Maria Maddalena versò sui piedi del Nazareno olio
profumato di nardo. Pierfranco Bruni con “Asmà e Shadi” racconta l’Oriente con
la luce che è al di sopra del velo
di Gerardo Picardo*
Pierfranco Bruni
“Le mie mani hanno la riga delle corde dei porti mancati”.
Abita
in questi versi di Piefranco Bruni il sogno di Asmà e Sadi, (romanzo in versi
“Asmà e Shadi” (Pellegrini editore). Sottotitolo: “Preziosa come la luna nel
disincanto del sogno”. Due storie, Asmà e Shadi, che conoscono l’odore delle
spezie e il sangue caldo delle lotte. Sono parole di destini, carne e spirito
che danzano nelle veglie del tempo. È un dialogo che accade a Oriente, dove
sorge il sole, e la saggezza si fa sempre narrazione.
Un
uomo e una donna cercano una parole perduta, e cercano di non perdersi. Il loro
strumento è il linguaggio orientale, che torna sempre al centro dopo aver
compiuto viaggi di significati. Anche la poesia è ritorno al centro dopo
l’avventura del labirinto.
Parole
di sabbia e speranza in questo dialogo che ha gli echi di sapienze lontane.
La
magia dei sufi danzanti, l’incenso delle soste, i piedi insanguinati di
umanità.
“Ho carezze tra le mani che dedico ai tuoi silenzi”, scrive il poeta.
Perché i silenzi ci scavano l’anima ma lasciano sempre spazio a occhi capaci di
superare muri e cogliere l’oltre.
Le
parole di Asmà e Sadi sono danze sciamane che legano nella carne incantatore e
incantesimo.
Pierfranco
Bruni continua a cercare tra le pieghe del tempo, si intrattiene con i mercanti
arabi e ne ascolta la voce. Lancia dadi e racconta la magia del Mediterraneo
perché ne conosce il vero segreto: l’incontro. Percorsi tra la sabbia e la
pietra, partenze e ritorni, dove l’altro non è nemico ma ‘Aki’, fratello nella
storia.
Scambia
il grano del suo Sud con olio profumato di nardo, quello che un giorno Maria
Maddalena versò sui piedi del Nazareno, cogliendo la sua verità di passaggio
per la Galilea.
Pierfranco
Bruni non ha smesso di rincorrere parole che restino fino a sera. Vale per lui
ciò che Giordano Bruno scriveva nel De Minimo: “Noi cerchiamo un pane
diverso…”. Uno specchio è posto al di sopra delle Sette Porte, nel lato
occidentale, perché si veda l’Oriente, là dove brilla la luce che è al di sopra
del velo.
“Siamo un altro vento, ormai”, recita un altro passo di questo dialogo
che non si chiude anche quando i protagonisti non si cercano più. Si è soli ad
amare e a morire, soli davanti alla pietra del tempo.
“Urlami l’immenso”, si legge in un altro passaggio che impagina dolore e
passione. È voce che consuma le attese, rincorre una bellezza che “non segna
confini”.
Nulla,
forse, è più vero di due corpi che si stringono nella sabbia. “Io e te siamo
segreto”, e il vento “ha l’odore del sale e dei crepuscoli anneriti”. In questo
viaggio non vi sono certezze, o forse vi è la certezza più grande: “Vivimi con
il mare dei viandanti e portami con te”.
Il
Mediterraneo è destino che si dice con la poesia, perché nella poesia il tempo
non fugge e non si svuota. La differenza irrompe contro la ripetizione. Ma la
poesia è anche ponte, perché attraversa storie. Ed è coscienza, unisce oltre
ogni barriera e appartiene a tutti.
Inutile
però barare, si scrive sempre per amore. Quando nasce o quando finisce, quando
scalda il petto o fa salire ricordi e toglie le bende. “Le tue labbra non hanno
più il mare, ma la marea”. E “niente resta uguale, dopo le maree”, metteva in
guardia il Nolano.
Se
tutto comincia sempre con un incontro, Asmà e Sadi sono il passato ma anche il
futuro. Sono il presente che getta sale sulle sconfitte e sterra sentieri da
ricordare di giorno. È la parola del marinaio che conosce i venti e della
puttana che sa dare consigli.
I
viaggi dei protagonisti alla ricerca di se stessi racchiudono la cerca della
Bellezza, per continuare a pensare e restare uomini e donne nel vento. In
compagnia di pochi maestri che accendano tre luci di notte.
Portiamo
nell’anima gli occhi neri di una azera che nella piazza di pietra racconta
storie di Baku. Dividiamo il latte con i nomadi, e attendiamo le stelle che
tracciano la strada di notte.
Forse
una yurta ospiterà anche il nostro viaggio d’inverno, che crede all’amore e
alla morte.
*Scrittore e giornalista.
Dalla Prefazione al romanzo in versi di Pierfranco Bruni “Asmà e Shadi”
(Pellegrini).