di Pierfranco Bruni
Nell’anno in cui ricorre il Bicentenario della
nascita dell’Arma dei Carabinieri (1814 – 2014) riproporre, attraverso una
letteratura che ha posto all’attenzione il ruolo del Carabiniere, l’idea di
identità nazionale significa dare corso anche a quel Risorgimento “mancato” o
incompiuto che trova il fulcro proprio nel primo Ottocento. 1814, ovvero
l’istituzione della Benemerita, è l’anno in cui si intrecciano questioni
internazioni con una Europa che puntava all’Italia Unita e la fedeltà dell’Arma
ai principi identitari nazionali ha costituito un punto centrale. Francesco
Grisi ha raccontato la storia dei Carabinieri e parimenti ha posto
all’attenzione il “profeta” del Risorgimento, ovvero Giuseppe Mazzini.
Non c’è soltanto il verde, il bianco e il
rosso. I colori. O il colore che riempie di vita la storia. Negli scritti di
Francesco Grisi, nato a Vittorio Veneto il 1927 e morto a Todi il 1999,
dedicati al Risorgimento, ai personaggi che hanno fatto e attraversato quel
Risorgimento che recita l’Unità d’Italia. In questo discutere di identità
nazionale c’è un Risorgimento dei vincitori e c’è un Risorgimento dei vinti.
Come accade sempre nella storia e nella vita.
Ma Francesco Grisi, figlio di Maresciallo
maggiore dei Carabinieri, da scrittore e da storico “militante”, penetra i
dettagli del Risorgimento attraverso la figura di uno dei “profeti”, come ben
definito da Giovanni Gentile nel suo autentico e straordinario scritto su “I
profeti del Risorgimento italiano”, (1923), qual è Giuseppe Mazzini. Al
1995 risale il “Giuseppe Mazzini”, Rusconi, di Francesco Grisi.
Grisi riesce a scavare nella storia
dell’Ottocento sia con il Risorgimento sia narrando il Risorgimento dentro la
contemporaneità con “Storia dei Carabinieri”, Piemme 1996. Anche
quando la storia sembra prendere il sopravvento il narratore si libera di
alcuni schemi analitici per raccontare con il fascino di un linguaggio che
coinvolge sul piano emotivo.
Grisi, in fondo, recupera il Mazzini
dell’utopia e nell’utopia. «Guardatevi dai falsi profeti, guardatevi dai falsi
predicatori di libertà». Una riconsiderazione “evangelica” che Giuseppe Mazzini
trasporta nella sua missione rivoluzionaria. È su questa linea sulla quale la
storia ha tracciato la sua Idea, ma anche la sua metafora, che Giuseppe Mazzini
compie quel Risorgimento che diventa, per l’Italia, un destino. Fu anche,
Mazzini, quel navigatore solitario che ha illuminato il cammino
attraverso l’offerta di utopia e, perché no, di fantasia.
La storia dei popoli è storia di utopia e di
fantasia. Lo diceva bene Vico. Mazzini realizza la sua “rivoluzione” (che fu la
vera rivoluzione di una Nazione) grazie a quella utopia che «non è l’isola
attesa di Tommaso Moro ma l’incessante lavorío per fabbricare sogni, dare
speranze e illuminare di illusione la storia del Risorgimento italiano».
È anche su queste tesi che dibatte il libro di
Francesco Grisi. È un libro (una biografia, un saggio storico, un viaggio nella
nostalgia di un popolo attraverso la riscoperta del sentimento di Nazione) che
farà discutere per diversi motivi. Primo, perché il rapporto tra Mazzini e
Cavour e tra Mazzini e Garibaldi segna un percorso originale all’interno del
processo storico e politico risorgimentale. Secondo, perché Mazzini
costituisce, oggi più che mai, una rilettura non solo dell’Unità d’Italia ma
permette un confronto, in termini culturali, sul ruolo di destra e sinistra.
Terzo, perché Mazzini ripropone la caratteristica dell’eroismo. Quarto, perché
ci dimostra, Mazzini, che la storia ha bisogno anche della fantasia.
Scrive Grisi: «La storia dei popoli non si
svolge a parentesi quadre ma a spirale, in una linea circolare. Mazzini sconfitto,
esiliato, vituperato, allontanato rimase sempre nella vigile coscienza del
popolo italiano che alla sua morte gli tributò solenni onoranze».
Francesco Grisi, in fondo, ci fa capire come il
vero avversario di Mazzini non fu Garibaldi ma Cavour. Mazzini recupera la
tradizione estraneandosi dalle proposte illuministe. Su questa tesi Grisi
sottolinea con forza. «Il vero avversario di Mazzini fu Cavour che aveva
intuito un fatto elementare già sufficientemente spiegato dagli storici del
tempo. Aveva capito che il Risorgimento si faceva soltanto attraverso la
politica estera e l’intesa tra le nazioni che gravitavano intorno all’Italia
(Francia, Austria e Prussia). Per Cavour i compromessi internazionali erano
molto più importanti degli eserciti, dei plebisciti e delle rivoluzioni locali.
Cavour è figlio dell’Illuminismo e della Ragione mentre Mazzini è figlio di
quell’eterna illusione che nella libertà trova le profonde ragioni del
cambiamento».
