Pierfranco
Bruni coordina uno studio sul centenario della nascita di Giuseppe Berto con
contributi di Picardo, Cavallo, Malgieri,
De
Giovanni, M. Bruni
Un anniversario per
raccontare la letteratura italiana del secondo Novecento: Giuseppe Berto a
cento anni dalla nascita in una pubblicazione coordinata da Pierfranco Bruni.
“Giuseppe Berto e la
necessità di raccontare”.
Un centenario
per raccontare la letteratura italiana del secondo Novecento. “Giuseppe Berto,
sottolinea Pierfranco Bruni, resta uno scrittore che ha attraversato
precisi generi letterari. Dalla ‘forma’ neorealista, che tale non è alla luce
di una rilettura estetica, ad uno scavo che è chiaramente psicologico. Ma in
tutto questo attraversamento ci sono tre aspetti rilevanti: il linguaggio, la
struttura dei testi, il suo confrontarsi con una visione metafisica della vita.
Nonostante la storia sia presente viene completamente attraversata e superata
perché alla fine restano i personaggi a raccontare il tutto. Da ‘Anonimo
veneziano’ a ‘ La Gloria ’. Uno scrittore importante in un Novecento che si
appresta a rileggere la sua temperie e la sua letteratura”.
Un Centenario per riaprire un dibattito sulla
figura di uno scrittore che attraversato generazioni ed epoche. Giuseppe Berto
a cento anni dalla nascita. Su questo autore il Centro Studi e Ricerche
“Francesco Grisi”, diretto da Pierfranco Bruni e il Sindacato Libero Scrittori
Italiani, di cui Bruni è il Vicepresidente nazionale, in occasione del
centenario della nascita, pubblicherà un saggio dedicato allo scrittore nato
Mogliano Veneto il 1914 e morto a Roma il 1978 dal titolo: “Giuseppe
Berto. La necessità di raccontare”.
Il saggio, curato e con scritti di Pierfranco
Bruni, apre un dibattito sul ruolo dello scrittore e l’importanza della
metafora tra linguaggio e forme narranti.
Pierfranco Bruni si occupa del rapporto tra
Berto e il Novecento letterario e le sue eredità con Albert Camus,
Gerardo Picardo si sofferma sugli aspetti “teologici” ed eretici del Giuda in
Berto, Gennaro Malgieri affronta gli elementi storico – politici e letterari
intorno a “Guerra in camicia nera”, Marilena Cavallo traccia un profilo
tra “La cosa buffa”, “Il male oscuro” e i “Racconti”, Neria De Giovanni si
sofferma sui legami strettamente critico – letterari e Micol Bruni raccorda la
dimensione calabra in Berto oltre a coordinare una bibliografia ragionata.
“Riproporre Giuseppe Berto a cento anni
dalla nascita, sottolinea Pierfranco Bruni, curatore dello studio,
significa anche contestualizzare un profilo del Novecento letterario e
culturale tout court attraverso libri che hanno segnato generazioni. È
necessario rileggere romanzi che hanno fatto discutere in anni di transizione
come: Anonimo veneziano e La gloria. Due
libri che ancora oggi propongono una chiave di lettura anticonformista”.
“In Giuseppe Berto, dichiara ancora Bruni, si
vive un intreccio non solo letterario, ma anche esistenziale e psicologico
tutto giocato tra amore e morte. Ovvero tra la capacità dell’amore di farsi
definizione ancestrale di un modello di vita, che ha in sé il senso del
destino, e la realtà della morte che diventa, nei suoi scritti, sempre più
consapevolezza di un andare nel di dentro della vita stessa senza la paura
della perdita.
“Uno scrittore, sostiene sempre Pierfranco
Bruni, che ha amato il mare e soprattutto la Calabria. Ho avuto modo di
raccontare ciò in due trasmissioni per la Rai , una di queste realizzata
con Marilena Cavallo”.
Nel 1947 esce Il
cielo rosso. Una storia il cui segno politico è preciso. Ma ci sono
altri libri che sottolineano il rapporto sempre più profondo, appunto, tra la
morte come consapevolezza di definito e la vita come attesa del definire.
Il male
oscuro del 1964 segna, comunque, il suo punto di riferimento non solo
letterario, ma anche esistenziale. È Il male oscuro che rende
Berto scrittore “nuovo” in un contesto in cui il legame letteratura e
psicanalisi costituiva un dialogo sempre aperto e discutibile. Ci sono i libri
di memoria come quello già citato del 1947 e poi Guerra in camicia nera
del 1955. Altri come Il brigante del 1951. Al 1978
appartiene La gloria in cui c’è un rapporto costante tra
Gesù e Giuda. Un libro tutto da rileggere e da rimeditare. La figura di
Giuda è centrale.
Del 1966 è La
cosa buffa. Un romanzo d’amore che, comunque, non raggiunge quella
tensione lirica alla quale lo stesso Berto tendeva. È con Anonimo
veneziano, negli anni Settanta, che l’incontro tra amore e morte trova
la sua più inquieta profondità.
“Riproporre oggi Giuseppe Berto, cesella
Pierfranco Bruni, significa, tra l’altro, percorrere intere stagioni del
Novecento letterario italiano. Di quel Novecento mai conformista e mai
allineato con le ideologie dominanti. Un Berto che va necessariamente
riproposto e restituito alla letteratura del nostro Novecento che necessita di
essere riconsiderato oltre i moduli ideologici e gli schemi realistici o
strutturalisti”.