L’ardire di sostenere la verità.
Quanti docenti, nelle scuole italiane, avranno le
palle per parlare della violenza comunista sugli infoibati e del Pirandello
Fascista?
di Pierfranco Bruni
Nelle
scuole italiane, e in modo particolare negli Istituti superiori con indirizzo
(chiamiamolo così) classico – umanistico, ma anche scientifico (mi riferisco ai
Licei), il Novecento letterario italiano, ma anche la storia del Novecento, la
filosofia e l’arte contemporanea sono mal studiati o studiati in modo
“scientificamente” conformista o con la dovuta “correzione” politica nel
momento in cui si tenta di entrare in autori o di fare affermazioni che sono
fuori dai canoni antologici.
Ci
sono responsabilità istituzionali, chiaramente. Ci sono responsabilità
pedagogiche per chi adotta i testi scolastici (alcuni con errori anche di
nascita e morte degli autori, come ho avuto modo di denunciare più volte).
Il
Novecento italiano si è studiato male e si continua a proporlo peggio. È da
anni che, come Sindacato Libero Scrittori Italiani, solleviamo una tale
questione e credo che sia giunto il momento di porre termine a questa
avventura.
Cosa
ci aspettiamo da una scuola che offre conoscenze dimezzate? Cosa ci aspettiamo
da docenti che non hanno il coraggio, direi dannunzianamente l’ardire, di
aprire una vasta dialettica su posizioni culturali, su autori non conformisti
alla vulgata, su vuoti che i libri di testo presentano, su strafalcioni che
passano inosservati?
Io
sono uno di quelli che ha fatto battaglia al tempo del mio disordinato Liceo.
Sono uno di quelli che ha studiato sul Salinari e Ricci, contestandolo dalla
prima all’ultima pagina, rischiando in nome della verità storica, ma il
Salinari e Ricci portava a chiare lettere una visione ideologica della
letteratura con una prassi filosofica sottolineata dall’inizio.
Io
sono uno di quelli che ha studiato sul Natalino Sapegno che non ho mai
accettato, ma Sapegno non commetteva errori di datazione. Piuttosto ti incalzava
ad approfondire una visione antistoricista della letteratura.
Io
sono uno di quelli che non ha avuto la fortuna di studiare sul De Felice (se
non all’Università, ma per mio conto) ma sul Villari, ma Villari trattava il
Fascismo da vero antifascista con schiettezza.
Oggi
con i moduli c’è un apprendistato al pressappochismo. Ci sono letterature
antologiche che dedicano moduli a Sartre e dimenticano Camus. Sapete perché? Ci
sono storie antologiche che aprono intere finestre su Moravia relegando Pavese
a scrittore neorealista. È una vergogna.
Ci
sono testi che fanno morire Ignazio Silone nel 1977 invece dell’agosto 1978.
Nonostante la denuncia si è continuato su questo errore con buona pace di chi
ha riadottato il testo. Vergogna.
Ma
in quale Italia scolastica e culturale viviamo? È buono e giusto dire che
Pavese ha avuto la tessera del PCI e perché non si dice, con documenti alla
mano, che è stato Fascista, tesserato e ha fatto voto al Fascismo con delle
missive sue e della sorella indirizzate al Dux della Patria?
Quante
sono le pagine dedicate alla storia delle Foibe? Da quando se ne parla? Cosa si
fa realmente nelle scuole per educare alla conoscenza di ciò che è stato il
comunismo e la violenza comunista in Europa e nel triangolo della morte?
Quale
rapporto c’è stato tra il comunismo italiano e quello titino proprio negli anni
degli infoibati? Bene, quanti docenti avranno il coraggio di fare un
parallelismo tra il Nazismo e il Comunismo? I due mali assoluti? Quanti avranno
il coraggio di dire che i morti ebrei e i morti infobati non appartengono alle
categorie A e B? Quanti avranno il coraggio di parlare dei campi di
concentramento comunisti e degli arcipelaghi solgenezziani o del genocidio
armeno per mano ottomana e poi comunista?
Quanti
avranno il coraggio di dare un senso politico alla visione del Machiavelli
maestro indiscusso del primo Mussolini? Il Machiavelli filosofo e non
letterato. Attenzione. Il Novecento non si studia con le novelline
cattocomuniste del vogliamoci bene e dell’odio classista verso i non
comunisticattolici.
