Gocce di Pioggia a
Jericoacoara
La
baia danzante di una Pugnochiuso non ancora stile Bollywood, le spiagge
infinite di Copacabana e Jericoacoara, la Manhattan ancora fumante da
"Diavolo veste Prada": tutte legate da un filo rosso che tiene uniti
passione, avventura e mistero. Un nastro sottile che, a ogni istante, rischia
di essere tranciato dal filo tagliente degli eventi, ma che poi, magicamente,
continua a riavvolgersi nello 'spin' del tempo: il '68 dell'immaginazione al
potere e del "fou rire", gli anni '80 dell'Italia da bere, Nietzsche
e Marx che parlano insieme al bar, Beyoncé, Rihanna, il Papa seduto al piano...
Fino all'imprevedibile esito finale.
Nulla
si fanno mancare Lorenzo, Gaia, Arianna, Tomàs, Julim, l'inquietante Galatea...
Notte fonda a Jericoacoara, bagliori di luce nella Grande Mela: una galassia
di "particelle elementari" filanti senza direzione e senso,
staccatesi da quel magma incandescente che è la vita. Ma che poi, tra
Taranto, Roma e Firenze, "terza stella a destra", cominciano a
puntare dritte verso il traguardo.
Tratto dall’intervista
di Silvia Barbato (su Terza pagina – trimestrale di editoria e cultura –
maggio 2011)
Nasce per istinto romanziere,
anche se diverse circostanze lo portano lontano da questo genere e verso la
saggistica. Nicola Perchiazzi svela la sua prima passione pubblicando con
Sovera Gocce di pioggia a Jericoacoara, un romanzo completo e ricco
sotto ogni angolazione lo possiamo analizzare. Ci stupisce nella cifra
stilistica multistrato con stili e livelli in continua evoluzione, nel
movimento e nello spostamento, sì geografico ma soprattutto interiore, diviso
tra la crescita e la voglia di restare fanciulli legati al proprio presente;
alle sintesi sensazionali che uniscono il panta, pur evidenziano le
singolarità, a cominciare dai protagonisti.
Un romanzo che ispira voglia
di sperimentare, di tentare e di evolversi in tutto e per tutto, sempre.
Questo è il suo primo
romanzo. Cosa l'ha spinta a cambiare genere?
Non direi cambiamento, ma riaffermazione
del genere ‘romanzo’. In effetti sono nato come romanziere, ma, pur
credendoci molto, ho lasciato Gocce di pioggia a
Jericoacoara nel cassetto per alcuni anni, cinque. Nondimeno, una scrittrice
e pensatrice ‘borderline’, con cui ebbi un incontro/scontro sul web, avendo
letto ampi stralci del romanzo ne fu così colpita che mi spinse a tenere sempre
il ‘cassetto’ aperto…
Il Brasile è il
protagonista della storia. Cosa la lega a questo paese?
Un legame antico, risalente
agli anni ’70, ma legato più all’architettura che alle tradizioni o al
folklore. Infatti, all’epoca, nell’ambito dei miei studi di ingegneria edile,
m’innamorai della ‘scuola’ brasiliana, con il suo ‘stile’, per così dire
‘flessuoso’, armonico, sensuale, complice dei luoghi, della saudade e,
insieme, alegria dei suoi abitanti. E poi la musica, sia nella versione
‘soave’ sia in quella jazz. E le sue spiagge, le sue baie, i suoni di quella
lingua così intrigante.
Sì, come contraltare alla mia
passione giovanile per l’India e, più ‘cinematografica’, per Bora Bora e
spiagge cantando, quella per il ‘panciuto’ Brasile è da sempre una mia passione
non tanto nascosta.
Quanto è importante
per lei viaggiare?
Per dirla con Céline,
riprendendo l’incipit del ‘settimo giorno’ del percorso di miglioramento peak
performance del mio Prendi la PNL con Spirito!, potrei
dire: “Viaggiare, è proprio utile, fa lavorare l’immaginazione (…) Il
viaggio che ci è dato è interamente immaginario. E poi in ogni caso tutti
possono fare altrettanto. Basta chiudere gli occhi. È dall’altra parte della
vita.” Sì, i miei sono, innanzitutto, viaggi interiori, anche se, alla
Salgari, più realistici del re… Non viaggi per scavare nell’inconscio – non li
ritengo (Freud mi perdoni) utili – ma esplorazioni nei ‘mari interni’ e nel
‘deserto’ (qui e là delle oasi, anche qualche foresta). In ogni caso, il
viaggio è per me, sì il tragitto, ma soprattutto l’arrivo. E la sosta, ma
sempre in movimento…
Tante esperienze e viaggi
sono serviti a dare sostanza a quello che sono, in definitiva, i miei veri
viaggi – ripeto, viaggi
interiori che, un po’ per ‘vocazione’, un po’ per intralci vari, hanno, spesso
di necessità virtù, frenato i miei viaggi ‘esteriori’. Ma ora mi sento
obbligato – obligado – a toccare con mano Rio, Jericoacoara e New York.
