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Intervista a Riccardo Brizzi, Presidente di TRI (Touch Rugby Italia)
giovedì 30 ottobre 2008 da touchrugbyitalia.it INTERVISTA A RICCARDO BRIZZI VARIANTI IN CRESCITA: IL RUGBY TOUCH Dopo il Rugby Seven, variante spettacolare del XV e prima del Rugby a 13 – da noi praticamente inesistente – vi raccontiamo qualcosa del Touch Rugby, gioco per tutte le età decisamente unisex Se da noi è praticamente agli albori – anche se esistono federazioni, leghe e tornei – nell’altro emisfero il Touch Rugby è un fenomeno di massa, che in Australia conta un milione di praticanti, di cui 500mila solo nelle scuole. Stessa musica a qualche miglia (marittima) di distanza: in Nuova Zelanda è giocato dove capita, in piazza, nelle vie, durante le feste di paese, un po’ come da noi succede per il calcio. Mutuato dal classico riscaldamento prepartita o preallenamento, il touch è un “quasi rugby”. La palla è ovale, si passa indietro, si cercano “i buchi”, si schiaccia in meta ma con alcune differenze, non da poco: non esistono placcaggi (una volta toccati – touch appunto – ci si deve fermare), mischie, maul e calci, sia in touche sia tra i pali. IL SEGRETO DI UN SUCCESSO Apparentemente togliere al rugby il placcaggio è un controsenso ma eliminando gli scontri fisici – e di conseguenza gli infortuni – il touch permette a chiunque, grande o piccino, giovane o vecchio, neofita o ex campione, di provare a giocare in tutta sicurezza, sfoderando tecnica e astuzia, lasciando a casa (o ai ricordi) il coraggio, la cosiddetta “ignoranza” e le preoccupazioni di mamme e mogli. CARATTERISTICHE Il campo di gioco misura 70x50 metri, le partite durano 40 minuti (due tempi da venti) e le squadre sono composte, normalmente, da 12 persone ciascuna, 6 titolari, 6 panchinari. Essendo molto veloce, i cambi si effettuano “al volo”, come nell’hockey e di solito i giocatori sono “gemellati”, con cambi preorganizzati. Si hanno, ciascuna squadra, 6 turni di gioco (6 tocchi), dopo i quali – se non si è segnata la meta – c’è il turnover, il cambio palla. Quest’ultimo può avvenire anche in caso di “avanti” o di un’infrazione di fuorigioco. FUORIGIOCO E’, ancor più che a XV, fondamentale. Una volta “toccato”, infatti, l’attaccante deve mettere la palla per terra, in mezzo alle gambe (roll ball), a disposizione del mediano; mentre i difensori hanno l’obbligo di posizionarsi a cinque metri di distanza, pena il fallo. Con questo sistema – soprattutto nella propria metà campo - una squadra abile nel sostegno può guadagnare moltissimi metri, sfruttando il lento riposizionamento degli avversari (in gergo tecnica freccia). Altra regola fondamentale è che il mediano – o meglio, chiunque ha il compito di smistare la palla lasciata a terra da un compagno – può ripartire ma in caso di tocco la palla va agli avversari. Per questo, chi “ricicla” la palla da terra si avventurerà in un’azione solitaria solo se vicino all’area di meta. Per saperne di più abbiamo scambiato due chiacchiere con Riccardo Sergio Brizzi, presidente di Touch Rugby Italia (www.touchrugbyitalia.it), associazione per la promozione del touch in Italia e rappresentante del nostro paese alla Fit (Federazione internazionale touch) Presidente, dove volete arrivare voi della TRI? Dopo campionati continentali a Parigi di quest’anno – con buoni risultati della formazione openmix - i nostri prossimi appuntamenti sono gli europei nel 2010 e i mondiali nel 2011. Openmix, che significa? E’ la categoria principe del Touch: prevede almeno 3 femmine in campo durante le partite. Detto così sembra difficile ma in realtà – visti i nostri numeri – per noi è più complicato comporre squadre femminili e maschili; così le mischiamo. Come si deve approcciare al touch? Io posso parlare da ex giocatore, fino ai 30 anni ho giocato a un buon livello. Con il touch mi sembra di rivivere tante sensazioni della mia giovinezza ovale: il contatto con la palla, la ricerca del buco, il sidestep, da subito mi sono sentito a mio agio. E chi non ha mai praticato? Bastano due sedute, due allenamenti per giocare con gente più esperta e migliorare ulteriormente. E’ davvero per tutti? Si, perché eliminando i fattori di rischio – placcaggio ma anche mischie, ruck e maul – si aumenta a dismisura il bacino del touch rugby. Per i bambini è propedeutico, per i giovani è una cosa in più e per gli “anziani” l’alternativa ai tornei old, spesso frequentati da autentici esaltati. Touch non è rischio, solo divertimento. Stanno nascendo squadre, lungo la penisola? Se non veri e propri club, gruppi di appassionati, sempre più numerosi. Per questo l’anno prossimo partirà il primo campionato italiano di Touch Rugby (da maggio a settembre), con 4 tappe – Milano, Mantova, Belluno e Taranto. Ci saranno delle categorie particolari? In realtà vorremmo introdurre una sorta di handicap per favorire la discesa in campo di ragazze e ultratrentenni. Le squadre con più donne partiranno già con delle mete segnate. Ma il touch si avvicina più al seven o al XIII? Con 6 giocatori e un campo comunque ampio, il seven è il fratello maggiore del touch. Non solo, anche stile (di corsa e di gioco) e velocità sono comuni. Il XIII è uguale solo per la regola del turnover, per il resto è talmente fisico da essere agli antipodi del “toccato”. ==> CLICCA QUI |