Signori
miei è ora di finirla. I docenti tirino fuori le palle, con la libertà delle
prove e dei testi, e dicano tutte le verità scomode ai ragazzi. Ma devono
conoscerla, nella verità documentata, la storia. Devono interpretarla la
letteratura e devono scavare nei testi e non proporre pagine tagliate dalle
antologie politicamente scorrette o passate da annotazioni critiche
accomodanti.
Molti
docenti dovrebbero ristudiare la cultura e l’identità italiana basandosi non
sul già detto, ma sui documenti, sulla ricerca, sul costante studio. Lo so che
è difficile, ma almeno dovremmo avere il coraggio di dire che Pirandello, e
Pirandello è un pilastro del Novecento europeo, è stato tessera Fascista
proprio nel momento in cui Mussolini era stato accusato del delitto Matteotti,
ovvero 1924.
Pirandello,
per rispondere alle accuse rivolte a Mussolini, chiese volontariamente la
tessera del PNF. Non si può capire Pirandello e la giostra della sua ironia
sui personaggi, che recitano a soggetto, se non si comprende la formazione e la
cultura Fascista di Pirandello.
Come
si fa a spiegare a un ragazzo D’Annunzio senza Fiume, senza l’Interventismo,
senza la Carta del Carnaro, senza l’Alalà, senza il suo rapporto con Mussolini?
Come
si fa a raccontare Pascoli senza penetrare il socialismo nazionalpopolare e il
suo discorso di Barga? Raccontiamo favolette e non la vita vera e la formazione
di un autore? Pascoli anticipa, con le sue posizioni, la guerra Fascista in
Africa.
C’è
qualche docente a rischiare un pizzico di verità raccontando la storia con la
verità dei documenti o recitiamo soltanto il gioco delle tre carte nel dire che
il più grande filosofo del Novecento italiano è Bobbio con il resto di Gramsci,
ma quale Bobbio? Il Bobbio Fascista e messo in cattedra da Mussolini o il
Bobbio che rinnega tutto scordandosi di essere stato Fascista?
Chi
ricorderà quest’anno il settantesimo anniversario dell’uccisione comunista di
Giovanni Gentile avvenuta nel 1944?
È ora
di smetterla. Perché altrimenti, come diceva il mio amico Franco Califano,
tutto il resto è noia. Già, è conveniente non modulare Cesare Pavese e
innalzare altari a Italo Calvino. Perché? Perché verrebbe fuori che Pavese non
solo è stato Fascista, ma è stato anche un accanito anticomunista e “La luna e
i falò” resta, per chi lo sa leggere, il manifesto dell’anticomunismo
resistenzialista.
Questi
fatti non bisogna raccontarli, altrimenti verremo indicati con il dito come se
fossimo dei pazzi. Ma solo i pazzi, signori miei, possono dire la verità perché
conoscono la verità e perché appartengono, questi pazzi, ad una generazione che
non ha mai tradito valori, ideali ed eredità.
Sono
figlio di una nobiltà di valori che non ha mai tradito e ha saputo camminare
con la coerenza delle idee. Una generazione tra le eredità che può vantarsi di
guardare gli altri negli occhi senza mai abbassare il capo.
Vi
invito, se posso permettermi, a leggere un libro di Nino Tripodi, in cui si
parla degli intellettuali e degli scrittori tra due bandiere o a sfogliare le
annate della rivista “Primato” di Giuseppe Bottai.
In
entrambi c’è letteratura, c’è arte, c’è storia, c’è filosofia. Il primo grande
dibattito sull’Ermetismo, con firma Montale, cominciò su “Primato”, il primo articolato
dibattito sull’esistenzialismo, con firma Abbagnano, aprì una forte dialettica
su “Primato”, i valori artistici e plastici dell’arte contemporanea vennero
sviluppati su “Primato” con l’allora Guttuso Fascista, diventato poi icona del
comunismo. Erano gli anni che andavano dal 1940 al 1943. Pensate agli anni
precedenti.
Ebbene
sì, sono documenti e con i documenti si fa la cultura di una Nazione e si
costruisce una identità, misera o nobile, e sui documenti si dovrebbe basare la
formazione, condivisa o meno, di generazioni.
Il
resto, in quest’Italia allo sbando, è veramente noia. Ma quali e quanti docenti
avranno le palle, con il coraggio della verità, per parlare del rapporto tra
Nazismo e Comunismo, e del loro parallelismo, e della violenza comunista sugli
infoibati?