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Dopo la croce d’oro e le croci quotidiane di Ravasi resto sempre più convinto di vivere il mio Cristo oltre le Chiese


lunedì 5 agosto 2013

di Pierfranco Bruni




LA CHIESA NON E’ CRISTO

DA CRISTIANO DICO CHE LA CHIESA NON E’ CRISTO.  PAPA FRANCESCO CONTINUA A NON  CONVINCERMI.  VIVO IL MIO STRAZIO E L’ILLUMINAZIONE DELLA CROCE

 

 

di Pierfranco Bruni

 

 

La nostalgia della tradizione del cristiano è un evento pre-conciliare. Sembra un rimando a Cristina Campo, che dovremmo proporre come lettura al nuovo Pontefice. Un conto è porre al centro il Cristo. Un altro “fatto” è cercare di mettere al centro la Chiesa. Con tutti gli sforzi culturali, di pensiero spirituale ed epistemologico e diciamo anche di fede che io possa fare tra i percorsi delle mie meditazioni e il mistero cristiano – buddista, che mi intreccia il cuore e l’anima, questo “vostro” Papa Francesco, cari cattolici, non mi convince. Ma non è un problema. Non lo è per me!

Per i cattolici ogni Papa era ed è e sarà il possessore di verità. Per me non è così.

Papini è il maestro delle intelligenze riflessive che non smette di vivere tra la vita di Cristo, il Diavolo e gli Imbecilli della razza somarina. Ma siamo in rivolta. Il Cristiano è in rivolta. Non il cattolico, direbbe Albert Camus.

La storia della Chiesa è ricca di ombre e nubi. Ma restiamo al presente. Il Papa Francesco non mi piace. I cattolici, per la loro storia di “verità” e intolleranza, non sono sul mio cammino e poco mi interessa.

Dei Papi che mi hanno intrigato? Forse in tre casi in epoche diverse ma anche intrecciati alla mia formazione: Celestino V (che io ammiro e amo), Benedetto XVI (che continuo a stimare soprattutto dopo il discorso di Ratisbona e dopo aver accettato, in silenzio,  la sfiducia della Chiesa: perché le dimissioni non sono altro che questo e un vaticanista come me comprende bene i segreti) e chiaramente Giovanni Paolo II (che è parte integrante anche della mia vita culturale per motivi che ho pronunciato più volte).

Bene. Francesco, Papa, poteva risparmiarsi lo “sproloquio” sugli omosessuali, di cui non me ne frega nulla, ma mi interessa la parola di un Capo di Stato, qual è la Chiesa, in uno Stato qual è quello Italiano, che ha numerose questioni aperte sul problema che è umano ma è anche politico. Francesco Papa è come se avesse dato indirizzi politici precisi.

San Paolo dove sei? Ancora lungo la via di Damasco? O a Malta? O defilato tra i Romani? Francesco, Papa, poteva risparmiarsi il suo invito, a Lampedusa, rivolto non solo ai popoli immigranti ma doveva non coinvolgere il concetto di “accoglienza” come è stato pronunciato. Si tratta di un’altra questione politica italiana.

Porre sullo stesso piano Cristo e la Chiesa significa non capire realmente la crisi di sfracellamento della Chiesa (non ultimo il caso del Santuario di San Francesco di Paola a Paola, purtroppo sul mio Santo si specula: e chi?).

Riempire pagine di giornali sulla questione IOR senza risolverla è un aspetto sul quale anni fa ho dedicato numerosi articoli come sul caso Ambrosiano.

La Chiesa? Quando smettiamo di porre sullo stesso piano Chiesa e Cristo avremo risolto tanti problemi. La Chiesa è una struttura con i suoi impiegati, i suoi funzionari, i suoi dirigenti e le varie direzioni generali e uffici stratificati nei territori. Compresi i suoi uffici stampa. Punto. Non sono ateo, attenzione, sono un Cristocentrico.

Il Cristo è il credere il viaggio di una spiritualità oltre la morte. Mi fermo con la devozione alla Croce, lo strazio e l’illuminazione.

Caro Francesco, non insistere su cose che non potrai fare. Sei l’alto dirigente della Chiesa. Per parlare di Cristo devi usare un altro linguaggio, meno pop e meno rap.

Sono convinto con Cristina Campo che il  Concilio Vaticano II, che ha rimosso il vero valore e il significato della eredità cristiana come fede e come mistero ed ha imposto la fede come cultura e come ragione, ha spezzato la tradizione cristocentrica. Il progressismo delle Chiese è soltanto una impalcatura ideologica. Si comincia a capire così l'allontanamento di Benedetto XVI. Un grande Papa nella tradizione dell'incontro vero tra Occidente ed Oriente e la forza di una cristianità che aveva trovato nel discorso di Ratisbona, come ho già sottolineato, un punto di riferimento certo. Questo Papa, Francesco, non mi convince e d'altronde le sue aperture hanno un indirizzo prettamente  ideologico. La Chiesa dovrebbe dare degli indirizzi forti e non lasciare sparsi degli interrogativi. Un Papa debole in una Chiesa allo sbando. Perché non fa suo il discorso di Benedetto XVI? Il Papa di Ratisbona aveva le idee chiare nella tradizione teologica della cristianità. Senza populismi ondivaghi.  È certo che se devo riconoscere un Papa, non perché possa restituire la mia anima al cattolicesimo (sono distante, ma tanto), con il quale potermi confrontare, quello resta Benedetto XVI.