Noblesse oblige.
Le storie che si
intrecciano vedono protagonisti un gruppo di ragazzi. C'è qualcosa di
autobiografico, o è pura fantasia?
Hai detto ragazzi. Giusto, i
due protagonisti, per quanto a cavallo dei cinquanta, sono ancora dei middlescents,
dei bambulti, dei ‘bambini adulti’: pieni di sogni, di ideali, di
idee… Dei forever young. Sì, questo mi ‘appartiene’. Come pure, anche se
con un po’ di ‘glosse’ e ‘cancellazioni’, il periodo sessantottino e post.
Le vicende sentimentali, rouge
& noir (ma anche il ‘colore’ ideologico), sono in parte vere, in parte
romanzate. C’è il solito intreccio tra realtà e reality (sai, la
‘civiltà dello spettacolo’). Comunque, nel sostrato e nell’afflato ideologico,
spirituale e filosofico, mi rispecchio in gran parte.
Qual è il messaggio
che vuole che arrivi al suo pubblico attraverso il romanzo?
Il messaggio, come ben si intuisce,
è ‘multilivello’. Per dirla con quella ‘web friend’ (una che di scrittura ne
capisce, anche se ideologicamente ‘scorrettissima’), il mio romanzo è: romanzo-rapsodia,
fervido di vita e voci, di ritmi e canti e risa, dal profumo di ingenue aurore …
vorticoso nel suo ritmo da derviscio tournant, vibrante di tensione e
trepidazione, ossimorico nei suoi dolci contrasti, dalla scrittura vivace,
geniale, estetizzante, ma tutt'altro che décadent, capace di affratellare
Policleto e i Beatles. Un ‘panta rei’ entusiastico ed entusiasmante, un fluire
di sapienze ed eresie, dall'oscillare inarrestabile, ebbro … una scrittura da
giocoliere della parola e da funambolo della nuance.”
Quindi, tema di fondo,
invogliare, specie i giovani, alla scrittura ‘creativa’, ossimorica, dai cambi
continui di ‘registro, giochi linguistici e assonanze (sviluppano il ‘cervello
destro’). E poi un ritorno ai grandi temi, al Pensiero Forte (anche
quello Debole ha avuto le sue ragioni, di cuore): la ‘grande’ politica,
la spiritualità, il mistero… Un nuovo Sessantotto in chiave rinascimentale e un
po’ medievale, insomma. Ma aperto al Nuovo (che avanza – non gli avanzi di
quello pseudo-nuovo che sembra ancora troneggiare sulle nostre tavole,
mediatiche e familiari).
In definitiva, un tentativo
di ‘nuove sintesi’. E una ‘visione’. E per questo l’ossimoro e l’eclettismo –
ma in senso creativo e critico – la fanno da padroni nel romanzo. Che le ‘gocce
di pioggia’ diventino un acquazzone…
Ha già in vista nuovi
progetti editoriali?
È chiaro che l’appetito vien
mangiando. Se prima pensavo di insistere nel filone ‘saggi’, ora è chiaro che
la mia passione fou preme underskin perché scriva un altro
romanzo. Ma questo senz’altro più slim del primo, molto in ciccia (ma
balla bene…). E poi, un po’ di carne già coceva. Si tratta di aggiungere un po’
di contorni, frutta e molte, molte spezie. Ci sarà molto vissuto e molta
fantasy, ideologia e humour, ma vorrei farlo ancor più magical mystery tour,
sia pure più ‘porta a porta’. Mi sa che sarà, non dico un thriller, ma
sempre un po’ noir. Penso a un ‘giallo’ filosofico-politico, un po’ alla Fight
Club, diciamo. Un romanzo sneakers e tacchi a spillo…
- Prezzo € 19,00
- Sovera
- Libro - Pagine 556
- Formato: 13,5x21,5
- Anno: 2011