in cui la storia si lega inevitabilmente
all’antropologia e questa non può che fare i conti con le etnie. Le etnie nei
territori dell’Est raccontano eredità e appartenenza ben definite.
Dopo
il Crollo del Muro soprattutto la Romania si è occidentalizzata fortemente sia
per le radici della propria lingua sia per i rapporti che la cultura e gli
intellettuali hanno intrattenuto con l’Italia, la Francia e l’Occidente. Ma dentro questi percorsi le presenze etniche hanno un sostrato anche
di derivazione archeologica. Tra i luoghi danubiani e il territorio balcanico, la Romania è una geografia che ha sempre costituito un legame, anche dal punto di vista etnico,
con l’Italia. Una geografia dell’esistenza che non ha mai smesso di leggere, in
una visione geo politica, il rapporto tra etnie e tradizioni.
Le
minoranze etniche, che non sono assolutamente poche, sono ben rappresentate nel
Parlamento della Romania. E ogni minoranza ha un suo rappresentante. Quindi, in
una lettura istituzionale, il rapporto tra etnie e territorio è chiaramente
consolidato. Ma si sentono dentro una cristianità ortodossa. Il fatto stesso
che è un Paese ricco di manasteri e chiese è un dato imprescindibile in un
legame con l’Occidente.
La
minoranza che presenta un maggior numero di presenze è quella Magiara, tanto
che ha un suo partito per essere rappresentata. Un’altra componente minoritaria
viene chiamata storicamente Sicula (che non ha nulla in comune con la Sicilia), mentre nell’area della Moldavia sono stanziati i Csango, ovvero provenienti dalla
remora Ungheria. Rom e Croati sono evidenti nei territori di Suceava e nella
città di Carasova. Sono presenti, tra le altre etnie, anche gli Armini e i
Greci.
Con
l’Italia, la Romania ha sempre avuto un legame interessante sia dal punto di
vista commerciale ed economico che culturale. Dal punto di vista culturale gli
intellettuali nati in Romania hanno sempre avuto un rapporto straordinario con
la cultura italiana.
Soprattutto
nel Novecento. Scrittori, filosofi, archeologi che si son portati dentro la
loro tradizione, ovvero il complesso e articolato mondo “Romanus”, come si
sottolinea dall’etimologia stessa del nome Romania, hanno dialogato, lasciati
contaminare e contaminare, nell’Occidente antico e moderno.
Un
nome e una lingua. Una lingua neolatina con “inflessioni” di appartenenza
romanza e soprattutto slava, ma oltre il 75 per cento delle parole sono di
origine latina e neolatina. Così il mondo cattolico ha la sua forte prevalenza,
chiaramente con le sue diverse forme di rito.
Le
etnie presenti in Romania possono rappresentare una chiave di lettura di un
mondo che era esclusivamente considerato dell’Est e che oggi, culturalmente, lo
si inquadra in una visione certamente meta balcanica e danubiana, ma fortemente
radicata ad una tradizione occidentale.
Gli
intellettuali del Novecento hanno contribuito notevolmente a unire un modello
di pensiero che è quello di Mircea Eliade, di Vintila Horia, di Emil Cioran, di
Eugene Ionesco, di Paul Celan, dell’archeologo Dinu Adamesteanu con la cultura
italiana e mediterranea.
Proprio
quest’ultimo, Dinu Adamesteanu, nato nella piccola comunità di Toporu, della
Regione Muntenia, nel 1913 e morto a Policoro (in Basilicata) nel 2004, ha offerto, con chiarezza, una chiave di lettura di una archeologia innovativa per la lettura
aerofotografica del territorio.
Uno
studioso che ha saputo guardare ad una archeologia “multidisciplinare”
arricchendola con una introspezione tra modelli puramente archeologici e
aspetti antropologici dei territori e, quindi, dei siti archeologici stessi.
Riusciva a comparare dimensioni etnoantropologiche e archeologiche
intrecciandole tra modelli provenienti dal Mar nero con quelle della Magna
Grecia.
Tutta
la sua tradizione romena dentro il Mediterraneo. D’altronde la Romania ha saputo convivere con contaminazioni eterogenee come anche quella turca. Il dato
etnico rimane importante, soprattutto per una Nazione che non ha mai smarrito
la sua identità e, nonostante il comunismo, ha recuperato quelle appartenenze
che hanno eredità, non solo linguistiche, ma culturali tout court, latine.
C’è
una storia della Romania nella cultura italiana. C’è una storia italiana nell’identità
della Romania. Circa il 4 per cento del vocabolario della lingua romena è fatto
con parole italiane o derivanti dall’italiano.
I
codici di koinè italiana costituiscono un tassello etnico nella formazione di
una Nazione non solo rimasta sempre nell’Europa, ma culturalmente profetica
nella cultura del Mediterraneo: da Ionesco ad Horia, da Eliade a
all’archeologia praticata da Adamesteanu. Nella cultura italiana e occidentale
il pensiero filosofico della Romania è importante e va riconsiderato proprio in
una visione tradizionalista dell’identità tra storia e civiltà.
In
fondo la Romania è riuscita a stabilire, con lungimiranza, un confronto tra le
etnie di una civiltà di origine latina tra cultura danubiana e balcanica. Da
anni mi occupo di queste questioni ed è un approfondimento che intreccia la
storia moderna e le radici antropologiche su un sostrato in cui la letteratura
ha la sua specificità.
Se
dovessi ripercorre un viaggio nei Balcani farei una attenta distinzione tra il
mondo cristiano, la presenza cattolica latina, la presenza ortodossa e le
diverse insistenze islamiche.
na
distinzione che vale certamente una identità all’interno del variegato
“pianeta” che unisce e divide gli Occidenti dagli Orienti. Occorre che le
distinzioni ci siano perché c’è un Occidente sommerso che recupera, tra
l’altro, tradizioni di culture come quella neolatina della Romania, e c’è un
Oriente vasto il cui incrocio è triangola rizzato tra Mediterraneo, modelli
asiatici e Balcani.
L’Europa,
in questa lettura, potrebbe diventare un perno fondamentale soprattutto nella
temperie che attraversiamo in questo nostro tempo di sgradevoli sradicamenti.
Va consolidato il rapporto tra un’Europa dell’Est, assolutamente non musulmano,
e l’Occidente.