Chi ha solo una passioncella,
specie se in pensione e si dedica nei ritagli di tempo a fare qualche statuetta
in legno, insomma a scolpire il legno a Terlizzi, come a Taranto ed in
qualsiasi parte del mondo sale in alto sui gradini della scala e dice: sono un
artista, uno scultore, un poeta, uno scrittore, un grande, e pussa via il vulgo
sciocco.
E’ chiaro che questi signori velleitari non hanno la mia stima e, se
si fregiano del titolo di professore, non sanno che voglia dire la parola: in primis essere laureati, poi vincitori di concorso ed iscritto all’albo.
Diversamente, solo un incompetente può dare detto titolo. Un tecnico di laboratorio resta tale, un imbianchino dipinge con la calce le pareti di una
casa e basta. Chi scrive due parole l’una sotto l’altra non è un poeta, chi sa danzare non è un’artista, chi recita una commediola in dialetto non è mai un attore di commedia. Si confondono i termini ed ognuno si sente , a modo suo, un grande delle musica, della tragedia, della cultura in genere anche con la terza elementare di un tempo.
Intendiamoci: ognuno fa quello che può e vuole e va bene, ma pretendere il nome di professore o scultore è troppo, anzi presuntuoso e dannoso per sé e per gli altri.
Tutti
sono maestri anche il calzolaio dietro l’angolo di casa mia, tutti gli immigrati in Italia sono laureati e si riducono a raccogliere i pomodori o fare le badanti. Le veline, gli acrobati, i giocatori del pallone, tutti davvero scrivono un libro e si definiscono scrittori, senza conoscere la grammatica e cosa sia un ossimoro. Questi signori non danno alcun contributo alla società,
sono soltanto delle botti piene di vanagloria e iattanza: io sono io e basta.
Non sanno di essere nessuno ed ancor peggio chi li fa sentire autorevoli conferendo coppette e diplomi, come chi davvero contribuisce alla cultura.
Al mio paese, conosco uno storico insigne che si chiama Don Gaetano Valente, studioso ed umile. Nella musica, basta solo sapere parlare e si definiscono
musicisti, senza conoscere nemmeno cosa sia un pentagramma. Il bidello si chiama collaboratore, uno spazzino collaboratore ecologico, un handicappato
diversamente abile ecc. ecc: tanto di cappello per questi mestieri e gli sfortunati portatori di handicap, ma cambiando le parole la sostanza non cambia per niente. L’ictus è un ictus e basta.
Nei paesi , si accentua il fenomeno. Un falegname diventa scultore, un artigiano bravo maestro, un insegnante delle scuole elementari professore, un ciabattino laureato in scarpologia.
Non conoscono Seneca, Virgilio, Hugo, Dante , Machiavelli , non sanno nemmeno della loro esistenza e che hanno lasciato dei capolavori. "Ad ognuno il suo", il vecchio e valido motto, si, lo condivido. Le dita della mano non sono uguali ed avere la pretesa di essere un Dante o un Aristofane è davvero un’ eclatante presunzione,
basata sul niente.
Non si può negare a nessuno quello che vorrebbe fare, lo
faccia, ma per carità non pretenda che altri lo glorifichino o lo osannino come vate e salvatore della poesia o della scultura. Scultori, poeti, drammaturghi
non sono certo i paesani improvvisati che dovendo perdere tempo si danno all’arte che è altro delle loro intenzioni. Mi limito ad elencare i veri scultori dai
velleitari e vedere, studiare le loro opere. Nulla a questo mondo si improvvisa, l’arte presuppone studio intenso, fatica, lavoro , fantasia, creatività, originalità, impronta universale e ognuno può esclamare: quanto è bello ! Cito solo alcuni nomi : Brunelleschi, Donatello, Michelozzo, Luca della Robbia, Pollaiolo, Rizzo, Sansovino, Michelangelo, Rustici, Vasari,
Bernini, Rusconi, Canova , Bartolini, Medardo Rosso, Andreotti, Modigliani, Boccioni, Marini, Mazzacurati, Mastroianni, Cascella, Giò Pomodoro, De Laurentis, Vangi, Paladino e tanti altri che tralascio. Non mi piace osannare le mezzecartucce, il mediocrume imperante , fare passare per artista il velleitario soltanto.
Un conto è Buonvensin della Riva altro è Dante, un conto
è un novelliere del trecento altro è Giovanni Boccaccio. Prima di salire sulla scala della gloria, ci vuole umiltà e studio indefesso. Non ci vengano a raccontatore cicerchie dell’autodidatta che non solo è fatto raro nelle storia, ma sotto c’è tanto di studio e invenzione come nella scienza. Oscar Wilde chiamava stupido un amico cui additava una stella, ma l’amico guardava solo il
suo dito . Un cittadino potrebbe fare quello che meglio gli aggrada, nessuno gli direbbe nulla, ma se quel tale avanza pretese, onori e successi, fama e stima, allora quel tale è solo un emerito cretino da lasciar perdere.
Ai più piacciono i pacchi delle TV, Conti dell’Eredità, la Clerici della cucina e basta. Abbiamo in Italia un immenso patrimonio di cultura e grandi in ogni campo delle scienze e delle arti, davvero vasto, ma questi vengono ignorati, da Seneca a Terenzio, da Manzoni a Tibullo , Sallustio, Ovidio ecc. ecc. A Terlizzi vige la facile esaltazione e gratificazione, ma avviene ovunque e nessuno ha il coraggio civile di sceverare l’arte vera dalla falsa, il
grande scultore dal falegname domenicale e si capisce che chi non la pensa cosi come ho detto, si dovrà arrampicare sugli specchi per dire il contrario. E’ arduo il cammino dell’arte, si nasce con quel bernoccolo, ma poi bisogna
studiare e studiare, attendere, leggere, scoprire gli altri che sono vicini, alle nostre spalle.
Lo stupido non sa di esserlo, là dove manca il senso della misura, l’umiltà socratica: "so di non sapere", allora si inciampa nel ridicolo e solo gli
imbecilli riescono a battere le mani, qualunque cosa faccia il mediocre osannato.
So bene che potrei essere aspramente criticato, ma almeno si sappia distinguere l’artista vero dallo pseudo. lo scultore in marmo o legno da chi ha solo tempo da perdere e si dedica all’intaglio di un pezzo di legno che ha trovato nella cantina.
Povera arte ! Meno male che il tempo spazza via con la sua scopa inesorabile il sudiciume degli imbrattatele, degli scultori, dei tanti professori che non lo sono, ma che si lasciano chiamare cosi, senza fiatare. Questa corsa al mediocre ed al vuoto è purtroppo inarrestabile . La nostra TV è maestra di questa” Livella “ di Totò.
Se uno scrive un buon romanzo e lo dice all’altro, subito gli viene risposto: anch’io ho nel cassetto un’opera che non vogliono pubblicare perché non sono capito.
Verranno i posteri invece, verrà la pioggia che pulisce e netta e i posteri avranno la testa altrove.
Preside Giovanni Parisi.
Taranto:
6-2-2014