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Accoglienza ai migranti: luoghi comuni e “miti” da sfatare

lunedì 27 luglio 2015

comunicato della Presidente dell'Associazione Salam ong, dott.ssa Simona Fernandez

Sono molte le domande sui "diritti e doveri” dei migranti che in questi giorni stanno impazzando in tutta Italia. Storiche rimarranno le immagini di Roma in cui alcuni esponenti di CasaPound hanno "accolto" i migranti a suon di lancio di pietre e grida xenofobe. Le accuse sono sempre le stesse "loro hanno più diritti di noi". In realtà non è sempre così e molti luoghi comuni sui migranti sono facilmente sfatabili leggendo la legge italiana che in materia di migranti detta regole precise e certe.

Prima cosa, l'accoglienza è data a chi "privo di mezzi di sussistenza" fa richiesta d'asilo politico e di un alloggio in base al DLG 140/2005. Tale indigenza, una volta comprovata dall'Ufficio Immigrazione della Questura dove viene redatta la domanda d'asilo, dà diritto ad un alloggio a carico dello Stato Italiano per il tempo necessario al disbrigo della pratica di richiesta d’asilo che dovrebbe essere normalmente un periodo di massimo 6 mesi ma che varia a seconda del numero di domande che devono essere evase dalle Commissioni Territoriali.

Va chiarito che molti dei migranti che giungono in Italia, compresi quelli che sbarcano nel nostro porto, non accettano la collocazione in alloggi del Ministero dell’Interno e preferiscono muoversi verso altre destinazioni, altri invece dispongono di mezzi di sussistenza e pertanto, pur facendo domanda d’asilo, trovano sistemazioni personali sul territorio italiano. Tutto questo non è solo legale, ma legittimo in quanto i migranti non sono “prigionieri” dello Stato Italiano e pertanto possono muoversi liberamente nel rispetto delle regole. Ovviamente questo non deve però portarci fuori strada credendo ad esempio che quello che accade a Ventimiglia sia causato dall'incapacità dello Stato Italiano di accogliere, ma è soprattutto l’effetto del desiderio dei migranti di raggiungere altri stati europei.

Altro luogo comune che impazza nei programmi televisivi è relativo al “costo” dei migranti di 30 euro al giorno. In realtà i famosi 30 euro, che per dovere di cronaca dobbiamo dire che possono arrivare fino a 35 qualora le ditte appaltatrici ne facciano richiesta, comprendono una serie di servizi al migrante (avvocati, psicologi, educatori, assistenti sociali, medicine, visite, corsi d i lingua italiana, vestiario vitto e alloggio) e il famoso pocket money. Pertanto è inesatto dire che il migrante prende “solo” 2,5 di pocket money”, perché in realtà il migrante usufruisce di 30 euro di servizi al giorno, compreso i pocket money.


Altro luogo comune è chiamare i migranti “clandestini”, in quanto tutte le persone che fanno richiesta d’asilo in Italia sono “richiedenti asilo” non clandestini. Ovviamente anche nell’iter per richiedere asilo ci sono dei limiti, in quanto non tutti i migranti possono fare domanda d’asilo e questo a seguito di accordi bilaterali tra Italia e alcuni stati del Mediterraneo come: Egitto, Tunisia, Algeria e Marocco. Certo, rimane dubbia la “non esistenza” di problemi politici in paesi come l’Algeria da anni governata da Abdelaziz Bouteflika e le stesse perplessità giungono se si valuta l’assenza di “discriminazioni etniche” in Marocco, dove dagli anni settanta i Saharawi non hanno diritto all’indipendenza, ma ovviamente questo rientra nella politica internazionale dell’Italia e di certo gli interessi nazionali tagliano le gambe alla speranza di molti migranti che vengono espulsi. Non volendo però entrare nel merito della politica internazionale italiana, ma proseguendo sull’analisi dei luoghi comuni e dei diritti e doveri dei migranti, vogliamo analizzare anche la problematica relativa ai permessi di soggiorno evidenziando che i richiedenti asilo hanno tutti un permesso di soggiorno valido sul territorio nazionale e che la posizione di “richiedente asilo” dà diritto all’assistenza sanitaria gratuita e l’iscrizione al Servizio Nazionale Sanitario: il che vuol dire avere anche un medico di base. Anche qui vogliamo sfatare il concetto che nei Centri di Prima Accoglienza debba esserci un medico, in quanto i migranti, avendo un medico di base, come noi, devono recarsi nello studio del dottore; e non che il dottore della ASL deve recarsi in visita da loro! L’inclusione sociale passa anche da qui e, soprattutto il diritto all’assistenza sanitaria pone il migrante allo stesso livello del cittadino italiano, pertanto “lamentarsi” che non ci sono medici nelle strutture d’accoglienza è sbagliato e soprattutto sottende l’idea che si debbano ghettizzare i migranti e offrire loro dei servizi mirati e non integrarli nei servizi del Paese.

