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Più Salento e atti concreti per Lecce Capitale della Cultura
domenica 1 dicembre 2013

da Ufficio stampa Sergio Blasi




Ci troviamo in pieno fermento. Resta da capire se Lecce dalla candidatura a Capitale europea della Cultura riuscirà a trarre il coraggio che finora gli è mancato per imboccare la strada di uno sviluppo economico fondato sulla cultura, sul turismo, sulla sostenibilità ambientale, sull’innovazione sociale. Voglio fare i complimenti allo staff che ha lavorato per superare il primo scoglio. Ma voglio anche dire con chiarezza che la parte che ho più apprezzato del Bid Book prodotto da Airan Berg è quella nella quale, in maniera indipendente, ci si sofferma sul ritardo della città nel campo della programmazione culturale.  E sulla necessità di passare “da uno stato della mente a uno stato dell’essereâ€.

C’è dunque da realizzare con urgenza azioni concrete a sostegno dello straordinario valore culturale di Lecce, anche, a mio modo di vedere, partendo dalle piccole cose (che piccole non sono). Per esempio da un giro nel centro storico. Qui i palazzi gentilizi, il “carnevale di pietra†delle chiese barocche, il contrasto abbagliante tra il cielo blu e il sole riflesso sulla pietra, la ricca stratificazione di una storia narrata persino dalla toponomastica, fanno il paio con una sorta di assalto alla diligenza che negli anni passati è stato permesso, a quanto pare senza troppi paletti. Ho visto insegne e cartelli commerciali piantanti senza scrupolo sulla pietra leccese di palazzi seicenteschi per promuovere la vendita di patatine fritte. Così come ho visto, in alcune vie meno percorse dal passeggio, botteghe artigiane della cartapesta e del restauro, compresse in angusti buchi malsani. Ho visto nelle intricate vie delle Giravolte, in quelle vorticose geometrie orientali, appartamenti sovraffollati drammaticamente, ridotti a sacche di marginalità sociale e di degrado a cui l’amministrazione comunale non è riuscita a dare risposta. Tutto ai piedi delle antiche mura cittadine, a contrasto con una gentrificazione che poco, al momento, è servita a risollevare le sorti del borgo antico. Ho constatato le chiese chiuse. Ho osservato la gabbia su Santa Croce e l’anfiteatro romano chiuso alle visite. Soprattutto ho visto pochi spazi in cui il patrimonio culturale di questa città viene davvero spiegato, valorizzato, reso accessibile. Lecce, consentitemi, è ancora oggi bella come i bei giardini celati dai suoi palazzi, che una volta all’anno le famiglie patrizie aprono alla frequentazione del popolo. E al contempo è anche brutta perché finora è stata poco rispettata dai suoi amministratori.

Scrivo da persona innamorata della storia di questa nobile città. Ma anche come ex sindaco consapevole che è possibile immaginare una economia nuova per le nostre città a partire dalla ritrovata consapevolezza del patrimonio culturale. Lo faccio perché so che dietro ogni piccolo sfregio al patrimonio culturale, storico e artistico che si consuma nel centro storico di Lecce, c’è una ragione: fino ad ora la valorizzazione della Cultura non è stata il faro delle scelte amministrative a Lecce. Là dove c’è un regolamento non approvato, un piano del commercio pensato in maniera sbagliata, un regolamento sull’occupazione di suolo pubblico trasgredito, un’indifferenza verso il sostegno all’artigianato locale, uno o due occhi chiusi sull’insopportabile arroganza del traffico automobilistico nelle vie barocche, là dove esclusione sociale e marginalità restano occultate seppur all’ombra di fastose dimore, non c’è, né ci può essere economia della Cultura. È questo il salto in avanti che io mi auguro che Lecce possa fare nei prossimi mesi e, speriamo, nei prossimi anni. Inserire la valorizzazione del patrimonio culturale come variabile imprescindibile di tutte le scelte amministrative. Da quelle in materia di rifiuti a quelle in materia di commercio, delle politiche sociali a quelle della mobilità urbana. E mi fa piacere che anche questa esigenza nel dossier della candidatura sia stata evidenziata. Perché non basta far funzionare la comunicazione se poi a ciò non corrispondono, nella sostanza, atti e decisioni amministrative conseguenti e coerenti con la vocazione che si intende intraprendere.

Spero poi che nella seconda fase della competizione ci sia più Salento nella candidatura. Così come Perugia e Assisi viaggiano unite in un unico grande progetto, anche Lecce e i numerosi comuni della provincia dovrebbero essere stimolati a infondere nel progetto le loro peculiarità. La città dei notabili, del Barocco e degli ordini religiosi e la provincia con le sue ricchezze naturali e artistiche, la sua cultura popolare e la ricchezza della minoranza linguistica grika sono parte di un bouquet da ricomporre. Perché è vero che per conseguire il titolo Lecce ha bisogno delle infrastrutture che Brindisi offre (ed è bello finalmente veder viaggiare sottobraccio queste due città) ma è anche vero che oggi Lecce è il capoluogo di una provincia che negli ultimi anni ha maturato una identità culturale e turistica che ha “contagiato†con la sua forza la città, contribuendone alla riscoperta nei grandi circuiti del turismo mondiale.

Sergio Blasi

 




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