Poesia e morte. Un binomio
antico. Ha attraversato intere generazioni. Ritorna spesso. Ma è la poesia che
fa discutere di questi intrecci. Chi ricorda più la tragedia della poetessa
Isabella Morra? Era il 1546 quando Isabella Morra veniva uccisa. Aveva 26 anni.
Ed era bella.
Bella con i sogni tra i versi e le parole che
raccontavano solitudini nel tempo perduto in un feudo tra la Calabria e la
Basilicata. Suo padre era il signore di Favale.
Un feudo nella valle del Sinní. Era avverso agli
spagnoli e quando i francesi vennero scacciati dal Regno di Napoli il padre di
Isabella si rifugiò in Francia. Isabella fu affidata alla cura dei fratelli che
la costrinsero a vivere in una tragica solitudine.
Isabella si innamorò del poeta Diego Sandoval de
Castro sposato con Antonia Caracciolo. I fratelli appena scoperta la relazione,
senza pensarci due volte, uccisero Isabella e poco dopo tesero un agguato al
suo amante e lo trucidarono.
Era bella Isabella. Nel castello di Favale. Era bella
mentre tendeva lo sguardo a Diego Sandoval, mentre si amavano, mentre giocavano
nel tempo tragico a perdersi e a ritrovarsi. Era bella Isabella nell'ultimo
amplesso mentre con tristezza recitava:
Ogni mal ti perdono,/né l'alma si dorrà di te
giammai,/se
questo sol farai,/ahi, ahi, Fortuna (e perché far no 'i dei?):/che
giungan al gran Re li sospiri miei.
L'eco di lontananza e le voci del vento setacciate
nella notte. Notte di stelle e di tragedie. Favale era un deserto. Giovanni
Michele di Morra al servizio del Gran Re si trovava lontano dalla sua terra.
Isabella lo invocava.
Lanciava messaggi. E cantava una melanconia
struggente:
Torbido Siri, del mio
mal superbo/or ch'io sento da presso il fine ama/…/Dilli come, morendo, disacerbo /l'aspra fortuna
e lo mio lato avaro, /e, con esempio miserando e raro,/nome
infelice a le tue onde io serbo. /Tosto
cb'ei giunga a la sassosa riva /(a che pensar m'adduci, o fiera stella,/come
d'ogni mio ben son cassa e priva!),/inquieta l'onde con crudel procella,
/e di: < /non gli occhi no, ma
i fiumi d'Isabella>>.
Isabella morì sotto i colpi dei
fratelli. E anche l'amante poeta. Tra i sogni in un gioco infinito. Si perse un
amore nel tradimento consumato. E la fantasia era nella vita. Fantasia e
biografia: su questo tracciato si snocciola il mondo poetico di Isabella Di
Morra. Un tracciato poetico teso sulla corda di una esistenzialità inquieta e
addolorata.
Che cosa fu la poesia per Isabella? Una tragica
coincidenza? Il linguaggio come liberazione o come sintesi di una vita ? Chi lo
potrà mai confermare? E' certo che Isabella invocò sempre il padre. Il padre
come identità perduta. L'amore per Diego Sandoval come riferimento ritrovato.
Ma le coincidenze a volte sono più crudeli della vita stessa.
Gli amanti traditi in un rapporto d'amore vissuto sul
tradimento. E Antonia Caracciolo ? Quale tradimento più atroce dovette subire ?
Tradita e beffata. E non c'era, nel tutto, un filo sottile d'ironia. Ma il
destino è un cammino segnato che tocca le corde del tempo e incrocia l'amore
con la morte.
Isabella era bella lungo il fiume Siri (o Sinni). E
raccoglieva parole per raccontare favole o gloria di un tempo andato. E
chiedeva al padre di ritornare. Ma il tempo è lungo e le ore sono brevi. Il
tempo si sbriciola e i ricordi si condensano nella memoria. Tutto, alla fine, è
memoria. Anche il suo canto è una voce nella memoria che ritaglia sogni nelle
fantasie che si fanno futuro.
