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Comunicazioni M5S
giovedĂŹ 7 settembre 2017

da G. L'Abbate, deputato M5S

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da Valerio L'Abbate
Ufficio Stampa Deputato Giuseppe L’Abbate
Ordine dei Giornalisti della Puglia
Tessera n. 105289
valerio.labbate@camera.it
www.giuseppelabbate.it

342.8632827


SULLA LEGITTIMITÀ DELLA SOPPRESSIONE DEL CORPO FORESTALE DOVRÀ ESPRIMERSI LA CORTE COSTITUZIONALE

 

La Consulta dovrà valutare se la scelta del Parlamento di militarizzare un Corpo di Polizia ad ordinamento civile sia incostituzionale. Per L’Abbate (M5S), “sarebbe un ulteriore segnale dell’incompetenza del Governo Renzi”

 

Fortemente voluta da Renzi nel 2016 con la cosiddetta Riforma Madia, la legittimità della soppressione del Corpo Forestale dello Stato (CFS) e l’assorbimento del suo personale nell’Arma dei Carabinieri sarà ora valutata dalla Corte Costituzionale. Il provvedimento è il risultato del vasto contenzioso apertosi dinanzi a numerosi Tribunali Amministrativi Regionali (TAR) sul territorio italiano a seguito dei ricorsi di oltre 2.000 membri dell’ex CFS che, dopo la riforma, avevano visto mutato il proprio status giuridico da civile a militare. La Corte Costituzionale, investita dalla questione dal TAR, dovrà valutare anche se il Parlamento, nel delegare la riforma al Governo, sia intervenuto in modo troppo indefinito e generico e se la scelta dell’Esecutivo renziano di militarizzare un Corpo di Polizia ad ordinamento civile sia in contrasto con la tradizione e l’evoluzione giuridica della normativa in materia.

 

“In attesa della decisione della Consulta – dichiara il deputato pugliese Giuseppe L’Abbate, capogruppo M5S in Commissione Agricoltura alla Camera – le cause introdotte sull’intero territorio nazionale dovranno sospendersi, potendo la decisione dei giudici costituzionali sovvertire le sorti del Corpo Forestale dello Stato e del suo personale, decise in modo poco ponderato. Il Movimento 5 Stelle è sempre stato contro la militarizzazione del CFS – continua L’Abbate (M5S) – e, se la Consulta confermerà l’incostituzionalità, ciò sarà un ulteriore segnale dell’incompetenza del Governo Renzi che ha voluto per forza cancellare un corpo che ha una storia dal 1822”.



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AGROALIMENTARE: L’INUTILE GUERRA DELLE MOZZARELLE

 

La genericità del termine “mozzarella” è sostenuta da Giurisprudenza, ricerca universitaria e normative nazionali e pertanto la guerra commerciale tra la Mozzarella di bufala campana Dop e la Mozzarella di Gioia del Colle non sussiste. L’Abbate (M5S) invita a sostenere le due filiere e ad adoperarsi per il loro sviluppo per il bene dell’intero Meridione

 

La Regione Campania si oppone fortemente al riconoscimento della denominazione di origine protetta Mozzarella di Gioia del Colle e ha già dichiarato che porrà in essere tutte le azioni necessarie per tutelare la Mozzarella di bufala campana Dop, prodotto di punta del suo comparto agroalimentare. Al contempo, il deputato Paolo Russo (FI) ha lanciato una petizione online nonché presentato una interrogazione parlamentare per chiedere al Ministro delle Politiche agricole Maurizio Martina di sospendere la procedura per il riconoscimento del marchio DOP al prodotto caseario della Murgia pugliese. Insomma, è scoppiata la “guerra delle mozzarelle”, un conflitto tutto italiano e meridionale che vede incredibilmente contrapposte due tipicità vanto del made in Italy, una di latte di bufala l’altra di latte vaccino, per presunti equivoci e confusioni che potrebbero ingenerarsi nei consumatori nazionali e internazionali.

 

“Ma piuttosto che disperdere energie in inutile e fuorvianti ricorsi e intraprendere una insensata guerra all’interno del comparto caseario, sarebbe più utile e proficuo per l’intero comparto zootecnico e agroalimentare del Mezzogiorno adoperarsi per promuovere le singole filiere – dichiara il deputato pugliese Giuseppe L’Abbate, capogruppo M5S in Commissione Agricoltura alla Camera – Peraltro, è paradossale che la genericità del termine ‘mozzarella’ sia stato fortemente voluta in passato proprio dagli stessi produttori di mozzarella di bufala per contrastare le contraffazioni di chi utilizzava latte vaccino o mischiava i due latti per la loro realizzazione. Ora si punta a mettere in contrapposizione, per polemica politica o per insensati campanilismi, due filiere di latte importanti: una bufalina e l’altra vaccina che andrebbe sostenute come espressione tipica dei territori campani e pugliese”.

 

Ad oggi, infatti, l’unica “mozzarella di bufala” è quella campana Dop. Chiunque altro produca in Italia o nell’Unione europea una mozzarella con latte bufalino non Dop può farlo ma solamente utilizzando la formula del doppio genitivo “mozzarella di latte di bufala” alla quale non può essere associata in alcun modo una denominazione geografica. Il termine “mozzarella”, peraltro, è privo di tutela e può oggi essere utilizzato liberamente anche per indicare formaggi freschi prodotti al nord con latte vaccino come ribadito sin dal 1982 dai professori universitari Cortesi e Maranelli nel loro studio “Fiordilatte e Mozzarella: Considerazioni di ordine igienico e normativo”. Inoltre, è l’allora ministro delle Politiche agricole, il salernitano Michele Pinto (PPI), ad aver riscostruito la storia terminologica dei prodotti caseari realizzati con latte di bufala o con latte vaccino. Rispondendo ad una interrogazione parlamentare nell’ottobre 1998, Pinto ricorda il decreto del Presidente della Repubblica del 1979 volto a proteggere il prodotto ottenuto con latte di bufala rispetto al prodotto ottenuto prevalentemente o solamente con latte di vacca. Nonché la volgarizzazione del termine “mozzarella” sostenuta anche da numerose sentenze di Cassazione passate in giudicato che ne permettono l’uso a chiunque.

 

“La soluzione ideale per venire incontro alle richieste di riconoscibilità esclusiva dei produttori di Mozzarella di bufala campana Dop potrebbe effettivamente essere, come ha già suggerito qualcuno – conclude il deputato Giuseppe L’Abbate (M5S) – quello di sottolineare graficamente nel marchio l’origine vaccina del latte della Mozzarella di Gioia del Colle Dop. Avremo così due filiere in grado di sostenere l’agroalimentare del Sud Italia, ognuna con proprie specificità e caratteristiche e senza che una sia tacciata di essere la bella o brutta copia dell’altra. Indi l’invito è quello di foderare le sciabole per rimboccarsi le maniche”.

 





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