21 febbraio.
Giornata internazionale della lingua.
Le lingue Le
diversità I processi culturali
di Pierfranco Bruni*
La lingua madre e le diversità. Resta un rapporto fondamentale soprattutto in
quelle civiltà in cui le convivenze tra eredità, lingue e linguaggi creano non
solo processi di confronto ma anche ricchezze tra culture. La lingua e le
lingue sono il passato e il futuro, che già si vive nel presente dei popoli e
delle Nazioni. Il 21 febbraio si celebra la giornata internazionale della
lingua madre. Processi letterari, dunque, e dimensioni etniche. Abitare una
lingua, sosteneva Elias Canetti. È su questo presupposto che il discorso sul
rapporto prima citato si pone con delle riflessioni. Dall’indifferenza alla
nostalgia. Tra i segni e le memorie il tracciato è un lungo ricordo.
Etnos-
popolo. Tra etnie e scrittori. Ci sono processi culturali che si prestano ad
una chiave di lettura in cui il valore antropologico e la “misura”
etno-linguistica offrono delle interpretazioni che hanno delle caratteristiche
che penetrano il senso mitico simbolico delle civiltà. Il mito e il simbolo
sono dominanti di un percorso certamente etnico che scava all’interno di quelle
dimensioni che si prestano ad un riscontro letterario.
La letteratura ha, chiaramente, modelli grazie ai quali è possibile sostenere
un rapporto sempre più nevralgico tra la parola (meglio sarebbe dire codice
delle parole) e i fattori che riguardano più direttamente il sentimento della
tradizione. Infatti l’incastro antropologico che si vive nella letteratura è un
vissuto completamente dentro la storia delle comunità, le quali sono comunque
espressioni di civiltà.
Quando si parla di minoranze etnico-linguistiche è necessario ridefinire il
senso e il tempo della loro presenza sul territorio ed è proprio la
letteratura, grazie a scrittori e viaggiatori che vi hanno sostato o hanno
penetrato l’anima del popolo attraverso uno scavo psicologico ed esistenziale
del luogo, che ha gli strumenti per indagare nella stratigrafia di quella
coscienza comunitaria dalla quale il sentimento della consapevolezza diventa
realtà identitaria pur in una visione in cui il concetto di diversità resta
fondamentale.
L’indifferenza nei confronti della diversità dei popoli è una sovrastruttura
che non ci allontana dal problema reale perché in fondo è proprio da questa che
il rapporto parola tradizione non assume uno spessore dissolvente ma ci mette a
contatto non tanto o non solo con le eredità ma soprattutto con la nostalgia.
Il passaggio dalla indifferenza alla nostalgia non è soltanto un fenomeno
culturale. È piuttosto un attraversamento non solo di valori ma di
raggiungimento di quell’ordine sancito dai sentimenti che portano a capire le
matrici dell’appartenenza. E se si volesse ancora insistere su questo dato non
si potrebbe che aggiungere che il passaggio dalla indifferenza alla nostalgia è
sancito proprio da una metafora indissolubile che è quella del mito-simbolo.
Nella letteratura il tracciato della metafora del viaggio è costantemente
legato ad alcuni elementi principali: quello della terra, ovvero del
riferimento ad una terra, quello del sentimento dello straniero, quello del
vivere continuamente come se si aspettasse sempre un ritorno. Il saggio che qui
si presenta è un progetto per capire il valore e il senso di un rapporto tra
modelli etnici e letteratura, tra luoghi e scrittori.
La letteratura, da questo punto di vista, lacera le croste della indifferenza
per far approdare l’uomo e le civiltà ad un porto. Gli scrittori e i poeti sono
quelli che maggiormente hanno viaggiato, da naufraghi e da pellegrini,
nell’etnos di una civiltà. E riferendosi in modo particolare a quelle culture
minoritarie e a quegli scrittori che hanno abitato i luoghi che presentano
realtà etniche ben contraddistinte la dimensione-visione del tempo-spazio nel
gioco di quelle immagini metaforiche resta un dato nevralgico per sottolineare
una interpretazione che non può essere letta soltanto come dato folcloristico
ma la funzione puramente letteraria assume una struttura significativa e
indelebile.
Qual è in fondo il dato meditativo di questo confronto? È appunto il trasporto
che va da quella che abbiamo chiamato indifferenza alla nostalgia. Possono
anche non essere constatazioni concrete in quanto si lavora e si opera anche
intorno a modelli percettivi. Nel catturare l’indifferenza nei confronti di una
civiltà altra si cerca non solo di indagare il perché ma anche di capire il
sentimento stesso dell’indifferenza. Il più delle volte l’indifferenza è
dovuta alla non conoscenza e quindi alla non consapevolezza di una identità
storica.
Quando viene meno la consapevolezza vengono meno i segni dell’appartenenza.
Ed ecco perché è necessario insistere su una pedagogia della consapevolezza dei
luoghi e del valore etnico. Una volta introdotto un tale discorso nella
temperie della consapevolezza il passaggio verso il sentiero della nostalgia
diventa intrigante.
Si ha nostalgia perché ci si rende conto dell’appartenere ad una cultura che
si trasmette tramite la tradizione. Ed allora è qui che il dialogo tra
tradizione ed identità, nel segno appunto dell’appartenenza, resta di una
notevole importanza. Un altro fattore che gioca in questo passaggio è
naturalmente quello della lingua perché la lingua è un veicolo di comunicazione
ed essendo tale riesce a partecipare valori di senso grazie ad una griglia di
elementi linguistici che ci portano dentro le matrici dell’essere civiltà. Si
ritorna dunque al concetto di fondo che è quello del legame tra la lingua e la
tradizione.
Pertanto la letteratura riesce a catturare questo legame nell’immenso scenario
dei simboli. In fondo raccontare una terra, un mare o un luogo in termini più
generali significa una proposta di immagini ma le immagini vanno lette e la
lettura non è sempre di facile approccio perchè deve sapere imprigionare tali
immagini con il sentimento dell’essere e dell’appartenere.
Il processo al quale si faceva riferimento all’inizio si inserisce perciò in
una duplice entratura di leggibilità. Una completamente etnica l’altra
profondamente letteraria. Noi cerchiamo di metterle insieme con la presenza di
una meditazione sui temi in questione ma in modo particolare con l’opera di
quegli scrittori e di quei poeti che non hanno “ragionato” sui luoghi ma li
hanno, come si diceva, percepiti e soprattutto sentiti.
Sentire un luogo non è soltanto appartenere un luogo, ma è anche viverlo con
l’intensità di una nostalgia che riesce ad avere senso solo se la letteratura
ha la forza di porre in essere l’umanesimo dell’appartenenza stessa. Sia in un
approccio linguistico sia in un raccordo di sentimenti con quella geografia del
luogo che sostanzialmente, per uno scrittore, è geografia dei suoni, dei
linguaggi, delle memorie, dei ricordi.
Quindi è una geografia della nostalgia. In un tale contesto la letteratura può
farsi, in questi specifici casi, etno-linguistica, etno-storia in un
inserimento di quella estetica che può diventare dissolvenza del reale per
restare, nella stessa rappresentazione del reale, estetica della nostalgia.
Etnos-popolo-civiltà. Qui l’intreccio diventa una vera e propria metafisica
dell’anima. Si ritorna alla antica metafora. Abitare un paese, abitare una
lingua. Si abita una lingua perché si vive una Nazione, come metafisica della
storia e delle geografie, tra civiltà e popoli.
* Responsabile Progetto "Minoranze
linguistiuche - etnie" del Ministero dei beni e le attività culturali e il
turismo