Ci sono racconti che imprigionano misteri e racconti
che si chiudono nella solitudine. I destini si incrociano. Isabella e Diego
Sandoval. 0 quell'altra storia di sofferta malinconia tra Bianca Lancia di
Agliano e Federico. L'imperatore Federico e Bianca. L'imperatore muore poco
dopo aver coronato il suo sogno d'amore con Bianca.
Dopo aver legittimato suo figlio Manfredi. Ci sono
viaggi imprevedibili e percorsi che diventano insondabili e indefinibili.
Isabella e Diego si sono amati pur sapendo a cosa andavano incontro. Ma ci sono
segreti tra le pieghe di ognuno di noi che non vorremmo rivelare neppure a noi
stessi. La vita è una tragedia che continua.
Per Isabella non c'era uscita diversa dalla sua
tragedia. Il suo canto disperato è una testimonianza di fuoco. Erano le lacrime
e il sangue che scorrevano nel Siri. E si faceva triste la sera. Sotto la luna
si intonavano rime di dolore. Una delle prime raccolte delle poesie di Isabella
apparve a Venezia nel 1552 ma a Napoli venne pubblicata la raccolta integrale
nel 1693. Sono passati 320 anni dalla pubblicazione completa del corpus
poetico. Fu Benedetto Croce a riscoprirla.
Poesia di meditazione. Poesia semplice. Poesia di
tristezza. Poesia della consapevolezza. Sono state usate tante terminologie.
Isabella Di Morra resta nella poetica della tragedia: sia biograficamente sia
letterariamente. Forse anche una poesia della solitudine.
Quella ch'è detta la fiorita etade,/secca ed
oscura, solitaria ed erma,/tutta ho passato qui cieca ed inferma.
Una commozione intensa pervade il dettato poetico. I
sogni sono dentro l'angoscia e le disperazioni sono graffi sui muri del
castello di Favale. E' un fiume che scorre. Ci sono parametri letterari sui
quali si potrebbe riflettere. Ma Isabella è la biografia che si fa poesia e
gioca con le onde di un amore - fantasia.
Deh, mentre ch'io mi
lagno e giorno e notte,/ o fere, o sassi, o orride ruine,/o selve incolte, o
solitarie grotte,/ulule e voci, del mal nostro indovine,/piangete meco a voci
alte interrotte/il mio più d'altro miserando fine.
In Leopardi ritorna questo
canto. Una tensione senza sirene che freme nell'angustia dei giorni che passano
e conducono inavvertitamente alla fine. In ogni fìne c'è sempre la fine di un
tempo. Ci si consuma aggrappati ad una attesa. E Isabella è stata colta dentro
questa attesa. Ma forse c'è anche un'attesa che manca.
Una poesia fatta di tensioni. Nelle biografie
ci sono sempre misteri intrecciati a segni indecifrabili.
Chi potrà mai penetrare i misteri o
chi potrà mai entrare dentro il fiume dei segreti? E' vero. Isabella era bella.
Nella disperazione era bella. La sua poesia è una testimonianza che continua a
tracciare percorsi.
La solitudine e poi la tragedia di
Isabella alla fine si trasformano in disperazione. Disperazione senza speranze,
disperazione senza ancore, disperazione chiusa nel silenzio. Amore e morte. Ma
l'amore è nella morte e la morte (e aveva ragione Michelstadter) è nell'amore -
vita.
Il destino crudele la circondò. La
avvolse nel suo mantello. Il suo testamento non giunse a termine. Pagine
bianche. E poi c'è la morte. Ma il tempo è più della morte. Ecco perché ancora
si racconta di Isabella Di Morra: donna di Favale nata nel 1520 e morta uccisa
nel 1546.
I suoi versi recitano e il suo amore
per Diego Sandoval è oltre il fiume. Ma la vita è nel tempo e l'amore è un
segreto.