La ragione della
modernità nella lezione anticonformista e “antiscolastica” di Dante. Dal
tribunale della letteratura alla metafora inquisitoria. L’attualità che uccide
la tradizione della storia
di Micol Bruni
C’è
attualità politica in Dante? Il legame tra storia e politica è esemplare. Ma
nella ragione del pensiero le idee e la filosofia applicata al linguaggio
letterario hanno una loro consistenza. Cosa è stato Dante Alighieri nei
processi storici e giuridici di una cultura che supera l’età dell’Umanesimo
radicato nel Medieoevo?
Sul piano di una teoria
della politica Dante si muove su un giudizio di un mondo considerato “pessimo”
(Manlio Sgalambro ci è di aiuto) e la sua posizione, nel tempo dell’esilio, è
soltanto una deflagrazione “geniale” della metafora della lontananza del suolo
- terra dove il pane non è duro. Ma incastona la metafora nella realtà. Così da
far diventare la letteratura, quella della “Commedia” e quella dei “conviviali”
oltre al testo principe dedicato alla “monarchia”, una letteratura radicata
nella visione politica della storia stessa.
D’altronde il guerreggiare
tra Guelfi e Ghibellini è una non scissione politica da “santi” e “demoni” (se
non si entra nella teologia della politica è unitile toccare queste due
“forze”. Per cercare di capire Dante oggi bisognerebbe uscir fuori dal
dantismo. Questo significa che bisognerebbe ritornare certamente alla “Vita
nova”, ma in modo particolare proporre l’attualità di Dante secondo
l’attualismo gentiliano che è quello non più storico – politico, bensì quello
poetico – filosofico alla Zambrano maniera.
Ci sono tre proposte di
lettura che la scuola italiana non ha adottato perché si affida a degli schemi
ben precisi che sono da considerarsi completamente superati, obsoleti, da
comodino.
La
prima è quella offerta da Giovanni Boccaccio nella sua Vita dedicata a Dante.
Ma Boccaccio è troppo trasgressivo anche se il suo lavoro resta una pietra
miliare all’interno di un contesto che è quello che annuncia il Rinascimento. E
non è poco il fatto che il primo scrittore dell’età moderna, qual è appunto il
Boccaccio e non l’autore di una raccolta di Novelle, sottolinei il sostrato
vita e incasellatura letteraria, con una tale ironia che sfiora il senso
tragico della parola e del registro dei personaggi, nella classificazione dei
limiti di una politica dantesca.
La
seconda proposta è quella che ci viene da Machiavelli. Machiavelli,
nell’accettare l’esilio di Dante, supera completamente la complicità tra
letteratura e storia in Dante, affermando il diritto alla ragione. C’è la
ragione della politica in Machiavelli. Ma se Dante aveva accettato la
competizione politica, attraverso una precisa scelta politica stessa, non
poteva non porsi una questione di ragione storica. È vero che si era nel Trecento,
ma è pur vero che si portava dietro il profetico “bizantinismo” depositato tra
Grecia e Roma e non poteva far finta di non conoscere la concezione di Stato
tra Aristotele (la sua visione politica in senso più stretto) e lo Stato romano
sin dopo Nerone e Seneca.
La terza proposta è recente
ed è quella sottolineata da Giovanni Pascoli che è il più grande poeta che è
riuscito a confrontarsi con Dante non risparmiando a Dante nessuna retorica. Ma
anche del Pascoli “maestro” conoscitore del Dante esoterico, ci sono pochissime
tracce nelle scuole italiane e le stesse scuole si guardano bene
nell’affrontare la questione. Ma è Pascoli che scava da poeta nella
poetica di Dante.
Da Pascoli sino a Guenon e a
Maria Zambrano il viaggio diventa labirintico. Perché diventa tale? Guenon
incide proprio nella concezione esoterica di Dante. Ma la filosofia della
politica, che non può fare a meno di attraversare Machiavelli, fa costantemente
i conti con una metafisica degli elementi esoterici e nel Risorgimento raccontato
da Cecilia Gatto Trocchi (“Il Risorgimento esoterico”) si viaggia tra le
visioni primordiali che conducono da Dante a Mazzini.
Ormai
Dante non è completamente poesia perché la “Commedia” consuma un processo
dentro il tribunale delle storie e delle vite proprio attraverso una via
poeticamente ingiustificata nella classificazione dei gironi, dei cerchi,
dei coni capovolti: tutti elementi simbolici un una sacralità nell’esoterismo.
Ma a chiare lettere questa
visione è dentro Maria Zambrano che pone Dante davanti allo specchio, anzi
davanti ad uno “specchio umano” togliendo ogni cornice alla ragione parziale e
irascibile e riconoscendo l’assoluta ragione riflessa di Dante.
Insomma un Dante non solo
nella letteratura ma nella storia del pensiero e la storia del pensiero di
Dante è la pianificazione del tribunale della “Commedia”.
Machiavelli
aveva visto bene. Illuminante come sempre. Ma il Principe di Machiavelli e il
“De Monarchia” di Dante non hanno finalità accomunanti pur nelle ambivalenze
dei toni?
Insomma
leggiamo con sguardo profetico e politico Dante servendoci di strumenti meno
consoni al conformismo dantesco per capire e invitare ad una lettura più
complessa dei processi culturali tra politica e istituzioni attraverso i
parametri della letteratura.
In
Dante la letteratura non domina e non verrà compresa nei suoi dettagli se non
attraverso il principio di ragione storica e di realismo politico. Forse oggi
ci sarebbe di aiuto filtrandolo, però, attraverso i moduli da me indicati
grazie alla attualità della filosofia del diritto.