Infoibati dalla
criminalità comunista soltanto per essere ITALIANI
Il Genocidio degli
Infoibati –
La scuola italiana,
nel nome dell’Identità di Patria, ha il dovere morale di non far dimenticare
di Pierfranco Bruni
Mi
è stato chiesto, come ogni anno di questi giorni, di scrivere una mia
riflessione, un articolo, un saggio un pensiero, al di là della destra e della
sinistra, sulla tragedia delle Foibe e degli infoibati, dalla criminalità
comunista devastante e carnefice.
Questa
volta non lo farò anche se è necessario non dimenticare la studiata strategia
comunista in un’Italia a guerra finita. Sento il dovere, per la mia storia di
italiano vero, per la lealtà verso la Patria italiana, verso i valori della
vita di raccontare unno dei tanti episodi che mio padre mi ha lasciato.
Chi
non ricorderà questa giornata, chi, negli organismi educativi e scolastici, non
avrà la volontà, la capacità, il senso dell’umano di parlare della tragedia
degli infoibati o non conosce la storia, quella storia in particolare, o non ha
il coraggio di affrontare determinate questioni o continua ad essere ancora
comunista.
Soprattutto
la scuola italiana ha il dovere di non dimenticare il Genocidio degli
Infoibati.
Ovvero,
come ebbi a dire in un mio recente articolo filosofico, c’è ancora qualcuno ad
essere convinto che il comunismo ha una visione che porta alla “barbarie dal
volto umano” (fu il grande dibattito filosofico nato e animato in Francia a
metà degli anni Settanta tra Gluksmann ed Henri Levi).
Le
solite menzogne di un cultura senza il senso della cultura vennero alla luce.
Ebbene. Non parlerò di ciò ma voglio raccontare, con poche parole, la storia di
Iliana, una giovane donna dalmata, e Gabriele, un giovane riccioluto di Fiume,
che si trovava in Dalmazia a casa della sua “morosa”.
Una
storia come tante altre. Una storia che dal 1943 sino al 1947 e 1948 ha
interessato non i tedeschi, non i russi, non gli ebrei di Israele e
Gerusalemme, ma italiani. Italiani in difesa della patria.
Italiani
che nel nome dell’Italia sono stati infoibati vivi tra le urla e le grida di
uomini, donne, ragazzi nelle fosse della morte… Ecco…
Iliana e Gabriele: due “morosi” infoibati
per essere stati Italiani in Patria
Era
tempo di primavera. Il sole picchiava sui casolari della campagna dalmata.
La
guerra era finita ma per Tito e la Jugoslavia comunista nulla era finito. Il
collaborazionismo togliattiano era a conoscenza dei crimini.
Iliana
per tutta la giornata era rimasta a tagliare l’erba che si era alzata oltre il
porticato del giardino che custodiva la casa. Gabriele studiava per definire la
sua tesi di laurea.
Erano
italiani. Non erano mai stati fascisti. Non avevano combattuto neppure la guerra
partigiana. Innamorati dell’amore e l’idea di Patria costituiva la bandiera di
un ideale nel nome della condivisione profonda dei valori cristiani.
Gabriele
portava al collo la Croce di San Francesco. Iliana si recava ogni mattina ad
una piccola chiesetta di campagna per pregare e affidarsi al dono della fede.
Ogni mattina.
La
guerra sembrava lontana o si immaginava finita. L’Italia era diventata
repubblicana.
Una
notte arrivarono nel recinto di casa due auto. Scesero le “armate rosse” nel
nome del comunismo della libertà. Massacrano conigli, galline e un cane che
abbaiava più del dovuto venne sparato alla testa.
Al
rumore dello sparo Gabriele e Iliana si svegliarono improvvisamente. Fu un
disastro. Si trovarono davanti al letto tre uomini armati di fucili e mitra con
gagliardetti rossi. C’erano tre titini e uno italiano. L’italiano prese la
parola: “Il tribunale comunista vi ha processato e vi ha condannato. Siete
stati giudicati”.