 

 

 

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Dopo la croce d’oro e le croci quotidiani di Ravasi resto sempre più convinto di non appartenere alla società dei cattolici ma di vivere il mio Cristo con coraggio

Dopo la croce d’oro e  le croci quotidiani di Ravasi resto sempre più convinto di  vivere il mio Cristo oltre le Chiese

 

 

  Pierfranco Bruni

 

 

 

Non mi dite che da cristiano, affascinato dal buddismo e dalla parola del Dalai Lama nella quale più percorro il mio camminamento e più mi identifico con la spiritualità illuminante dell’anima, molto distante dalla “ragione” cattolica, non dovrei più riflettere su alcuni piccoli dettagli, che sono una mera provocazione, che provengono dal mondo cattolico e precisamente dai “Dirigenti” del Vaticano. Una quisquilia direbbe il mio Antonio De Curtis.

Ma vi assicuro che sono i dettagli, a volte, a far capire le storie nella loro bellezza e nella loro doppiezza. Andiamo allo specchio della questione. Si sa la mia posizione nei confronti della Chiesa – potere. Ebbene, le provocazioni dei “Dirigenti” alti e colti del Vaticano non si assopiscono.

Questa volta giunge da una persona che dovrebbe essere molto attenta perché pensa di possedere l’unica Verità possibile. Gianfranco Ravasi. Cardinale e presidente del Pontificio Consiglio della Cultura. Qualcuno ora mi punterà lo sguardo oltre che il dito e dirà: anche il Ravasi biblista  e conversatore di Canale Cinque? Sì, proprio sì. Ascoltate, ascoltate. Leggete, leggete.

Intervistato da Vittorio Zincone sul settimanale “Sette” del “Corriere della Sera” del 2 agosto scorso, dopo una sottolineatura di Zincone che dice: “Indossa il clergyman d’ordinanza e una croce d’oro al collo, con le scritte greche fos (luce) e zoe (vita) incrociate tra loro”. Apre due punti e Ravasi sottolinea con vanto (altrimenti perché avrebbe dovuto farlo?): “Di croci ne potrei cambiare una al giorno. È il regalo più comune che riceviamo noi vescovi”. Chiuse le virgolette e punto. Non si tratta di regalo o meno. Si tratta della croce d’oro.

Ecco, allora che la lezione di Papa Francesco è caduta subito nel vuoto. Mi impongo di non riflettere, ma mi reputo una persona intelligente, non “razza somarina”, e libera da qualsiasi schema e impalcatura religiosa e culturale. Però mi chiedo con la mia intelligenza e con l’intelligenza dei cristiani che pensano e sospettano della Chiesa e dei loro “Dirigenti”: Sono affermazioni che si “danno” (addicono) a un uomo che viene considerato colto e cattolico? Posso consideralo cattolico perché si definisce tale nella contestualità di appartenenza. Sul colto ho le mie riserve, anche se l’articolo – intervista torna spesso su questa andatura. Ma non bisogna avere sospetti, bisogna obbedire e combattere. Così per me non è mai stato, non è e non sarà mai.

Il mio sospetto cresce nel momento in cui, dopo aver pavoneggiato le croci che potrebbe indossare alternandole quotidianamente,  ad un'altra domanda di Zingone riferita a Papa Francesco e alla richiesta di incontro da parte dello scrittore ebreo Halter e di alcuni imam di Parigi, Ravasi risponde: “Sarà banale dirlo, ma come Francesco d’Assisi non ha paura del dialogo. E come il Poverello è radicale nella fede e parla agli ultimi”. È la tipica espressione di una doppiezza che Papa Francesco non riuscirà a debellare. Con la croce d’oro, pendula sul talare, estremamente elegante come può Ravasi citare il “Poverello”? Di Assisi, chiaramente.

Sono anche questi dettagli che allontanano i cristiani dalla Chiesa. Sono questi dettagli che fanno capire come l’esempio che il Papa vuole dare non funziona. La Chiesa ha una struttura e una sua articolazione. Non si può partire lancia in resta e abbattere i mulini a vento. Si rimane imprigionati nella Mancia. C’è bisogno di altro. Ma soprattutto c’è bisogno di capire che la Chiesa, in un tempo come il nostro, non è la verità del Cristianesimo. Una Chiesa della crisi e in crisi.

Il Cristianesimo è altro rispetto ad una Chiesa decadente, incensata d’oro, ricca, moralista. Lasciatemi questa libertà. Ravasi non sa di aver sbagliato linguaggio? Eppure per un colto biblista è un errore grave anche su linee esegetiche.

Subito dopo, sempre nell’articolo – intervista, si intrattiene sul confronto tra Benedetto XVI e Francesco con analisi tipo: “Benedetto XVI parlava in modo colto per subordinate. Francesco procede con le coordinate. Adotta spesso un linguaggio contemporaneo…”. Mi verrebbe da dire provocatoriamente: …e ora Benedetto XVI non parla più per subordinate in quanto “parlava”. Il Papa emerito non usava un linguaggio contemporaneo? Gia! Non voglio scendere in tali quisquilie (ancora con De Curtis).

Il problema è serio, altro che ironia. Altro che subordinate o coordinate. Qui il “Palazzo” crolla e nessuno si rende conto? O fa finta di nulla? La Chiesa attraversa una di quelle crisi paradossali. Non si possono conquistare le folli se non si convince il pensiero. Non si possono inseguire i giovani se non vedono gli esempi. Non si può parlare senza testimoniarsi in Cristo. E gli esempi contano, ma devono essere veri.  La parola di Cristo è oltre e altro rispetto al mondo cattolico nel quale ci troviamo a vivere.

 

 


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