Miguel Chutariados a
cento anni dalla morte tra Dante e D’Annunzio. L’esilio e lo sconforto del
poeta dell’inedito:
“Libro
de canciones para
la Vida Nova”
di Pierfranco
Bruni
Chi è Miguel Chutariados? Molto poco si sa
di questo poeta. A cento anni dalla morte, rileggendolo e leggendo soprattutto
questo poemetto dalle matrici “dantesche” dal titolo: “Libro de
canciones para
la Vida Nova”, credo che
bisognerebbe proporlo anche attraverso un’analisi testuale e una
interpretazione comparativa tra i poeti che lo hanno formato.
C’è nella sua formazione, naturalmente, Dante
Alighieri. Un Dante che è quello della “Vita Nuova”. D’altronde il poemetto
proprio alla “Vita Nuova” rimanda, e il suo passeggiare tra le parole
costituisce un preciso indizio se non un forte inciso sia letterario che
estetico – metaforico.
Dante, dunque, certamente. Ma c’è anche il
primo Gabriele D’Annunzio che campeggia in questo inedito ed è un dato
significativo legare la funzione che ha avuto Dante a quella che ha avuto
D’Annunzio. Soprattutto perché questo poemetto risale proprio al 1914. Sembra
un testo scritto come testamento.
Ed è come se Miguel Chutariados, nato nel 1855 – e morto nel 1914, volesse indicarci un
percorso di una poesia che diventa sì un attraversamento esistenziale, ma
diventa, soprattutto, un viaggiare nel linguaggio. Ci sono elementi formativi
che richiamano linguaggi diversi. Un poeta spagnolo di cui, come dicevo, si
conosce ben poco.
Ho avuto modo di parlarne nel mio recente
incontro a Siviglia dedicato al mio libro: “Che il dio del Sole sia con te”.
Parlando e discutendo del mio viaggio letterario e poetico ho avuto la
possibilità di raccontare della non “conoscenza” profonda di Miguel
Chutariados.
È nato in Spagna, ma è morto a Cuba, almeno
così sono le voci più accreditate. Ho trovato, comunque, molto poco sulla sua
vita. Sono in possesso di questo inedito perché era tra le carte e gli studi,
lasciati incompiuti, di Francesco Grisi.
È uno scritto da indicare e da sottolineare
come elemento significativo di una parola che ha la sua visione “meticciata” in
termini di vocabolario linguistico e letterario. Ho cercato di offrire una
traduzione dallo spagnolo. Ci sono molti aspetti da rivedere e da
riconsiderare, ma credo che parlarne, oggi, sia un fatto importante.
A cento anni dalla morte. Ci sono tre
riferimenti sui quali sto cercando di riflettere.
Il primo riguarda l’assenza della sua poesia
e della sua figura dal quadro della poesia spagnola o ispano-americana (essendo
morto, come alcune voci sostengono, a Cuba).
Il secondo attesta la straordinaria valenza
della poesia e della letteratura italiana nella sua formazione. In questo
poemetto c’è la sua formazione che è fatta da un vocabolario letterario
prettamente italiano.
Il terzo riferimento è, appunto, il chiosare,
tra i suoi versi, Dante con D’Annunzio. Questo ultimo riferimento sembra
proporci una chiave di lettura e anche una precisa indicazione.
Se è necessario conoscere Miguel Chutariados,
dunque, è chiaramente necessario leggerlo. Ed è quello che cerco di proporre.
***
Libro de
canciones para
la Vida Nova
Canzoniere
per la Vita Nova
Di
Miguel Chutariados
1855
– 1914
A cura di Pierfranco
Bruni
1.
Il
mio esilio non ha la trasparenza del tuo duro pane
E
anche se scendo e salgo le scale dell’Inferno
Non
ho sconfitto il pianto della donna che ho chiamato Madonna
Perché
so di restare nella città sepolta dalle solitudini.
-(Mi exilio no tiene
la transparencia de su pan duro
E incluso si voy hacia
arriba y abajo de las escaleras del
infierno
Yo no he vencido las
lágrimas de la mujer que me llamó
Madonna
Porque conozco a permanecer en la ciudad sepultada por solitudin.)-
2.
Non
ho specchiato i tuoi occhi nel mio sguardo
Nella
tua giovinezza che non fu mai giovinezza
Ho
colto una rosa che bianca non è
Eppure
di te ho parlato come se fossi la nova vita.
3.
Ginepri
e odor di giardini tra i gigli e i garofani
Furono
le nostre parole che più non ho tra le vele di un mare morto
E
se ti ho cantato nello scavo dell’essenza della malinconia
È
perché altro non ho potuto se non trascinar abitudini.
4.
Ignuda
tu fosti a rimembrar le mie carni
Ma
a conoscere il core mio non è bastata la conta del tempo assente
E
giammai potrai essere gabbiano
Ora
che il mare si è raccolto nel deserto.
5.
Se
a Didone fu tolto lo spazio del caduco amore
A
te porgo il respiro nell’assenza di una stella cercata tra il buio e il
silenzio
A
dipingerti con le dita tra i colori il tuo profilo è sfuggente
E
il mio sorriso è soltanto una questione di ombre che restano a vigilare l’aurora.
6.
Tutto
muore. Mi hai sussurrato nella sera caduta tra i rovi
Ma
se tutto muore è perché noi due abbiamo interrotto i passaggi del tempo
E
quando il tempo ha straziato le ore e i giorni si ode soltanto il cantare del
cigno
A
volte anche la morte non basta a far morire.
7.
Se
a cantare io mi dedico in questa pazienza di anni persi
È
perché altro non so fare
E
tu non sei né colomba né gabbiano
In
questa smarrita via che è solo illusione.
8.
Tra
le tentazioni e i dissolvimenti
Non
menar per altre strade
E
se io ho anni persi
Tu
ti sei persa negli anni.
9.
A
dirti oggi posso che senza incontrar sciagura
Il
tuo corpo nudo ho amato
Sino
alla sera tramontata
Tra
le tue e le mie mani.
10.
Senza
disdegnar alcuna tristezza
Io
sono del mio esilio il custode
E
tu a navigar i mari ti distanzi
Anche
se al sol ascoltar il tuo nome
Le
parole e il sangue infrangono
A
colpir dritto nel mio core.
11.
Mai
vita nova potrai espirare
Per
colpe e amore
Nell’anima
spezzata
Io
di te timore non potrei raccogliere
Ora
che sconforto ha la mia vita.