La
necessità e il bisogno, in questo nostro tempo di divagazioni, si “inceppano” davanti
a un processo politico che ha come referente la menzogna del realismo, che
supera l’immaginario della realtà. Se la politica ha perso la sua struttura e i
suoi limiti non ci sono soltanto responsabilità immediate della politica come
elemento pensante.
La
politica è un esercizio tra la società e l’economia. Nonostante sia il
presupposto per guidare la transizione delle società e lo sviluppo
dell’economia legato a un tempo che non può essere immobile. Il problema serio
è che, dopo la fantastica caduta delle ideologie, la politica è diventata una
sovrastruttura nel mero mercato dei poteri.
Questo
non significa che non fosse tale anche prima. Ma i due elementi caratterizzanti
della politica come religione delle idee e progettualità economica trovano nel
pensiero filosofico il diritto di manifestarsi attraverso le ideologie stesse.
Il
vento dell’Est ha spazzato le ideologie ed è rimasto soltanto il vento che
soffia sulle macerie. Gli “ismi” non sono stati abbattuti. Sono implosi. I
fascismi sono implosi. Il comunismo è imploso. Altrimenti avrebbero ancora
dominato la piazza.
Nonostante
tutto le ideologie avevano una loro filosofia. Non si può parametrare il
rapporto tra menzogna e ideologia. Probabilmente la menzogna è diventata
necessità e bisogno dentro una politica senza più una filosofia.
Il
dato centrale è che occorre prendere coscienza che ogni Stato o si governa con
una filosofia della politica, e quindi con una ideologia del fine e del mezzo,
o la stessa visione di democrazia diventa occultata con l’esercizio di
strutturare il potere nei vari poteri senza una causa e una efficacia che sia
ideologica.
Ma
è chiaro che, venendo meno l’ideologia come filosofia della politica, è emerso
il condizionamento di una economia della filosofia. Ormai non si trasmette più
una idea. Piuttosto si trasmettono modelli economici dentro le società.
Un
altro aspetto significativo è che oggi non viviamo nell’epoca della
competizione delle idee. Si è tutto relativizzato. La filosofia vincente, se
vogliamo chiamarla tale, è quella del relativismo che ha, comunque, le sue
forti basi in un materialismo non dialettico e in uno storicismo pragmatico e
marxista. Questo dimostra che anche se i comunismi sono crollati ciò che è
rimasto in piedi è la spaccatura tra idea, ideologia e funzione politica.
Il
materialismo storico, se vogliamo dirla tutta, si è trasformato in un
relativismo che si agita tra la necessità e il bisogno. Ciò che avrebbe dovuto
fare da argine, o dovrebbe fare da argine, è la cultura dell’umanesimo, ovvero
quella cultura legata alla tradizione, ovvero quella visione della società che
allontana la focalizzazione sull’individuo e favorisce la centralità della
persona.
Il
marxismo, trasformatosi in relativismo, ha trovato sempre una parte dialogante
e accogliente nel mondo cattolico. È sorprendente come la Chiesa del progresso,
incarnata oggi da papa Francesco, venga costantemente elogiata dai modelli
relativisti e non venga accolta pienamente dalla cultura tradizionalista. Tutta
la cultura che si identifica in quella del processo progressista ha un
riferimento nella realtà cattolica di papa Francesco. Il tradizionalismo vede
in Benedetto XVI ancora un faro.
Sono
incisi che dovrebbero porci in ascolto di tutto ciò che accade nel momento in
cui non si comprende il rapporto tra necessità e bisogno. C’è in atto una
lacerazione ed è, negativamente, straordinario come la Chiesa non voglia (o non
ha la forza) prendere atto di ciò.
Crollati
gli “ismi” sono rimasti il dogmatismo e la certezza del dubbio. La teologia e
la filosofia sono mancanti. Non possiamo pretendere che la chiave di lettura o
il riferimento che vorremo ci venga dalla politica recitata al teatro della
menzogna.
È
tempo di dubbi, ma è anche tempo di porre tra le pagine della nostra vita, in
questo tempo, una dichiarazione di ragione legata alla filosofia robusta
dell’essere, che possa superare l’esercizio abituale al relativismo. Soltanto
una filosofia della “fortezza” può, nel tempo dell’insostenibile divagazione,
recuperare l’elogia della persona.