Pirandello e D’Annunzio trasformano il linguaggio letterario
creando l’immagine e l’immaginario attraverso la macchina da presa. Il cinema
italiano ha un’importante tradizione nella partecipazione di un confronto con
la letteratura. Cinema e letteratura nei loro linguaggi eterogenei
costituiscono un raccordo importante e un messaggio sia in termini estetici che
etici. C’è una filmografia che ha un debito singolare con la letteratura e
queste due forme espressive costituiscono un modello culturale significativo
soprattutto in una dimensione di linguaggi popolari.
Credo che sarebbe auspicabile avviare un serio discorso sul
rapporto tra cinema e letteratura. Un discorso che dovrebbe riguardare non solo
gli aspetti culturali in sé, ma anche quegli organismi istituzionali che si
occupano di promozione e valorizzazione della cultura italiana. Il cinema come
modello letterario è espressione di identità. Proprio per questo è un veicolo
necessario per approfondire alcuni elementi che puntano alla valorizzazione di
quel cinema che ha matrici letterarie.
Soprattutto in un momento di nuovi approcci verso linguaggi
sommersi riflettere su tali questioni diventa sempre più importante sia dal
punto di vista culturale che istituzionale. Cinema e letteratura. Un binomio
che ha attraversato l’intero Novecento. Ha caratterizzato la ricerca di molti
registi e si è posto come elemento di dibattito nel corso delle diverse
stagioni storiche e letterarie. Una discussione ampia ma che, in molte
occasione e contesti, finora non ha focalizzato il quadro della questione.
Una questione antica. Pirandello del "Si gira" o
D'Annunzio che campeggiava nelle patrie lettere del cinema sono una testimonianza
vivificante. Anche recentemente il dialogo ha una sua base di fondo.
Il cinema è stato (ed è) fondamentale nella letteratura e la
letteratura a sua volta diventa, sostanzialmente, un elemento significativo.
C'è da dire anche un fatto. Molti romanzi hanno già dentro la loro struttura
una dimensione cinematografica e non perché vengono costruiti a priori
cinematograficamente, ma perché lo scrittore riesce a vivere gli scenari e a
strutturare i personaggi grazie a respiri lunghi o corti ma sulla base di una
propria idea di scenografia.
In altri termini molti scrittori, quando scrivono, non fanno
altro che costruire immagini. Le immagini sono quelle categorie che permettono
al soggetto di essere trasformato. Viceversa, avviene anche che molti film
hanno dentro la loro "partitura", scenica e linguistica, un iter
romanzesco. Ovvero, una visione romanzata della storia che vi si racconta.
In fondo la letteratura stessa è una letteratura, e mi
riferisco al romanzo in particolare, che crea scenari sui paesaggi immaginari e
sostiene l'avventura che intraprendono i personaggi. Già di per sé il romanzo
si porta dentro la fisionomia di un raccontare per meditazioni, dialoghi e
immagini. Appunto per questo si potrebbe anche dire che un romanzo è un
soggetto che prosegue per impianti scenografici. Mentre un film, che si
rispetti chiaramente, è sempre un raccordare la parola dei personaggi con le
immagini che si vedono.
Nel romanzo le immagini si ascoltano, si sentono, si
avvertono. Nel film si vedono e prendono corpo grazie all'immagine. Nel romanzo
prendono corpo attraverso la fantasia. Quindi il gioco fondamentale è tra la
fantasia che proietta sensazioni che si trasformano in immagini e le immagini
che producono, a loro volta, sensazioni. Un interscambio utile e necessario in
termini letterati e cinematografici.
Cosa succede, in realtà, quando si porta un romanzo sullo
schermo? Il romanzo resta un romanzo con una sua struttura non solo da
valutarsi sul piano linguistico ma soprattutto sul piano della collocazione e
del vissuto dei personaggi. Le immagini che nel romanzo ci sono vengono
catturate dal lettore. Non vengono offerte come immagini tout court. Mentre
nella trasposizione cinematografica il gioco è tutto un attraversamento di
immagini e di scenari al di là dei dialoghi. Ma un film è sempre un ulteriore
romanzo.
Il Novecento letterario è stato attraversato dalla
caratterizzazione della dialettica tra scrittore – regista e scenografia. Gli
esempi non mancano. Ciò che, comunque, contrassegna limpidamente la questione,
in realtà, ha una sua versione chiarificatrice nell'affrontare il
"nodo" del personaggio. Oltre ai personaggi ci sono i luoghi, i
rimandi, la lettura storica. Attraversamenti dentro il processo creativo della
macchina da presa.
Il cinema è movimento reale. Nel romanzo è l’immaginazione che
prende il sopravvento attraverso le metafore. Ma il personaggio resta un
disegno fondamentale. Già Giacomo Debenedetti, in alcuni suoi studi, aveva
posto tale riflessione. Il personaggio compie un'avventura. La compie sia nel
romanzo che nel film. Il discorso consiste nel come questa avventura si possa
poi realizzare.
Da qui bisognerebbe partire per non dimenticare lo spirito che
a un tale rapporto Pirandello e D'Annunzio avevano dato. Perché nonostante
tutto, nonostante la trasformazione della "macchina" da presa,
nonostante gli strumenti applicati nel cinema il problema che si pone, ancora
oggi, è sempre lo stesso. Un dialogo che è fatto di linguaggi che si esprimono
attraverso una griglia di simboli. Un rapporto che non ha mai smesso di creare
istanze estetiche.