di Pierfranco Bruni
L’intellettuale
rischia sempre pubblicamente. Ma i docenti sul piano delle idee cosa rischiano?
Una domanda “dannata” alla quale non si trova una risposta. E sappiamo perché? E
allora, ritorniamo a parlare di politica delle culture in un contesto i cui
tradizione e innovazioni letterarie si confrontano e si confondono.
Sono
stanco e non per l’età che avanza, ma per ciò che ascolto costantemente, ovvero
la cultura non paga ed è ciò che sostengono i deboli, gli incolti e gli
imbecilli
Voglio
insistere su un altro discorso, appena accennato in incipit, che da anni mi
arrovella nelle mie curiosità impazienti o curiosità di ribelle colto tra una
frustrata di antropologia e una di poesia. Vado al dunque.
Nelle
scuole italianae si fa cultura? Si fa istruzione. La scienza della pedagogia
conosce molto bene la distinzione tra cultura e istruzione. La cultura rende
gli uomini liberi, ovvero rende un pensiero fuori dalla vulgata del consenso a
senso unico. L’istruzione, non è che non renda liberi, offre strumenti utili
per fare ragionare intorno ai processi culturali. Ho banalizzato tutto. Ma è
bene banalizzare in un tempo di cultura banale e di scritture letterarie evanescenti
che vanno dai Mario Desiati ai Fabio Volo. Premessa. Ho cercato di presentare
un libro di Desiati, forse il primo, alcuni ani fa, e purtroppo o meno male non
sono riuscito a presentarlo perché era così tanto esteticamente fragile, ma mi
sono limito a rivolgere all’autore soltanto qualche domanda. Siamo nel vuoto
della scrittura.
La
cultura si fa anche con ciò che ci offre il presente e il quotidiano.
Punto
primo. Non credo che nelle scuole si faccia cultura. Si fa semplicemente
ripetizione, si ripete ciò che le antologie a loro volta ripetono, da testi omologanti.
Guai ad uscire fuori dagli schemi delle antologie adottate o dai testi di
storie. Bisogna seguirli anche se qualche spiazzo di idee personali il docente
può lanciarlo.
Punto
secondo. La cultura si fa con l’autonomia del pensiero. Il docente bravo riesce
a creare una metodologia partendo da presupposti formativi personali che
spaziano. Il docente ideologicizzato usa la propria formazione ideologica per
continuare ad offrire un Pavese realista e un Verga neorealista o un Manzoni
artefice della Provvidenza o un Dante addirittura fuori dallo specchio
esoterico. Siamo alla solita solfa! Nella storia contemporanea lasciati Villari
e Spriano si fa sino ad una lettura del buono e del cattivo comunista, sino a
raggiungere i confini della buona e giusta Resistenza contro l’invasore. Ne ho
visti antologie scolastiche. Ne ho letti di libri di storia. Li ho frequentanti
perché formandomi su Sapegno e su Villari io a quest’ora avrei dovuto indossare
la divisa falce martello e stella. Ma così non è stato.
La
scuola oggi fa cultura? Un interrogativo serio come è un interrogativo serio la
parola, gramsciana tanto abusata, “intellettuale” raccontata al docente.
Punto
terzo. Un docente non è un intellettuale. Perché? Sciascia mi viene sempre
incontro. Sciascia era un insegnante, non dimentichiamolo. L’intellettuale è
quello che dice no al potere culturale, e non solo, costituito. È quello che da
sa dire no con coraggio e coerenza. Mi pare che i docenti non abbiano questo
coraggio. Davanti ad un testo scolastico sul quale sono stati riscontrati
errori avrebbero dovuto dire “no”, non è possibile adottarlo. Eppure questo non
è accaduto. Non solo non è accaduto ma è stato anche riadattato dopo una gravosa
polemica. Cosa accaduta realmente.
Punto
quinto. L’intellettuale è ovunque libero e guerriero e popone, sempre e
comunque, la libertà non di pensare o di pensiero, ma le verità e non la
verità.
Parlare
delle culture articolate, alte basse…? Tutto questo ha un legame con i processi
di sviluppo? Direi di sì. Basta analizzare alcuni testi scolastici che alcuni
Istituti soprattutto superiori, e in particolar modo i Licei, adottano per
rendersi conto di ciò che “democraticamente” dico per la troppa ideologia che
questi testi mostrano e testimoniano non con una funzione prettamente pedagogica
o soltanto di pedagogia ideologica. Ma resta sempre un capitolo aperto su un
testo scolastico dove ho denunciato errori, oltre l’impostazione ideologica,
ben definiti e l’Istituto lo ha riadattato.
Chiederò
ai docenti perché lo hanno adottato? Come si sono giustificati? In che termini
lo hanno giustificato agli alunni e alle famiglie degli alunni, ma soprattutto
perché lo hanno riadottato e vorrei sapere se è ancora in circolazione –
adottiva con gli stessi errori.
Se
si insiste nel voler parlare di culture e intelligenze anche a ciò bisogna interessarsi
e dedicarsi. La cultura è medotologia del pensiero, ma è anche il rischio delle
idee. L’intellettuale sa rischiare. Rischia sempre per le sue idee nella
libertà di esprimerle pubblicamente. Al docente bisognerebbe chiedere se ha il
coraggio di rischiare su idee e scritti non condivisi sui libri di testo che
siano di filosofia, di storia, di letteratura.
Un
docente è un intellettuale? Si vuole la mia risposta? Io dico di no proprio
per come io concepisco il ruolo e la funzione dell’intellettuale vero nella
società.