Le Banche sono il
vero sostegno di una Nazione. In Italia al sistema bancario si deve lo
sviluppo e la crescita dei territori
di Micol Bruni
Seguo con molta
attenzione e interesse sia dal punto di vista storico che giuridico, non da
oggi, il rapporto tra processi economici e presenza degli Istituti bancari
all’interno dei territori. Soprattutto nel Mezzogiorno d’Italia. Proprio
nei momenti di crisi e di passaggi epocali, in termini sia socio-economici sia
storico – culturali, gli Istituti bancari svolgono un ruolo di presenza in
positivo, perché costituiscono un osservatorio fondamentale in una chiave di
lettura che non tocca soltanto l’aspetto finanziario, ma soprattutto un
contesto che non è immaginario bensì reale che si registra nelle fasi in cui il
dialogo tra politica, cultura e mercato assume un maggiore peso.
Già intorno
all’Unità d’Italia, ma anche prima, in modo particolare nel Regno di Napoli,
gli Istituti bancari ebbero una loro influenza notevole perché esercitarono una
funzione forte nello sviluppo del territorio e costituirono l’asse intorno al
quale le politiche economiche svilupparono una loro precisa attrazione nelle
decisioni che caratterizzarono la scelta anche dei Governi.
Bisogna
ormai dare maggiore spazio ad una politica delle banche in modo particolare
nelle aree di maggiore depressione e di maggiore recessione.
L’Unità
d’Italia, al di là delle politiche europee e nazionali, stabilì un principio di
fondo che è quello del rapporto tra la tutela del denaro, grazie proprio agli
Istituti bancari, e lo sviluppo che nasce da un investimento tra costi e
benefici nei territori in cui è possibile praticare anche una politica economica
imprenditoriale.
L’età
giolittiana segnò un momento particolare e il legame, al di là delle polemiche
irrisorie che sorsero sulla gestione governativa giolittiana, straordinario fu
sancito tra una politica di sviluppo e una politica di garanzia e di fiducia
delle banche. Ma anche durante il fascismo le banche ressero molte cadute
economiche del Regime.
Se non ci
fossero stati robusti presupposti offerti dalla catena finanziaria delle banche
neppure il Piano Marshall avrebbe retto all’urto delle potenze europee e
internazionali.
Il Paese Italia
si è sempre retto sulla tutela delle banche. Ed è un dato consolidato sia in
una chiave di lettura politica che giuridica. Il Piano Marshall è stato un
Progetto di ricostruzione certamente con fondi statunitensi. Nel
1948 venne istituita l’Organizzazione per la Cooperazione Economica
Europe. Ma senza un articolato modello di tutela bancaria non avremmo retto
all’urto delle crisi.
Credo che sia da
ristudiare anche la questione legata alla Cassa per il Mezzogiorno e il ruolo
significativo e incidente nei territori delle banche popolari. Gli anni
Cinquanta e Sessanta sono stati anni importanti e senza la manifesta volontà
delle banche popolari, in particolare, non avremmo avuto lo sviluppo che
l’Italia ha sottolineato come Nazione centrale nel bacino euro-mediterraneo.
Quando si parla
di Mediterraneo non si può prescindere dal ruolo che hanno avuto e hanno
determinare operazioni economiche di investimento. È difficile poter investire,
con strumenti di tutela, nella realtà mediterranea, eppure il coraggio è una
scelta culturale e di civiltà.
Su questa strada
bisogna raccordare l’antropologia di un Paese con la progettualità economica.
Più salde sono le strutture bancarie più garanzia si offre non solo a un territorio
ma ad una politica di gestione finanzia che significa investimento, sviluppo e
capitalizzazione delle risorse.
La nuova
economia esercitata dalle banche, ovvero la politica economica e finanziaria,
ha, almeno, in una sintesi comparata, tre fasi.
La prima resta
legata storicamente all’Unità d’Italia e alla temperie post risorgimentale sino
alla caduta del fascismo; la seconda è legata al legame con il Piano Marshall e
al contenimento di una società in transizione costantemente mutevole
anche sociologicamente, che ha riguardato gli anni dell’alzamento del salario e
quindi dell’equo benessere; la terza ha toccato l’espansione di alcuni Istituti
bancari e il rapporto con le economie internazionali anche nella contingenza
del 2001.
C’è ancora una
quarta fase che è quella attuale, nella quale la precarietà è forte e il Paese
ha avuto un balzello notevole che si è riversato anche sugli investimenti e su
una economia più generale e globalizzata, ma fino a quando reggono gli Istituti
bancari il Paese non crollerà.
L’economia di
questa nostra Italia ha bisogno di confrontarsi con le nuove culture e con le
trasformazioni che pongono i mercati internazionali in una eterogeneità di
questioni di investimento. Capire la storia di un Paese significa comprendere
le crisi e lo sviluppo dei territori, i quali si reggono su due pilastri: uno
economico l’altro chiamiamolo culturale (ma va inteso come antropologico,
sociologico, storico).
Le banche
assorbono le due istanze e tengono in piedi lo sviluppo di un Paese. C’è una
storia, quasi recente, che va ricontestualizzata ed è quella del crollo dei
mercati degli anni Settanta per circa un decennio. Le banche sono il vero
sostegno dell’economia di una Nazione.