Dall’io invisibile all’io trasparente
nel mondo sciamanico della
poetica di Pierfranco Bruni
di Miriam Katiaka
Qual
è il legame tra “Asmà e Shadi” (2013) e “Che il dio del Sole sia con te” (in
distribuzione proprio in questi giorni) di Pierfranco Bruni, entrambi editi
dalla Casa editrice Pellegrini, in un filo non solo puramente letterario
(quindi poetico), ma anche estetico (se non “teoretico” con una griglia
simbolico – filosofica)?
Credo
che per poter leggere attraverso una visione in cui la letteratura assume la
“geografia” del sublime bisognerebbe partire da altri due romanzi e da due
libri di poesia pubblicati da Bruni negli ultimi anni.
Il
centro di queste metafore tra l’incontro delle culture Occidentali, quelli Orientali
(in particolare la ricerca che potrebbe sembrare conflittuale o contradditoria
tra il Tibet e l’Islam) e il mondo indiano d’America è catturabile
nell’incrocio del romanzo “Il mare e la conchiglia”, che risale al 2007 (ancora
Pellegrini) e “Come un volo d’aquila” (Nemapress 2013).
Due
percorsi che sembrano completamente differenti, ma trovano i loro punti di
incontro nell’infaticabile, per Bruni, tema del viaggio e la dimensione della
contemplazione. C’è viaggio e memoria tra il mare e la conchiglia e c’è una
attesa contemplante nel simbolo dell’aquila.
Nell’intermezzo
di questi due libri c’è un marchio che resta indelebile nello scrittore Bruni e
si tratta dello spazio esistenziale che unisce l’interazione tra “Ti amerò fino
ad addormentarmi nel rosso del tuo meriggio” che risale al 2009 (edito CSR) e
“La bicicletta di mio padre” (sempre Pellegrini, datato 2011).
Un
lungo racconto in versi, il primo, nel quale parla l’amore ed è l’amore nella
sua infinitudine che ha voce sia in termini dannunziani sia sul mosaico, tanto
caro a Bruni, di un paesaggio prevertiano, lorchiano e pavesiano.
Un
romanzo sveviano e bertiano, invece, resta “La bicicletta di mio padre” nel
quale ci sono due lezioni ben definite che sono quella di Mircea Eliade e
quella di Carlos Castaneda. È qui che compare, soprattutto nelle ultime, pagine
la figura, che diventa oramai personaggio insostituibile, dello sciamano. Lo
stesso sciamano che campeggia in “Che il dio del Sole sia con te”.
Dal
guerriero della luce del romanzo del 2011 al guerriero impareggiabile del “dio
del Sole”. La dimensione, comunque, che si focalizza, è dettata, essendo
impregnata di un sostrato lirico – sacrale, costantemente dallo sguardo
onirico. Il sogno è dentro la ragnatela della fantasia e questa è nel cammino
immutabile del concetto di mistero.
Da
questo punto di vista, in Pierfranco Bruni, diventa indispensabile parlare di
una vera dichiarazione religiosa. Per Bruni la letteratura non è teologia, ma è
il necessario inciso tra filosofia e poesia dentro la metafisica del mistero,
la cui voce è un dialogante “memento” tra Giovanni Pascoli e Maria Zambrano,
autori ben presenti nel vocabolario bruniano.
Se
per Pascoli “I poeti hanno abbellito agli occhi, alla memoria, al pensiero
degli uomini la terra, il mare, il cielo, l’amore, il dolore, la virtù…” (da
“Il fanciullino” XX), per Maria Zambrano poesia e filosofia sono un incastro
nell’uomo che vive la sua modernità mai perdendo le rotte di Ulisse e la magia
di Calipso e mai dimenticando la presenza di Agostino, tanto che chiosa ogni
confessione in quella sua splendida definizione di poesia che è “La confessione
come genere letterario”.
La
religiosità di Bruni è tutta mistica. Forse il legame più forte tra “Asmà e
Shadi” e “Che il dio del Sole sia con te” consiste nel suo mistico affrontare
la parola come tensione non solo esistenziale, ma sostanzialmente estetica.
La
via dei dervisci danzanti e il canto dei “Cantici” (in “Asmà e Shadi”)
addirittura passa attraverso il colloquio del monaco tibetano che domanda allo
Sciamano del popolo Dakota l’armonia della bellezza.
Restano
due libri di una consistente e unica poeticità. Nella poesia come stato della
spiritualità insistono due “geografie reali” e sono riferimenti di questo
viaggio; dall’amore tra Asmà e Shadi all’amore di Aquila di Vento per Sorgente
di Luna: il mare e il deserto.
Sono,
infatti, due libri di mari e di deserti, ma il mare in sé e il deserto nella
sua spazialità sono la rappresentazione dell’uomo che viaggia in compagnia
della solitudine in un pensiero che ha la forza comunicante dell’io invisibile
con l’io trasparente.
“Asmà
e Shadi” e “Che il dio del Sole sia con te” sono il disegno di un mosaico in
cui metafora, sogno e la leopardiana visione del “rimembrare” non hanno più
peso, ma leggerezza, che è però, in Bruni, mai il dettato di un superfluo o di
un pensiero debole, piuttosto si tratta di un forte abbraccio tra mistero e
ragione.
È
naturale che, per uno scrittore e un poeta, è il mistero che trova il suo
senso. Il suo peso, direbbe lo stesso Bruni. Il mondo dello sciamano in “Che il
dio del Sole sia con te” ha una radice mistica e la religione degli uomini del
deserto o delle praterie o dei fiumi è sempre una religione in cui la luce e la
grazia parlano il linguaggio, come ricorda Carlos Castaneda, autore – compagno
di Bruni, del guerriero che per restare tale deve essere, nella vita,
impeccabile.
Se
le danze dei dervisci dominano il canto di “Asmà e Shadi”, in un Oriente di
straordinarie bellezze, le danze degli sciamani fanno cerchio intorno ai falò
(termine pavesianamente caro a Bruni) delle tende degli indiani Dakota o
Apache. Si potrebbe affermare che in Bruni c’è il senso dell’inattuale. Ma
questo inattuale conosce bene l’orizzonte della modernità e sa che soltanto
recuperando la tradizione si fa linguaggio contemporaneo.