Perché interrogarsi
oggi sul mondo dei Templari. Il dibattito è tutto riaperto. Andiamo al punto.
L’avventura dei Templari è contrassegnata da storie che ci portano nel cuore
del mistero e percorrono i segreti affascinanti dell’eresia. Mistero ed eresia.
Un sentiero in cui la bellezza degli avvenimenti si intreccia con la tragedia.
Perché l’eresia?
I Templari amarono
la passione e dalla passione furono traditi ma il loro viaggio, che non fu
soltanto un viaggio di un’epoca, fu un viaggio alla ricerca della bellezza
dello spirito. Si lasciarono travolgere dal mistero e dalla passione verso la
costante testimonianza, che diventò tradizione e difesa tra i valori, li portò
ad essere protagonisti. Il loro voler offrire la tensione del mistero, l’ansia
della Croce, il desiderio di un percorso esoterico fatto di simboli e di riti,
di sacro e magia aprì una chiave di lettura eretica.
L’eresia è anche
nel fascino di un mistero che non può offrire spiegazioni o giustificazioni
purchessia. La storia lascia la sua spiegazione. Il mistero invece si coordina
sulle corde di ciò che non può essere afferrabile dalla logica delle parole. E
il racconto dei Templari appunto pur essendo dentro la storia continua a vivere
in quella pagina che raccorda il mito a ciò che c’è di insondabile appunto nel
mistero.
Eretici non come non
credenti o come non rispettosi delle regole e delle leggi. Ma la passione e
l’amore sono il segno della rivelazione che si è consumata sul tracciato di una
volontà d’affermazione in Cristo. Furono dei grandi difensori della fede ma
forse non della liturgia. L’eretico non è quello che non crede. E forse quello
che crede di più anche attraverso l’offerta di una non teologia.
I Templari erano
convinti comunque che la fede non era la liturgia. Nella fede c’è la passione.
La liturgia ci incamera un concetto strano di legalità. Ebbene i templari da
questo punto di vista soprattutto oggi sono da considerarsi degli eretici nella
passione che travolge in nome solo della Croce. E quindi della redenzione.
Ovvero della difesa di una tradizione che pone al centro l’uomo, il suo essere,
la sua religiosità.
Tutto ciò è legato
ad un rimpossessamento valoriale di un concetto in cui la continuità storica ci
illustra la dimensione complessiva della temperie in cui i Templari operarono.
Andreas Beck in “La fine dei Templari” scrive: “…il destino dei Templari
era inestricabilmente connesso alle crociate, il cui fallimento portò in
occidente a gravi conflitti interni. Perché Dio non permise che l’ideale
europeo, occidentale, di cristianizzazione della Terra Santa avesse successo? I
crociati inizialmente idealizzati inizialmente da Bernardo Di Chiaravalle,
nonchè la loro espressione più sublime, l’ordine Templare non potè portare a
termine il suo compito. Ciò suscitò interrogativi e dubbi tormentosi: l’ordine
non potè fare ritorno in quella che era stata la sua terra d’origine indenne,
come se nulla fosse stato”.
Nel
corso dei secoli il Templarismo ha lasciato costanti segni la cui simbologia ha
si una chiave di lettura onirica e rituale ma ciò che riveste un suo interesse
particolare all’interno di questa grigia archetipale è la cultura del Templarismo
che trova il suo peso forte non solo nel “recupero” dell’immaginario” ma
soprattutto in quella difesa d’ideali cristiani e umanistici. L’umanesimo della
cultura è la costante proposta di un offerta di tradizione. Gli interrogativi
posti sono tanti.
Chi furono
realmente i Templari? Peter Partner in “I Templari” si chiede: “Fin
dall’inizio il mito templare era stato contrassegnato da ambiguità di
propositi. L’intenzione era religiosa o politica?”. Perché scindere questa
intenzione? Nella difesa della tradizione c’è indubbiamente una proposta di
politica culturale che pone all’attenzione tutto un contesto qual’ è quello del
medioevo. D’altronde sempre Partner afferma: “Il disprezzo manifestato da Marx
per chiunque rimpiangesse. L’ordine feudale medievale ci ha impedito di
cogliere la nostalgia che molti radicali e socialisti del primo Ottocento
nutrirono per il Medioevo. Non erano stati solo i conservatori a sognare
ardentemente il mondo gotico.”
In
questo concetto chiaramente c’è una valutazione politica. I Templari nel
mistero e nell’eresia hanno raccontato e continuano a raccontare la loro
avventura. Ma la storia che si fa sui Templari ha connotazioni politiche. In
realtà il manifesto dei Templari era un manifesto cattolico e conservatore il
cui nemico eccezionale fu la Rivoluzione Francese. Il Templarismo si scontrò
con il “progressismo” messo in moto dall’illuminismo. E nel risorgimento che
incarnò i valori del Romanticismo che il Templarismo acquisì una sua nuova
linea importante.
I templari sono un mito e
il templarismo è con noi. Come finirono? Ci fu un processo che consegnò alla
storia una delle farse più tragiche. Furono tutti sottoposti a giudizio. Alain
Demurger In “Vita e morte sull’ordine dei Templari” così sottolinea: “I
Templari sottoposti a giudizio si dividono in tre gruppi: coloro che furono
ritenuti innocenti, coloro che riconobbero i propri errori e si riconciliarono
con la chiesa, coloro che furono condannati”. Ma vennero torturati. E la
tortura ebbe uno scopo preciso. Quello di non stabilire la verità, ma di fare
di un sospettato un colpevole. Un processo farsa.
Ma i Templari essendo
considerati degli eretici dovevano essere resi “inoffensivi”. Nella loro storia
c’è passione e tradimento. Traditi dalla loro stessa passione. Un racconto il
cui fascino resta nell’avventura di un destino che si è fatto
tragedia.