L’attualità del dibattito tra Diritto e Ragione tra
Illuminismo e modernità della tradizione della filosofia di Edmund Burke
Di MICOL BRUNI
Sentimento del destino e sentimento della politica. Diritto e Ragione della
politica. Un raccordo che trova la sua chiave di lettura nel valore della
tradizione. La tradizione come recupero della centralità dell'uomo proprio
nella politica. Ma l'idea di politica, di cultura, di rivoluzione sono, ormai,
dei modelli etici che restano nella storia e molte volte caratterizzano
l'immaginario intellettivo fatto di utopie o eresie. Ma la politica ancora
oggi, nonostante tutto, dovrebbe assumere una di quelle valenze fondamentali
che decifrano i codici della vita. Purtroppo, la politica vive anche di
degenerazioni che prendono il sopravvento sugli stati d'animo, sulle emozioni,
sulle tensioni esistenziali.
Ci si trova a far fronte a delle situazioni che allontanano dall'impegno, ma il
guaio maggiore è che ci si allontana persino dal dibattito sulla politica
pensata perché questa si sostituisce non solo a quella urlata bensì a quella
che fa capo all'alienazione del confronto perché è così basso lo spessore della
dialettica che crea un distacco e una distanza. Non è una questione soltanto da
intellettuali. Ormai coinvolge più ambiti e le nuove generazioni non sono
immuni da questo distacco - distanza.
Proprio in un tale, contesto che considero effimero da una parte ma abbastanza
mediocre dall'altra, ci sarebbe bisogno di ritornare a quel pensiero pensato e
pensante espresso da Edmund Burke. Più mi avvicino o più mi riavvicino a questi
pensatori e a questi operatori seri, intelligenti, “intellettivamente” pronti
ad una dialettica sulle tesi della politica e delle idee più sono tentato di allontanarmi
dalla politica del quotidiano che ha invaso queste nostre stagioni. Burke è un
conservatore (che ha dato il senso compiuto oltre che le "radici" al
conservatorismo) d'altri tempi che pur vivendo un momento particolare e
difficile ha trasmesso dei valori che appartengono a quella dimensione
filosofica ed etica che manca all'attuale contesto.
I concetti di memoria, di passato, di ereditarismo sono per Burke dei
sentimenti e si offrono ai popoli come valori condivisi: "I popoli che non
si volgono indietro ai loro antenati non sapranno neanche guardare al futuro.
L'idea ereditaria, infatti, fornisce un principio sicuro di conservazione e di
trasmissione senza affatto escluderne uno di miglioramento".
Per un pensatore e per un politico come Edmund Burke che visse tra il 1729
(nato il 12 gennaio) e il 1797 (morto il 9 luglio) l'idea di rivoluzione è
paradossalmente un processo che ha fatto esplodere l'identità della tradizione.
In altri termini non c'è rivoluzione più affascinante e più emblematica del
rapporto tra tradizione e conservazione. E' piuttosto un fatto di identità che
si innerva nel ritorno non fantastico dell'idea di memoria. E la memoria non è
un fatto individuale. Coinvolge, invece, i popoli e le civiltà. I quali non
resistono al tempo attraverso la ragione ma grazie alla consapevolezza del
sentimento di appartenenza e quindi grazie ad una educazione alla politica
della tradizione.
La politica potrà essere salvata, oggi più che mai, da una attenta riflessione
sull'orizzonte di senso che ci proviene dalla filosofia dell'essere. Insomma
una strategia di un pre - politico che la dice lunga anche su una progettualità
politica molto amata da Burke, che mira, in fondo, alla ricerca degli esiti
fondanti non del dire della politica ma dell'essere stesso della politica. Mi
pare più che appropriata, in questa attuale fase politica, la distinzione tra
partito e fazione. Da questo punto di vista tutta la riflessione su Burke è di
estrema attualità. Soprattutto in un processo di revisione globale che
coinvolge il monopolio delle ideologie e soprattutto ancora perché gli scismi
tra il post e l'anti comunismo non possono che avere una sede di dibattito
serio se non partendo dal post - Illumisnimo e dalla stagione del
"terrore".
Il sentimento del destino è una componente affascinante che centralizza
l'uomo nel tempo. Appunto al di là dell'ideologia o dei potere come obiettivo.
In un passo di "Ricorso dai nuovi agli antichi Whigs di Burke" si
legge: "Non è necessario insegnare agli uomini ad essere assetati di
potere. E' invece molto adeguato che attraverso l'istruzione morale si insegni
loro quanto dovrebbe poi essere tramutato in legge dalle costituzioni civili, e
cioè a porre molti freni allo smodato desiderio di potere".
Questo concetto in questo nostro tempo di spaesati viaggi e di disorientati
futuri è chiaramente un disegno di una geografia che conosciamo bene. Di
"difficile e cruciale problema" parla Burke. Ha ragione. Un
precorritore. Ci servirà il suo insegnamento proprio in questa stagione
politica le cui contraddizioni sono palpabili: tra etica, morale, intelligenza,
capacità, impegno e che altro? Ma dovremmo avere anche il coraggio di
testimoniarlo nei vari contesti della politica.
La crisi della ragione non è soltanto un fenomeno filosofico e basta. Ha una
sua ossatura politica che è stata ben strutturata all'interno di quelle
filosofie del cosiddetto "progresso" che non possono essere scisse
dalla devastante deflagrazione della facile mitizzazione del rivoluzionarismo
che ha defenestrato la religiosità dell'uomo. Diritto e ragione sono i pilastri
di una politica post ideologica. Burke resta un riferimento nel recupero
dell’umanesimo della tradizione anche in un tempo in cui dominava la Ragione
dell’Illuminismo.