Figli lontani.
Io e la mamma
ci affacciamo al balcone di casa,
specie di sera,
quando ci prende la malinconia,
noi tendiamo le
braccia
là , da noi
lontani avete costruito il vostro nido,
La nostra casa
è vuota: rivediamo le vecchie scarpe,
la sciarpa di
lana, le camicie sul letto, i fazzoletti,
il bel quadro
della vostra laurea in medicina ed ingegneria,
sentiamo la
vostra voce, il respiro e poi nulla,
il vuoto, il
silenzio.
E’ triste ,siamo
come una campagna sterile,
un vecchio muro
abbandonato,
un giardino
senza fiori,
un castello
scalcinato del remoto passato.
Non basta il
telefono, non basta nulla,
ora ci dite che
ogni telefonata arreca noia,
solo fastidio
e parole inutili.
Rivediamo le
bambole nella canestra,
i vecchi libri
di filosofia e fisica,
e corriamo
dietro ai fantasmi vuoti.
Noi, non lo
sapete, moriamo ogni giorno
alla luce del
sole.
Nulla vi
importa di noi genitori,
attendete i
beni, soltanto.
Non interessa
nemmeno la morte ,
Io e la mamma
viviamo la nostra solitudine,
in una casa
vuota, senza voce ed anima.
Ci definite “
anziani e vecchi “ Peccato!
Cosi non è.
Ci resta la
balconata del ricordo,
il vissuto in
casa nostra,
le preghiere
della mamma,
le tante
vicissitudini, le traversie,
Chiedere scusa per
gli errori ?
A chi ?
Inventateli pure, sparlate !
Noi siamo un
albero di ciliegio senza frutto,
un giorno senza
alba,
una notte
d’inverno, sempre.
La distanza del
tempo non ci porta alla morte,
ma la vostra è
una lontananza di figlio,
il nostro cuore
è a brandelli ,voi,
voi due restate
“ pizze ‘e core “.
Vedete ? Non
sono un poeta,
ma scrivo come
mi detta il cuore,
povere parole
che non arriveranno mai
Peccato ! Avete
dimenticato il vostro tetto.
Peccato ! Siete
diventati altro da noi
su di noi cade
la notte buia,
cade l’ombra
della sera
il gelo
dell’inverno.
Le mie parole
vane
Come le
risposte che voi ci date
per telefono
Solo la morte
potrà farci conoscere,
noi vostri
genitori ieri come oggi,
per sempre.
Non servono gli
amici,
nemmeno il
veglione di capodanno,
ovunque siamo
avvertiamo il passo del silenzio,
la voce
dell’oblio,
la dimenticanza
di chi troppo ha amato
in compenso ha
solo ingratitudine.
Lo dice il
ostro cuore,
quello della
mamma e di un padre,
che scrive
povere parole.
Voi dormite e
vi levato da letto,
noi vi amiamo
senza letto e casa,
siete ancora
nostri figli lontani,
lontani da noi,
lontani, lontani.
Giovanni Parisi
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Natale.
Dorme un bimbo
nella capanna,
cade la neve
lenta lenta , lenta,
la madre canta
la ninnananna,
racconta e mira
ed è contenta.
Cade l’ombra
della sera tarda,
il bimbo sogna
e va lontano,
la luna splende
in alto, maliarda,
suona
un’armonica come richiamo,
un richiamo
nella notte scura
attorno belano
tante pecorelle,
un’ombra si
avvicina ed è paura,
fanno ciao ciao
le lontane stelle.
Una stalla, il
fiato di un bue e asinello,
si curva la Madre sul figlioletto
sogna il bimbo
di stare in un castello,
due travi
soltanto ha come tetto.
Per letto la
paglia della stalla,
i Magi arrivano
con i cammelli,
soffia la
tramontana e traballa,
recano incenso,
mirra , son gioielli.
Esitanti le
nuvolette bianche,
il cielo è
terso, diamantino,
un pavimento
nudo senza chianche,
si pone in
bocca il suo ditino
San Giuseppe
con il bastone in mano,
Maria fiata con
il velo,
una grotta ora
è un richiamo,
dalle contrade
e lontano dal cielo.
Vengono
dal’Oriente i pastori,
vestite di lana
e con zampogne,
si
inginocchiano, tingono di colori,
un Bambino per
guarire le nostre rogne
Oggi è festa in
tutto il firmamento,
una cometa si
affaccia al suo balcone,
oggi è festa
grande , un ornamento,
prega un
vecchio sul suo bastone
Natale, Natale
qui e nel mondo intero,
il Salvatore di
tutte le genti,
nessuno più è
forestiero,
una nenia da
lontano ora senti.
Cade la neve ,
soffia il freddo vento,
arriva tra poco
la notte scura,
un tocco di
campana dal convento,
nessuno delle
genti ha più paura
I fiocchi lenti
cadono sulle pareti,
sull’erba dei
sentieri antichi
oggi son piene
di pesci le reti,
anche gli
sguardi sono pudichi.
Il Bambino
dorme con la madre accanto,
attorno è pace
dai monti al piano,
rivivono i
morti del camposanto,
cade la neve
piano, piano, piano.
Le pecorelle sono
strette strette
per farsi forse
un po’ di compagnia,
gli uccelli nei
nidi con le loro alette,
oggi un calcio
alla malinconia.