Io e Alberto Bevilacqua. Mio amico, mio fratello… è
sempre questione di eternità…
Il mio libro viaggiando con Alberto
di Pierfranco Bruni
Anni di amicizia, di fratellanza, di armonia mi hanno
legato ad Alberto Bevilacqua. Dall’incontro alla Libreria Croce a Roma, nel
1978, al Salotto di Via dei Villini (sul quale ho scritto il libro “Con cuore
amico” 1990). Fu Francesco Grisi a creare questo straordinario legame. Non
smetterò di concludere il mio libro su Alberto. Ora che non c’è più. O forse
ora che c’è ancora di più tra il mistero e l’alchimia. Il mio libro ricomporrà
pezzetti di storia umana e mosaici di letteratura. Il poeta. L’uomo. La magia
nel suo “avvertire”.
Ricucio frammenti di vita nella letteratura. Infanzie
perdute e infanzie ritrovate. Un ritornare nel cerchio magico del tempo. di
quel tempo che racconta e riporta scenari e sensazioni. Una poesia che
raccoglie il sapore di un tempo e di quel tempo che non c'è più. Gli affetti e
gli amori e i ricordi in una fantasia che non si fa finzione o maschera ma
filtro di una memoria che àncora nei silenzi i labirinti e i ritorni.
"ricordi le curve/fresche di tiglio/prese con le biciclette la
mattina?", (2003).
Le malinconie che riportano giochi infiniti di
immagini e suoni che restano legati alle disarmonie di un andare nel di dentro
delle storie. Quanti ricordi nel giro tondo della vita: "…s'appoggiava mio
padre con una mano alla parere/cercando con la candela/uno ad uno gli
scalini…", (2003). Un poeta nel cammino dei linguaggio. un poeta che
centralizza il tempo della parola. Un poeta importante e questo suo ultimo
testo non è altro che la conferma della sua forza in un sentiero di incontri
magici e di simboli che pagina dopo pagina si dichiarano.
Mi riferisco, appunto, ad Alberto Bevilacqua con Legame
di sangue (Mondadori, Lo specchio, 2003). Ma voglio parlare del poeta. Solo
del poeta. Io ho il dovere di parlare di Alberto. Mio amico. Mio fratello. Di
recente parlando di poesia e di Bevilacqua, in particolare, ho sostenuto che ci
sono sempre stati, nella storia della poesia, poeti che lasciano segni e poeti
che tracciano percorsi. Poeti che chiedono di essere ascoltati e poeti che
caratterizzano, in una visione esemplare, il viaggio della parola e la coralità
(in senso anche evocativo) dei sentieri delle emozioni. E' su queste basi che
bisogna stimolare una riflessione in termini letterari a tutto tondo. La
discussione sulla poesia di questi ultimi decenni va certamente riconsiderata
in un quadro letterario che pone all'attenzione non solo le ultime generazioni,
ma anche quelle generazioni che hanno stabilito dei traguardi importanti già
negli anni passati e sui quali occorre riflettere.
La poesia oggi? Sarebbe un tema da approfondire (e
continuerò a farlo con i miei prossimi scritti) anche perché è necessario
confrontarsi con la "evoluzione" sistematica del linguaggio. La
poesia, in fondo, è una magia interiore che scatena suggestioni, colori,
immagini, sentimenti ma è pur sempre un linguaggio. Il tutto passa attraverso
il linguaggio (o i linguaggi) che si ammanta di metafore, di simboli, di
allegorie. Figure che appaiono e scompaiono e restano negli sguardi della
memoria: "prega per lei,/padre mio,/prega quel povero cristo che sei
stato…" (2003).
In queste tappe non bastano i buoni sentimenti come non
basta soltanto il saper coniugare letterariamente delle formule letterarie. La
poesia è una alchimia attraversata dal tempo. Credo che il tempo sia il
"messaggio" fondamentale che sta dentro la parola poetica. Una poesia
che non si confronta con il tempo (ma direi una letteratura) è una poesia che
soffre di una patetica leggerezza. Dunque. Alberto Bevilacqua è il tempo della
poesia. In un viaggio che conosce segni indefinibili e segni che portano
all'eternità. E il sangue che crea legami.
Nella poesia ci sono "questioni di
eternità", come ha sottolineato molto elegantemente Alberto Bevilacqua nel
suo precedente libro di poesia Piccole questioni di eternità (pubblicato
nella collezione di poesia della Einaudi nel 2002, un libro che racchiude
poesie "antiche" e testi inediti), con le quali il nostro io deve
fare costantemente i conti. Il tempo, anche in questo precedente testo, come
memoria del sublime è centrale. Ma Alberto Bevilacqua è un poeta che traccia
percorsi (ho avuto modo di parlarne anche nel mio saggio dedicato ai poeti del
Novecento della meravigliosa parola e della grandezza poetica di Bevilacqua)
all'interno della storia della poesia. Eternità e sangue. Un
legame.
E' inutile girare intorno al problema. Il nostro
contesto contemporaneo non ha molti poeti. Anzi quei poeti - percorsi sono
sostanzialmente pochi. Ce ne sono altri, come dicevo, che si lasciano
ascoltare. Bevilacqua è senza alcun dubbio un poeta che traccia percorsi.
Perché? Il suo non è un linguaggio "articolato". E' un linguaggio magia
perché è un linguaggio sensazioni, le cui emozioni sono esse stesse impasto di
parola ed espressione lirica nel cerchio del tempo.
