Nella notte del 10 agosto
La donna dai riccioli biondi: “Nudi con i vestiti
smessi e tu sarai vita, amplesso, sorriso ed io ti offrirò soltanto allegria e
mai ricordi mai nostalgie. Io seduta su di te. Per amarti. Senza pudore. Nella
notte del 10 agosto”.
di Pierfranco Bruni
Non ci sono i cavalli che
gridano con il vento del 10 agosto alla fiera del castello. La festa si è
chiusa nel giorno in cui la palma del mio giardino ha smesso di coltivare i
verdi rami. È come se fosse passato un lancio di aironi e il vento ha
trasportato sorrisi spezzati. È da epoche che non gioco a nascondino o alle
corse pazze lungo i vicoli di Via Carmelitani. Ma tutto è passato.
L’eco dei “Camaleonti” mi ricorda
“Come passa il tempo…”. Non mi serve più Proust, perché non vado più alla
ricerca del tempo perduto ma, comunque, mi perdo per sconfiggere i giorni neri
e le malinconie tra i luoghi abitati dei miei camminamenti e un’infanzia in un
paese antico dove la Calabria vive il Mediterraneo.
10 agosto. Non ritorno più al mio
paese. Ed è storia che resta tra le maglie di una nostalgia scavata nel mare di
Sibari. Eppure, tra questi spazi la mia giovinezza si è giocata l’anima tra
amori vissuti e amori abbandonati per altri amori conquistati. Se non ci fosse
la sensualità gli occhi sarebbero di pietra e l’anima perderebbe il corallo del
mare di Alghero.
Mi ritrovo con un nuovo 10 agosto
tra gli angoli della mia vita e non rivivo nulla, neppure sfogliando pagine di
diario o pagine di “paese del vento”. Non porto più conchiglie appese sul mio
petto. Ho dedicato parole di vita alle nostalgie. Ma sono stanco a rincorrere
le voci che mio padre ha consegnato alle lune delle tartarughe. Le ho decifrate
tutte e tutte hanno un senso. Le 13 lune sono gli archetipi degli sciamani e in
questo mio paese a volte dimenticato a volte assente battono i passi
dell’oracolo.
È triste pensarlo oggi, oggi che
il mio viaggio si interrompe su una vela nel mare di Magna Grecia con una donna
dai riccioli biondi che mi canta: “Ho visto Piero all’università…”, ironizzando
sulla malinconia che i miei scritti tracciano.
“Ma smettila di raccontare queste
tristezze. Ti ho cercato per capire perché nella bellezza delle tue parole c’è
la vita della nostalgia e incontrandoti tu sei diverso. Hai un sorriso magico.
Sembri uno sciamano che ha vissuto tutte le vite. E proprio perché hai vissuto
tutte le vite bruciale sulla graticola dei tuoi sogni. Non avere più sogni. Io
sono qui, tu mi chiami la donna dei riccioli biondi. Bene, se non è ancora
amore il nostro, passione sarà e se passione è, lascia che io possa asciugare
il sale sul tuo corpo, amandoti, amandoti soltanto come io posso fare con la
mia giovinezza, con la mia allegria e senza finzioni. Sono nuda davanti a te.
Mi osservi, mi ascolti, sorridi. Così ti desidero. Il tuo sorriso, l’altra sera
mentre presentavi il tuo libro, ha travolto i miei sensi. E se ancora non ti
amo, poco ci manca. Vieni, con te verrò prendendoti tutto”.
Così mi ha parlato la ragazza dai
riccioli biondi. Può bastare un attimo per stravolgere una vita? Risponderò a
questa domanda soltanto se il vento del 10 agosto mi porrà davanti al suo
silenzio. È festa al mio paese. L’odore del torrone, i rimandi dei sapori
arabi, il castello che ricostruisce secoli tra tasselli di un mosaico sempre incompleto.
Ma perché la ragazza dai riccioli biondi invade i miei pensieri anche quando
vado oltre ogni passione? Non so!
Da una palma che non ha più i
suoi rami verdi, nel mio giardino stanco, il mio scrivere si è fermato su due
occhi azzurri e sui capelli corti e biondi di una ragazza conosciuta perché ha
voluto intrappolare i miei pensieri, mentre i miei pensieri viaggiavano
altrove.
È vero. La vita è ciò che accade
quando la vivi.
E ora che sto scrivendo questa
pagina il telefonino riceve, in un suo bip, un messaggio: “Non credere che
andrai solo, ora stai per partire. Mi troverai anche quando tu sarai con il tuo
tempo altrove. Non sarà facile che tu possa fare a meno di me. Ti ucciderò ogni
solitudine. Sparerò ad ogni tuo illusione. Avvelenerò ogni tuo ricordo. Il tuo
sorriso è amarmi. Amare solo me, perdutamente sensualmente solo me. Mi vedrai.
Non aspettarmi. Ti troverò. Sono la tua donna dai riccioli biondi”.
Rimango fermo, bloccato tra le
parole e i vuoti. Smetto di scrivere. Cosa posso scrivere ancora?
In questo 10 agosto. Festa al mio
paese. San Lorenzo del vallo. Devo partire. Pazzia. Ma la verità è pazzia? O la
pazzia della passione è verità?
C’è ancora un bip sul mio
telefonino: “Faremo l’amore la notte del 10 agosto. Sulla sabbia del mare di
Sibari. Nella notte antica della guerra tra i crotoniati e i sibariti. Devi
sapere. Sei un archeologo. Faremo l’amore e tu cercherai i miei seni e io
bacerò i tuoi sensi. Fino all’alba e non ci troverà dormienti ma accoccolati ad
ascoltare il mare (Claudio Baglioni). Nudi con i vestiti smessi e tu sarai
vita, amplesso, sorriso ed io ti offrirò soltanto allegria e mai ricordi mai
nostalgie. Non rispondere a questo messaggio. Mi penetrerai l’anima. Io seduta
su di te. Per amarti. Senza pudore e reticenze. Nella notte del 10 agosto”.
Mi alzo. Mi guardo nello
specchio.
Perplesso? Sorrido. Non rispondo.
Si è fatto tardi. Devo partire.
10 agosto. Io so perché… Le
stelle sono già cadute e Pascoli, nonostante Calipso, è morto nei giorni dei
secoli vili.
Il mio paese è in festa ed io
sulle rive di Sibari con la ragazza dai riccioli d’oro, nella notte, nella
bellezza del suo corpo.