Infine, proprio in questi giorni si è discusso sull’ottenimento o meno della carta di identità da parte dei migranti. Va subito chiarito che molti migranti ospiti in centri come gli SPRAR o le case famiglie, godono di diritti differenti di quelli dei centri di Prima Accoglienza e questo per la natura stessa dei CPA, che dovrebbero essere luoghi di “passaggio” e non di stallo.Credete possibile ad esempio rilasciare una carta d’identità con residenza nel “Pala Ricciardi”? Questo non solo per un fattore di possibilità o no, ma di legge Italiana, la quale impedisce il rilascio della carta d’identità nei Centri di Prima Accoglienza. A tal proposito ai sensi dell’art. 6, co. 7 del TU immigrazione la permanenza superiore a 3 mesi in un centro d’accoglienza costituisce dimora abituale e pertanto legittima la richiesta di iscrizione anagrafica, il che peraltro non impedisce di ottenere l’iscrizione anagrafica anche prima di tale periodo. Fatta eccezione per le strutture destinate alla prima accoglienza e soccorso (CDA, Centri d’accoglienza, L. 563/1995, c.d. Legge Puglia, come modificati in CDI, Centri di identificazione, L. 189/2002, c.d. L. Bossi-Fini). Pertanto, seppur sembrerebbe logico e facile il rilascio della carta d’identità ai migranti, questo non è per legge possibile. Non ci sembra giusto? Comprensibile, ma non basta non essere d’accordo, bisognerebbe cambiare la legge, cosa che non possiamo fare né noi, e neppure il Comune di Taranto ma nello specifico Regione e Governo, di loro competenza.

Da parte dei migranti vi è poi una “mal-interpretazione” di cosa sia la carta d’identità, infatti spesso i migranti chiedono di ottenere la carta d’identità per la convinzione di considerarla “documento” con il quale viaggiare in Europa al pari dei “cittadini europei”, cosa non possibile per i “cittadini extraeuropei” che devono avere permesso di soggiorno e titolo di viaggio o passaporto. Inoltre avere la carta d’identità non “legittima” la permanenza in Italia in quanto l’unico documento che ne permette la permanenza rimane il permesso di soggiorno.

A questo punto vi riportiamo un dato relativo al rilascio dei permessi di soggiorno come “rifugiato” sui migranti passati per i centri di Salam su Taranto. Infatti su più di 600 migranti passati per i centri di Salam, solo 15 di loro hanno ricevuto il permesso di soggiorno dopo la “Commissione Territoriale” e nello specifico 10 di loro hanno ricevuto la protezione umanitaria in quanto minori, mentre 4 per motivi connessi alle loro storie. Solo 1 di loro è stato riconosciuto rifugiato politico. Questi dati ci riportano sicuramente a una profonda analisi sulle migrazioni che stanno caratterizzando questo periodo, sicuramente migrazioni più motivate da ragioni economiche che di ragione politica, etnica e religiosa per l’area africana, ma forse questo dovrebbe spingere a una revisione dell’intero iter di ingresso, permanenza e rilascio dei permessi di soggiorno, visto che il diniego di una forma di protezione causa la necessità di fare un ricorso in Tribunale che, qualora non si concluda positivamente, porterà verso l’espulsione dello Stato Italiano.



da dott.ssa Antonietta Podda
addetta stampa
Salam ONG
380.7587924







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