Il tempo è anche dentro i luoghi ma è soprattutto il
risarcimento di una memoria che impone il vissuto di una vita e di una
testimonianza. Una infanzia e una città nel testo del 2002: (Parma/desolata
Pompei nel tuo silenzio,/assurda come un pilastro senza ponte/la luna disarma
le vie/…/Tutto muta/per un niente di luce,/tutta mi conduce/a esistere/la mia
vita persa").
La madre, il padre, le voci, i silenzi, il figlio
("che non ho voluto per deliberato amarti", 2003), i paesaggi sono un
tramite di un colloquiare con tutto ciò che reso palpabile dal ricordo. E poi
l'amore e il sogno. La donna e la passione - memoria ("per troppo averti
amato e troppo perso"; "…d'improvviso sei stata/quel me/che avrei
felicemente voluto,/il mio né ora, né mai;/un fondo di riso/e di sere mi è
rimasto in cuore/d'altri…", sempre nel testo del 2002). Ma ancora nel
mondadoriano (2003) testo il padre non è metafora. E' una realtà che dura nella
metafora che si fa ascolto. "qui siamo al punto/come di una cena quasi
finita:/quel fiore tema o fuori stagione/che è piatto dei poveri e si fa/con
avanzi intatti di quiete" (2003).
Bevilacqua, ovvero la sua poesia, non è incasellabile.
In realtà non è una poesia che proviene da una scuola ma se si conosce con
professionalità il quadro delle recenti poetiche non si può non sostenere che
quella di Bevilacqua è una poesia riferimento proprio per le caratteristiche più
volte analizzate. C'è un altro particolare importante. Bevilacqua non ci offre
una visione astratta delle cose: "…un silenzio che scendeva come un
sudore", (2003). E' un vissuto il suo dettato poetico che però è
circondato da una supremazia onirica che dà al verso non solo un sentire
contemplante ma addirittura una visone profetica della parola. ("Il sapere
non è che una grafia/con cui ciascuno nasconde ciò che sa", 2002).
Si pensi agli ultimi quattro versi della poesia dal
titolo "Il viaggio della rosa": "Gli anni non trascorsero per
noi,/fummo noi i loro inverni e primavere/noi stratagemmi del loro terrore/di
raggiungere infine l'infinito", (2002). Ma è sempre il tempo che recita in
questo verseggiare la vita ascoltando i segni che giungono dai profondi e
armonici labirinti che sono dentro di noi. C'è quel tempo proustiano che non è
mai un tempo perso ma un tempo che si àncora alla nostra terra, al nostro
territorio interiore, al nostro essere nell'Esser-ci.
Straordinari i versi di "L'ultimo congedo del dio
subalterno": "…E adesso vi lascio e vorrei mettere la data/ma non
ricordo che giorno sia/non ricordo più il tempo - credete-/non riesco/più a
vedermelo alle spalle il tempo/…perdonatemi questa inezia,/l'importante è che
io vi abbia amato,/vero? O che almeno vi abbia conosciuti,/spero, almeno una
volta: rispondetemi al riguardo/rassicuratemi", ancora 2002. Un congedo
che recupera i frammenti di una memoria nel disegno di una appartenenza in cui
la poesia è dimensione del sublime.
La poesia che evoca è nel tratto di quel sublime che
incornicia i ritagli di una vita. In queste "piccole questioni di
eternità" ci sono, appunto, i ritagli di una vita che vengono recitato
disperdendo nel vento dell'attesa l'oblio. Ma l'oblio è una componente della
poesia che interviene nel momento in cui la riflessione si fa malinconia.
C'è un intermezzo nella poesia prima citata che è di
una forza esistenziale ed evocativa imponente: "il mio esilio è ovunque/in
me più che altrove". Esilio come distacco o come lontananza o come
separazione da un qualcosa che, comunque, ritorna in questo esilio in una
geografia della solitudine. Una geografia che si è definita nella nostalgia.
Ed è qui si racchiude il senso di una poetica. Il
diario di un poeta che ha annotato un ondulare di immagini - vento e di tempo -
labirinto. La sapienza della memoria è un gioco indefinibile e indefinito e
proprio per questo "il gioco non è mai/nemmeno cominciato" (da
"La proiezione"). Ecco, dunque, perché è un poeta - tracciato, ovvero
un poeta riferimento, ovvero un poeta stile. In questo tracciato le voci del
destino sono voci che giungono da lontano. La madre, il padre, una città. Una
storia che si libera nel linguaggio. un linguaggio che si racconta nella
solitudine.
Già, la solitudine. "vorrei come te/spegnermi per
non consumarmi" (2003). Quell'anarchico cristiano che si cerca nella
solitudine ha voci di alchimie che disegnano immagini. "- muori, tu che lo
puoi,/muori almeno una volta,/per noi, Cristo, in allegria/…così sia:/un po' di
paradiso/va promesso anche a chi/ti supplica col suo riso" (2003).
Provengono da profezie e da lontananze mai consumate del tutto. Ma è proprio
vero che "è così che muoiono/le cose nascoste ai saggi e rivelate ai
bambini" (2003). Una poesia che sa farsi profezia nelle stagioni di
laceranti attese. Alberto Bevilacqua ha ricucito le attese in quella
"storia di me, cannibale e madre" (2003). Legame di sangue come per
dire che ci sono sempre questioni di eternità.
Discutendo dei miei romanzi “Quando fiorisco i rovi” e
poi de “La bicicletta di mio padre” mi disse: “La tua Marika, tuo padre, le
tue partenze, Claretta, i Giuda che incontri lungo la strada…Sono sempre
questione di eternità”.
Il mio libro su Alberto verrà pubblicato. Ma è triste
sapere che non c’è più.