PRESENZA LUCANA Presidente: Michele
Santoro
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Lunedì
10 giugno 2013
“I VENERDI’
CULTURALI DI PRESENZA LUCANA” – 23° Anno
A piedi nudi sui
ciottoli di Gianpiero F. Adornato
Si è
svolto per i “Venerdì Culturali di Presenza Lucana” un incontro che fa parte
della cartella “Narrativa Contemporanea” dal titolo: A piedi nudi sui ciottoli,
di Gianpiero F. Adornato. Hanno preso parte all’appuntamento, oltre al
moderatore Michele Santoro, lo storiografo, saggista ed esperto di
dialettologia Dino D’Angella e la saggista Viviana Verri. Roberta Laviola ha
letto due brani del testo, con il sottofondo musicale del pianista Giovanni Di
Benedetto.
Ha
preso parte all’incontro Gianpiero Adornato, autore del testo, nativo di
Cittanova (RC) e vivente in Basilicata, da moltissimi anni, dove esercita la
professione di ginecologo. Il libro, scritto con un linguaggio facile ed efficace,
dà lo spunto a un’indagine storica, antropologica, dialettologica (con tante
parole e soprannomi.)
Nella
lettura di un romanzo sono essenziali: l’individuazione del territorio in cui
si svolge la trama e il tempo in cui scorrono le scene narrate. Nel caso di “A
piedi nudi sui miei ciottoli” è la strada di un paesino della Calabria il luogo
principale centro della storia di tipo diaristico; il periodo è quello degli
anni bui, con altissima miseria, alla fine degli anni ’50 del secolo scorso.
Cos’era
la strada? Il luogo in cui una masnada di ragazzi s’incontrava e scontravano
con giochi cruenti e di fantasia che, al solo raccontarli, oggi sarebbero
incomprensibili.
Il
libro riesce a farci tornare indietro nel tempo e con tanta semplicità seguire
le storie di un bimbo sino ai suoi undici anni.
Il
testo di Adornato, pur nella sua scorrevolezza, è pieno di termini dialettali:
quelli che i bimbi usavano prima che la scuola insegnasse loro, a volte con le
“bacchettate” dei maestri, a parlare la lingua italiana.
Il
bimbo vede nelle scarpe, come una costrizione alla libertà, per questo, appena
può, le toglie per andare a piedi nudi sui ciottoli.
Molti
sono i personaggi del romanzo che si muovono e dimostrano, spesso, l’ostilità
verso il bambino. Così sono ben impresse le figure del maestro che dava
schiaffi sulla nuca dei bimbi ogni volta che essi passavano vicini e che offendeva
succhiando, in loro presenza, cioccolate. Altro personaggio non amato era il
prete che si rifiutò di somministrargli la prima Comunione.
Solo
con la madre il piccolo trova comprensione e rifugio, poiché lo comprende e lo
abbraccia dopo ogni marachella.
Oltre
la madre, anche una professoressa, quella di matematica non è ostile; per
questo nei suoi confronti egli usa tre aggettivi: dolce, cara e immensa
professoressa.
Anche
il padre, anche se distribuisce “currumate” (mazzate) con estrema facilità, è
una figura rispettata poiché rappresenta per il bimbo un uomo forte e capace.
Molti
sono gli scherzi, alcune volte cattivi, che il piccolo fa come conseguenza
diretta di dispetti ricevuti.
Il
bimbo cresce per la strada a pane nero e “currumate”, ma la sua è comunque
un’età felice ricordata con piacere.
Il
libro nasce come una confessione che Adornato fa al figlio che, prima della
lettura del libro, niente sapeva dell’infanzia difficile vissuta dal padre
nelle zone in cui viva era la forza della “ndrangheta”.
“I
ragazzi, oggi, vivono nel benessere, ma cinquanta anni fa questa parola non
esisteva nemmeno nel vocabolario poiché si era tutti poverissimi, ma non ce ne
accorgevamo poiché convinti che quella fosse la nostra vita”. (G.A.)
Il
testo affascina poiché è pieno di tante immagini scolpite e descritte come in
una fotografia, in cui sono ben evidenziati bambini che giocano, padri che
tornano dalla campagna e madri indaffarate in lavori domestici e ad accudire ai
bambini.
Articolo di Michele
Santoro