Mi pare che sia un tesi non solo originale ma
significativa all’interno del dibattito che si è sviluppato nel corso di questi
mesi. D’altronde, Mazzini è nelle proposizioni culturali affrontate e dibattute
da Giovanni Gentile intorno al quale ruota quella filosofia dell’essere che
contraddistingue l’identità culturale e storica di una Nazione.
Francesco Grisi ci porta, in questa biografia,
il personaggio, l’uomo, il rivoluzionario, l’italiano e il pensatore. È
da qui che bisogna “ripartire” per spiegare la vita di quei personaggi che
hanno dato senso ad una Nazione. Rileggerlo è anche riscriverlo. E riscriverlo
è riscrivere il processo storico di una Nazione.
Il capitolo dedicato a Giuseppe Garibaldi ha un
fascino straordinario. Pur considerandolo un discepolo (un suo discepolo)
Mazzini lo ammirava. Ammirava la sua forza interiore perché era convinto che
nell’animo di Garibaldi c’era tanto mazzinismo.
Tuttora Mazzini e Garibaldi sono i comunicatori
di un destino. Alla morte di Mazzini Garibaldi annuncia: «La bandiera dei Mille
sventola sul feretro del Grande Italiano». Si determina così il mito di
Mazzini. Un mito che traccia ancora un suo racconto.
Grisi così afferma: «Il motivo all’insorgere
del mito di Mazzini è da vedere nel profondo e timoroso rispetto con il quale
il popolo usa circondare la figura degli uomini provati in vita da persistente
sfortuna e mai spiegati. Il mito compensa così inconsapevolmente, con
l’intensità del sentimento e della memoria, le scelte sbagliate e gli errori
scontati».
Prosegue: «Agli occhi della storia il mito di
Mazzini non giustifica i mezzi e i modi con i quali operò nel concreto. Ma è
comprensibile che nell’opinione del popolo (la cui voce si vuole assimilare a
quella di Dio) il mito sarà sufficiente a santificare l’azione per la libertà e
per la patria».
Mi sembrano elementi fondamentali, questi di
Grisi, che ci fanno capire l’importanza di alcuni valori sul piano
dell’identità politica. Una identità tutta mostrata sulla definizione del
sentimento di popolo e di Nazione.
Il Risorgimento partiva da questa rivoluzione
teorica. Una rivoluzione fatta nelle coscienze e per le nuove coscienze.
Uno dei maggiori ostacoli che Mazzini incontrò
fu il marxismo, il quale non sposava la dottrina nazionale che i mazziniani
diffondevano.
Grisi nel suo libro lo sottolinea. «I
presupposti materialistici – afferma Grisi – sui quali si fondò la dottrina di
Marx nei suoi sviluppi pratici, oltre che nelle sue ascendenze ideologiche,
rivelò subito una totale inconciliabilità con le dottrine che Mazzini era
venuto via via sviluppando negli scritti e con le azioni».
Le “utopie possibili” di Mazzini nel libro di
Francesco Grisi trovano una loro vitale chiave di lettura. L’Unità d’Italia
passa anche attraverso queste “utopie”. Forse proprio per questo resta un
personaggio che sprigiona una grande attualità.
Uomo dell’esilio ma soprattutto uomo della
libertà. Della libertà o delle libertà affermate. Uomo che seppe incarnare
l’idea di una Nazione giovane attraverso la gestualità eroica. Un uomo che non
si arrese. Ecco perché è da considerarsi l’uomo dell’esilio. La concezione
etico-religiosa della vita era nella fantasia rivelatrice del popolo. Il popolo
come identità di Nazione nella rivelazione del divino.
Era nato il 22 giugno del 1805. Muore il 10
marzo del 1872. Mazzini era l’uomo del progetto. Regalò all’Italia il
sentimento moderno della Patria. Una profezia che oggi si ripropone ma che
viene da lontano e che Mazzini aveva spiegato.
Mazzini sottolineava: «Ci siamo posti sul cuore
spontanei i dolori di tutta una generazione. Abbiamo rapita la scintilla
all’Eterno, ci siamo posti fra Lui e il Popolo; abbiamo assunto la parte
dell’emancipatore, e Dio ci ha accettato».
Mi sembra una avvertenza che richiama la fede.
O forse una fede di una metafora storica e politica. Nella “Giovane Italia” e
nella “Giovane Europa” lo spirito del sacrificio è il sacrificio per un popolo
e per la Patria. Il mito e il simbolo, attraverso Mazzini, esplodono. Balilla.
Il ragazzo di Portoria. La libertà. L’identità. Sono frammenti di un destino.
Proprio per questo, giustamente, Grisi può affermare: «In una visione storica
di continuità Mazzini si collega ai cantori dell’utopia che, opponendosi al
realismo, tracciano sentieri non previsti nelle foreste dei sentimenti e della
storia».
Un raccontare i processi storici attraverso i
protagonisti. Il Risorgimento senza i profeti, come dice Gentile e conferma
Grisi, non avrebbe avuto senso sia in termini etici che identitari. Profeta
dell’identità italiana. L’istituzione dell’Arma dei Carabinieri vive nel sole
del Risorgimento e Mazzini, nel mito della Patria, è fedele ai valori
risorgimentali. Il Carabiniere ha incarnato i valori risorgimentali di Patria,
Nazione e Fedeltà. Grisi ha intrecciato valori e personalità.