La Calabria diventa incontro di civiltà e di popoli. Di
culture che si incontrano in un recupero di memorie che sono umanesimo di
epoche nel segno di una profonda cristianità. E la cristianità non è il tutto,
ma può essere il possibile tutto in una esistenza di uomini che hanno
attraversato gli Orienti per focalizzarsi come identità occidentali. Gli uomini
si guardano, si osservano, si prendono per mano, si sentono ma forse non si
ascoltano abbastanza.
La voce di Papa Francesco in terra di Magna Grecia non ha
soltanto l’obiettivo di “Parlare” agli uomini terribili, non ha soltanto lo
scopo di portare la “Parola” agli uomini che non si ascoltano e neppure
riescono a guardare negli occhi usando strumenti che danno la morte, la fine
della vita, distribuendo violenze odi, incomprensioni, intolleranze.
Qui, in questa terra di Mediterraneità diffusa sia sul piano
geografico che ereditario, la presenza del Papa è un Fuoco e una Grazia.
Bisogna accogliere il Fuoco ma trasformalo nella Grazia. Questo popolo di emigranti
e di immigrati. Questo popolo che ha partenze argentine, nord – americane,
austro – ungariche la vera “Parola”, dunque deve essere una sola: riprendere il
cammino della fede e del confronto. Non può esserci fede senza il confronto. La
fede in Cristo con la sola manifestazione teologica non ci basta. Noi siamo un
popolo che ha saputo assorbile il mondo arabo, musulmano, saraceno, pitagorico
– esoterico, cristiano paolino, francescano e campanelliano.
Noi siamo la civiltà di San Francesco di Paola ma anche gli
eredi di San Giuseppe Moscati e i mistici che aspettano la rivelazione del
messaggio di Natuzza. Papa Francesco non può essere in terra di Magna Grecia,
nella Sibari dei lussi e dei conforti, delle donne danzatrici e dei fiumi che
scorrevano sangue, soltanto per visitare carceri, portare conforto, assistere
liturgicamente il cammino delle genti nel dolore o nella ricerca. È in Calabria
come testimone di Fede. La Fede immensa non solo nella cattolicità, ma nella
Fede del Dio Universale che è il Dio Illuminante. Mi pongo ai suoi piedi, in
nome di Cristo, ma con una parola che ha un suo senso anche per tutti i
camminanti che diventano pellegrini dentro la conchiglia o con la conchiglia
appesa al collo.
A Papa Francesco ma anche a San Giacomo ma anche ai viandanti
come San paolo io mi rivolgo dicendo sempre loro: Namasté!
Non bisogna avere paura spesse volte ripeteva Giovanni Paolo
II. Pregate per me, ripete Papa Francesco. Questa terra di devoti. Questa terra
contemplante di briganti e di ribelli deve ascoltare i suoi occhi, deve
catturare il suo sguardo, deve, con la consapevolezza orante, lasciarsi
prendere per mano. Non siamo mai stati un popolo in fuga. Siamo i ribelli in
Cristo.
Il Papa lo sa. Francesco di Paola è il sacro e la santità, ma
è anche il simbolo di andare incontro al sacrificio, ai tremori, alla carità,
agli amori. Resta con noi Signore… Caro Francesco non andare via prima che
faccia sera. Questa Calbria bella e selvaggio è terra di Devozione, ma anche di
dubbi.
Restiamo nei dubbi come uomini nel certezza del Cristo che sa
che noi sappiamo tendere le mani… Perché in fondo questa Calabria è il Sud del
tuo cuore e resta nel Sud della storia e della profezia… Ma ogni Sud è
l’impossibile dell’anima che diventa possibile…
A te Namasté!