ILVA:
USB, ACCUSE CORTE EUROPEA IMPONGONO
STRADA DI
NAZIONALIZZAZIONE E BONIFICA
La
notizia dell’apertura di un procedimento nei confronti dello Stato italiano,
accusato dalla Corte europea dei diritti umani di non aver protetto dalle
emissioni dell'Ilva la vita e la salute dei cittadini di Taranto e dei comuni
vicini, dimostra in maniera chiara ed inequivocabile quanto l’USB denuncia da
tempo: la necessità di mettere realmente in sicurezza gli impianti
dell’ILVA, sia per la tutela dei cittadini e dell’ambiente che per la sicurezza
dei 11.800 lavoratori tarantini.
L’USB,
che peraltro si è costituita parte civile nel processo contro l’ILVA “Ambiente
Svenduto”, iniziato ieri a Taranto con oltre 40 imputati (tra i quali Fabio e
Nicola Riva, l’ex presidente Vendola, il sindaco di Taranto, l’ex presidente
dell’Ilva Bruno Ferrante, l’ex responsabile dei rapporti istituzionali
dell’Ilva Girolamo Archinà), evidenzia che tutte le gestioni commissariali
hanno lavorato solo ed esclusivamente negli interessi del mercato, con il
favore e la compiacenza di Cgil-Cisl-Uil.
Sotto
accusa anche i decreti “Salva ILVA”, con cui il Governo, tutto rivolto a
salvaguardare gli interessi dei soliti noti, ha permesso la continuazione delle
attività produttive.
Il governo
italiano è inoltre oggetto di un nuova procedura d’infrazione da parte della
Commissione Europea, ancora una volta per questioni molto gravi di inquinamento
e mancata salvaguardia della salute dei cittadini, che in breve tempo
sarà sottoposta alla Corte di Giustizia Europea con sede in Lussemburgo.
L’USB
ribadisce dunque l’unica soluzione praticabile per una vera via d’uscita: il
ritorno in mano pubblica dell’ILVA, per permettere la salvaguardia dei posti ed
un’effettiva bonifica, che sia veramente garanzia per la salute di chi lavora e
di tutti i cittadini, sacrificati in questi anni al più bieco profitto.
Roma, 18 maggio 2015
Ufficio Stampa USB
Rossella Lamina
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