Li
spinsero fuori dalla stanza. Iliana era in vestaglia trasparente. Una vestaglia
rosa e Gabriele aveva soltanto dei mutandoni. Li spinsero da una stanza ad
un’altra. A calci, pugni, sputi. Iliana più volte inciampò sotto i calci dei
tre gagliardetti tossi che con i fucili puntati spingevano i due “morosi”.
Qual
era la loro colpa? Erano semplicemente ITALIANI. Sul tavolo di cucina erano
sparsi alcuni libri che servivono a Gabriele per concludere la tesi che aveva
per titolo: “Dante nell’umanesimo della cultura”. Strapparono i libri.
Condussero Iliana e Gabriele su un camion militare con una vessillo falce e
martello nel rosso di una stella.
I
comunisti titini e il comunista italiano ritornarono nella casa, ammucchiarono
tutto al centro. Le poche sedie, i tavoli, indumenti, i libri e misero fuoco.
Al primo impiglio di fiamma Iliana gridò: “E’ tutto quello che ho”. In lingua
incomprensibile un titino fucile in mano sparò dei colpì dicendo: “Nelle fosse
non ti serviranno più”.
Il
camion partì. Iliana e Gabriele vennero legati con delle corde alle barre
laterali interne del camion.
Giunsero
in una zona rocciosa. Li fecero scendere. Furono bendati. Partirono due colpi
di pistola dritti alle gambe di Iliana e Gabriele. Con un’altra corda vennero
legati alla vita e furono buttati in una fossa tra le rocce. Lì c’erano altri corpi
e i lamenti si scontravano con gli echi di altri lamenti.
Di
Iliana e Gabriele non si seppe più nulla. Tuttora non sappiamo nulla. Nella
casa bruciata soltanto cenere.
Qualche
tempo dopo, in estate, un foglio ingiallito si era incastrato tra i rami di un
uliveto. Portava un appunto: “Dante e la cultura dell’umanesimo”.
Erano
semplicemente ITALIANI. Per anni nessuno si ricordò dei morti infoibati, anzi
dei vivi infoibati per mano comunista. La storia non si ripete ma la storia va
raccontata.
Iliana
e Gabriele sono rimasti intrappolati tra le foibe e per amore e per l’Italia e
per le nostre coscienza non vanno dimenticate.
Ora
cosa aggiungere? È verità, è letteratura, è realtà? O è soltanto una
ricostruzione delle tante storie vissute e sofferte? È la ricostruzione di
pensieri che affollano altri pensieri.
Mio
padre, che non ha mai rinnegato di essere stato Italiano e Fascista ed ha
sempre condannato le Leggi sulla Razza del 1938, mi ha raccontato questa storia
dicendomi: “I comunisti sono stati sempre criminali. Quelli guidati dal
criminale Tito hanno trucidato, in nome dell’italianità, gli italiani. Ma i
comunisti italiani, in quegli anni, sono stati i peggiori. È stato un vero e
proprio genocidio perpetrato contro l’Italia e l’a sacralità dell’identità
nazionale”.
Perché
si è voluto il Giorno del Ricordo?
Erano
semplicemente due “morosi”.
Gabriele
amava Dante. Iliana ogni mattina raggiungeva una piccola chiesetta nella
campagna dalmata.
I
comunisti sono comunisti!
Quante
storie come questa storia sono state vissute in una Nazione che si chiama
Italia. Quanti Italiani sono stati precipitati nelle foibe dal crimine
comunista soltanto perché sono stati dichiarati ITALIANI.
Non
aggiungo altro. Un genocidio che ci rimanda al genocidio degli Armeni.
Sono
storie da non dimenticare e mai da assimilare alla tragedia degli ebrei. Mai! È
proprio vero “La verità non può essere infoibata”!